con le strade del vino delle Cinque terre e le strade del vino dei Colli di Luni

(da Lerici in di agosto a novembre 2022)

La Liguria di Levante vinicola si apre definitivamente al mondo, spinta dal ritorno delle ondate turistiche e dai comitati del territorio ed incoraggiata dalla rassegna spezzina “Liguria da bere”, che, ormai da molti anni, celebra ogni estate il vino ligure e le sue zone di vocazione.

Dopo l’istituzione della “Strada del vino delle Cinque Terre”, nata per valorizzare quel territorio, contestualmente, in tempi brevi, il comitato dei “Colli di Luni”, con l’ausilio della Camera di Commercio, promette d’inaugurare una nuova “Strada del vino dei Colli di Luni”, attraverso un favoloso territorio capace di esprimere prodotti enologici di alto livello come il Vermentino ma non solo. Questi progetti, che hanno coinvolto molti produttori locali, anche di ambito nazionale, ci hanno indotto a parlare dell’argomento sul nostro mensile, sempre attento a tutte le iniziative che valorizzano il territorio e ai personaggi che si distinguono.

Prima di entrare nei particolari facciamo un breve excursus riferito alla nostra amata regione. I primi segni di viticoltura in Liguria si hanno già in epoca romana, vini liguri sono menzionati in numerosi documenti da Plinio il Vecchio. L’ impulso al commercio del vino si ha, però, solo con la nascita e lo sviluppo di Genova come Repubblica Marinara.

La Liguria, fino a due secoli fa, strano oggi a credersi, possedeva una enorme quantità di vitigni autoctoni, se ne stimavano circa 320.

A fine ‘800, l’avvento della filossera, un parassita di origine animale proveniente dall’America settentrionale quasi certamente trasportato coi generi alimentari esportati in Europa via mare, causò in poco tempo la quasi totale distruzione dei terreni vitati europei, attaccando la vite e distruggendola e trovando un ostacolo solamente nei terreni sabbiosi.

Tale evento ridusse a poche unità i vitigni autoctoni superstiti in regione.

Attualmente, i vitigni più diffusi sono principalmente a bacca bianca: Vermentino, Bosco, Pigato e Albarola; tra quelli a bacca nera, gli autoctoni sono prevalentemente concentrati a ponente come il vitigno Rossese, il re della Liguria vinicola, che trova la sua massima espressione nell’Imperiese, nella zona di Dolceacqua.

Merita menzione il vitigno Ormeasco, o Dolcetto, che trova agio nella zona di Pornassio, sempre nel Ponente ligure.

Semplificando e riassumendo, si può concludere quanto segue: a levante, vitigni a bacca bianca come Vermentino, Bosco e Albarola, mentre, a ponente, tra i bianchi domina il Pigato. Vitigni a bacca nera, concentrati sempre a ponente, sono il Rossese, dal grande potenziale, e l’Ormeasco, netta-mente gli autoctoni neri più apprezzati.

Viviano Nardini

Viticoltura ligure: iniziamo dai vini dei Colli di Luni

(da Lerici In di settembre 2022)

L’autore Viviano Nardini mentre degusta un vino

Il territorio dei Colli di Luni si presenta, per lo più, pianeggiante o con leggero declivio, dedito da molti secoli alla coltivazione della vite grazie alla sua esposizione collinare e per il suo ideale microclima favorevole per l’influenza del mare e del fiume Magra; inoltre gode della protezione dai venti garantita dalle Alpi Apuane.

La morfologia dei terreni è costituita da sedimenti marini in collina e da quelli di origine fluviale più a fondovalle, con ricchezza di argilla e arenaria sopra i cento metri di altitudine. Le temperature sono tendenzialmente miti durante tutto l’anno, grazie all’influenza del mar Ligure, rendendo questa zona unica per la coltivazione del suo vitigno principale, il Vermentino.

La denominazione “Colli di Luni Doc”, che ha come cardine, appunto, il vitigno Vermentino, è una delle pochissime Doc interregionali italiane, appartiene infatti a due diverse confinanti regioni, Liguria e Toscana, sviluppandosi in gran parte in territorio ligure nella provincia della Spezia, parte più orientale della regione, e, per la restante parte, nella porzione settentrionale della Toscana, sul versante della provincia di Massa Carrara.

Meno conosciuti ma sicuramente meritevoli di assaggio, sono gli altri vini della Doc, la “Colli di Luni Doc Rosso”, con vitigni a bacca rossa e prevalenza di Sangiovese, la “Colli di Luni Doc Bianco”, sottodenominazione che ammette tutti i vitigni a bacca bianca previsti in zona con prevalenza di Vermentino e Albarola.

