(da Lerici In di maggio 2023)
Eppure qualcosa ho visto sotto il sole, l’ultimo impegno, stavolta letterario, di Marina Piperno l’io narrante dell’autrice, i cui antenati furono presenti a Roma fin dai tempi di Giulio Cesare, consulta gli archivi fotografici di famiglia per ricavarne storie e identità, fortune e sofferenze del popolo ebraico riflettendo sul suo, spesso tragico, destino.
Il tour di presentazioni del libro continua con gli appuntamenti già tenuti a Roma, Milano, Firenze, Torino. E poi il 27 marzo a Bari, nell’ambito della rassegna Cinema&Libri del Bif&st – Bari International Film&Tv Festival, una manifestazione curata da Apulia Film Commission. Si tratta del libro Eppure qualcosa ho visto sotto il sole che Marina Piperno ha scritto con la collaborazione del marito, il regista Luigi Monardo Faccini, e pubblicato presso la casa editrice romana All Around (Roma 2023). Il 10 maggio l’opera sarà presentata a Sestri Levante.
Giornalista de Il Paese, Piperno è stata la prima donna in Italia a diventare produttrice cinematografica fondando nel 1962 la Reiacfilm assieme ad Ansano Giannarelli e Piero Nelli.
Il primo film prodotto dalla Reiacfilm nel 1961 è il cortometraggio 16 ottobre 1943, data del rastrellamento degli ebrei romani, ispirato all’omonimo racconto di Giacomo Debenedetti, per la regia di Ansano Giannarelli e Mino Argentieri. Tale scelta è molto significativa perché Marina, che all’epoca aveva otto anni essendo nata a Roma il 22 marzo 1935, scampò con padre, madre e fratellino a quella retata di cui sopravvissero solo quindici uomini e una donna su 1024 persone deportate ad Auschwitz, tra cui oltre 200 bambini. Alcune delle comparse in questa pellicola appartenevano alla comunità ebraica romana e alla stessa famiglia Piperno.
Poi è la volta di Diario di bordo (1966) sui pescatori di Mazara del Vallo con la regia di A. Giannarelli e P. Nelli (nastro d’argento 1967), seguito l’anno dopo da Dakar è una metropoli (Giannarelli) e Labanta negro! (Nelli) sulla rivolta al colonialismo portoghese. Amilcar Lopes da Costa Cabral, fondatore del Partito Africano per l’Indipendenza della Guinea e di Capo Verde poi assassinato a Conakry nel ‘73, portò Labanta negro! in sede ONU come prova delle violenze subite dal suo popolo.
L’esordio nel lungometraggio risale al ’68 con Sierra Maestra, ambientato in Venezuela, che si è avvalso della collaborazione di Fernando Birri, considerato il padre del nuovo cinema latino-americano. Sierra Maestra è presentato nel 1969 al Festival di Venezia e da qui nasce la collaborazione con la RAI.
Non ho tempo (1971, regia di Giannarelli) è incentrato sulla vita del francese Évariste Galois (1811-1832), un precoce genio matematico che morì poco più che ventenne per le ferite riportate in un duello. Non ho tempo è stato accolto con grande favore a Cannes nella Settimana Internazionale della Critica.
Nel 1977 nasce il legame sentimentale, e da qui il sodalizio artistico, di Marina Piperno con Luigi Faccini, che nel 1980 realizza per la RAI Nella città perduta di Sarzana, ambientato con i sanguinosi fatti dell’estate del ’21 in quella che fu una delle poche città italiane dove Mussolini non riuscì a conquistare il potere attraverso elezioni politiche.
Segue Sassalbo, provincia di Sidney (1982, Faccini) girato in questa frazione di Fivizzano fra gli abitanti emigrati da giovani in Australia e qui ritornati a trascorrere la propria vecchiaia.
Inganni (1985, Faccini) narra il dramma di Dino Campana, autore dei Canti Orfici che, rinchiuso in manicomio, alternando delirio e momenti di lucidità, scrive indimenticabili poesie.
Notte di stelle, sempre diretto da Faccini e poi acquistato da Italia 1, è del ’91. Ambientato a Tor Bellamonaca è stato uno dei primi film a occuparsi delle nuove periferie romane. Al ’98 risale invece Giamaica, ispirato alla vicenda di Auro Bruni, un diciannovenne di origine eritrea morto a Lamaro, zona sud di Roma, la notte del 18 maggio 1991, nell’incendio doloso del centro sociale Corto Circuito. Nello stesso anno Giamaica vince in Città del Vaticano il premio Tertio Millennio Film Fest.
Poi il ritorno della coppia a Lerici, nella casa sotto al castello dove Luigi era nato il 18 novembre 1939. Nei vent’anni in cui Marina e Luigi vivono stabilmente qua, la loro attività perdura molto intensa, a partire dal romanzo, in forma di racconti proprio qui ambientati, Il castello dei due mari (ed. Mesogea, Messina 2000).
Sempre nel 2000 Marina e Luigi, con alcuni scrittori fra cui la sottoscritta, fondano l’associazione culturale Ippogrifo Liguria.
Nello stesso anno producono Sguardi da una mostra al Castello di Lerici dedicata al critico d’arte e gallerista Emilio Bertonati (Levanto 1934 – Milano 1981). Girato durante la mostra La Nuova Oggettività e altre Cose nel castello di Lerici e interpretato dalle musiche di Oliviero Lacagnina, per lungo tempo docente nel nostro Istituto Comprensivo, Sguardi ha salvato la memoria di uno degli eventi artistici forse più significativi di quegli anni.
Con l’amministrazione comunale lericina Piperno e Faccini poi hanno promosso il premio Gente di strada, un riconoscimento a chi si batte contro l’esclusione sociale, attribuito nella sua prima edizione (2003) a don Andrea Gallo, il prete fondatore e animatore della Comunità di San Benedetto al Porto di Genova.
In questo periodo Marina e Luigi lavorano in maniera intensa con il digitale; basti fra le varie opere ricordarne due di Luigi incentrate su Marina: Storia di una donna amata e di un assassino gentile del 2009 e Diaspora – Ogni fine è un inizio del 2017 [cfr. Lerici In N° 5 maggio 2018]. Si tratta quest’ultimo di un viaggio durato tre anni da Pitigliano a Roma, da New York a Boston, dai kibbutzim della Galilea e al deserto del Neghèv, da Gerusalemme a Tel Avìv, alla ricerca della rete parentale, in una saga familiare all’ombra della Shoah.
Per la sua attività Piperno nel 2011 ha ricevuto a Taormina il Nastro d’argento alla carriera.
M. Luisa Eguez