Sono circa quaranta i produttori presenti, ognuno dei quali fornisce almeno un “Vermentino Doc”, ricadente, quindi, nella denominazione nata nel 1989 e che ha, fin da subito, fornito impulso a commercializzazione, diffusione e aumento qualitativo costante di questi vini, oggi apprezzati ovunque in Italia e non solo.

Altri vitigni “lunensi” sono Albarola e Trebbiano Toscano; si producono, come già accennato, anche vini rossi con uve in maggioranza Sangiovese.

Il Vermentino trova, perciò, massima espressione in questa zona, e, con diverse caratteristiche, solo in alcuni territori della regione Sardegna, dove ha potuto trovare risultati di livello rivelando il suo ottimo potenziale ampelografico.

Il “Vermentino Colli di Luni Doc” si presenta di colore bianco paglierino vivace e talvolta intenso, con naso ricco di fiori e frutti bianchi, acacia, camomilla e pesca bianca su tutti.

In bocca risulta avvolgente e morbido, molto fresco per la sua ottima acidità, detiene grande sapidità e può essere estremamente armonico se ben equilibrato tra alcolicità e sapidità con acidità.

I vini dei Colli di Luni sono assolutamente da provare, per semplici curiosi o per intenditori e appassionati, prodotti legati ad un territorio che offre al visitatore storia, cultura, tradizione, paesaggio e, ovviamente, bicchieri di vino meritevoli di assaggio o degustazione.

Viviano Nardini

I vini delle Cinque Terre

(da Lerici in di novembre 2022)

Vigne delle Cinque Terre

Le famose “Cinque Terre”, zona costiera che racchiude cinque meravigliosi paesi affacciati sul Mar Ligure, in provincia della Spezia, attraggono ogni anno centinaia di migliaia di turisti da tutto il mondo, non solo per la bellezza e particolarità dei suoi paesaggi ma, da diversi anni, anche per la crescente qualità dei vini ivi prodotti, provenienti quasi esclusivamente dai vitigni autoctoni della zona.

Sulle ripide e poco accessibili costiere a strapiombo sul mare aperto si pratica, come in pochissimi altri luoghi in Italia, la cosiddetta “viticoltura eroica”, terminologia sintetica ma emblematica delle difficoltà incontrate da ogni produttore nel coltivare la vite in questi territori e facilitate solo dalla presenza, ormai trentennale, dei tipici trenini a cremagliera, fondamentali per il trasporto dell’uva in epoca di vendemmia. Dal punto di vista strettamente enologico, la zona geografica delle “Cinque Terre” è rappresentata in prevalenza dalla sua denominazione d’origine “Cinque Terre Doc” e “Cinque Terre Doc Sciacchetrà” dove i vitigni ammessi sono il Vermentino, il Bosco e l’Albarola, tutti a bacca bianca e autoctoni.

Il “Cinque Terre Doc” bianco è un vino dotato di buona acidità con discreto corpo e tenore alcolico, ottima struttura e media longevità. Nelle sue versioni migliori può regalare ottime sensazioni sia olfattive che gustative, sentori varietali di ginestra, miele e frutti gialli. È un vino mediamente già pronto giovane, con il grande merito e peculiarità di essere “tipico”, ossia di rispecchiare le caratteristiche del territorio dal quale proviene, un vino identitario.

I vini “Cinque Terre Doc Sciacchetrà”, sono invece importanti vini dolci passiti considerati, in gergo, “da meditazione”, con importante struttura e spiccata alcolicità, invecchiamento minimo di dodici mesi e appassimento dell’uva sui graticci e non su pianta, tecnicamente con modalità “off-vine”, dopo il distacco dalla pianta stessa.

La loro bevibilità migliora con l’invecchiamento, al calare della sensazione di dolcezza ed estrema morbidezza, percepita come troppo invasiva nei primissimi anni dalla produzione. Negli ultimi anni stanno sorgendo, inoltre, nuove realtà produttive, giovani e propositive, che stanno innovando e inserendo anche vitigni internazionali quindi non autoctoni e, da un certo punto di vista, per questi territori, sperimentali.

Buoni risultati si stanno ottenendo dalla vinificazione in rosso del Syrah, del Sangiovese e soprattutto del Canaiolo, prevalentemente nella zona di Monterosso dove vini rossi stanno mostrando interessanti potenzialità. In attesa, ogni annata, di sempre continui miglioramenti qualitativi, come accade ormai sistematicamente da anni, consigliamo le splendide “Cinque Terre” da visitare e, senza più dubbi, da degustare coi loro vini, bianchi ma non solo, che sanno regalare belle soddisfazioni e grande tipicità a degustatori e appassionati.

Viviano Nardini