(da Lerici in di novembre 2020)
Uno dei piaceri di apprendere l’inglese o qualsiasi altra lingua straniera è quello di scoprire l’origine delle sue parole. Prima ancora dei suoi re e regine, dei suoi palazzi e cattedrali, dei suoi conflitti e conquiste la storia di un popolo è quella delle sue parole e di come le impiega. Infatti, ogni parola ha una storia da raccontare e oggi ne racconteremo tre.
L’albero della verità
Molti secoli fa, quando un inglese voleva dire che qualcosa era vero, diceva che era “trew” ossia che era “albero” perché la verità, nella stessa maniera dell’albero, è solida, sta in piedi, ha radici che la rendono inamovibile. Più recentemente gli inglesi cominciano a differenziare le due cose scrivendole in maniera diversa: la parola “albero” diventa “tree” mentre la parola “vero” diventa “true”.
Questo è uno dei tanti esempi di come, a differenza delle parole inglesi di origine latina che sono create principalmente combinando prefissi e suffissi e sono dunque più o meno decifrabili, quelle di origine germanica sono meno intuibili in quanto sono fondamentalmente metafore morte.
Il gomitolo di indizi
Tra le mie metafore morte preferite c’è la parola “clue” che nasce col significato di gomitolo e acquisisce quello di indizio grazie alla mitologia greca. Infatti, nelle antiche traduzioni inglesi dei miti greci Teseo scappa dal labirinto di Dedalo dopo aver ammazzato il Minotauro grazie al “clew” o gomitolo di Arianna. Successivamente si cominciò a definire “clew” tutto ciò che aiutava a comprendere una questione contorta o a risolvere un problema complesso. Oggigiorno questa discendenza è visibile perché mentre la parola per “gomitolo” è rimasta “clew”, per identificare la parola “indizio” si usa la parola “clue” che nonostante abbia uno spelling diverso ha lo stesso suono della prima.
I tre prìncipi pasticcioni
Ma a volte le parole hanno origine diversa; nascono dal bisogno di descrivere in maniera schietta un’esperienza nella quale ci si riconosce ma che non ha ancora un nome. Come nel caso dello scrittore Horace Walpole che a metà del Settecento, dopo aver letto un racconto intitolato “The Three Princes of Serendip” (I tre prìncipi dello Sri Lanka), conia la parola “serendipity” (serendipità) per descrivere ciò che succede più volte ai protagonisti (e a lui stesso) ossia che mentre sono alla ricerca di una cosa ne scoprono un’altra. Infatti, “serendipity” è la facoltà di fare felici e inaspettate scoperte per caso.
Il bello di conoscere le origini di queste tre parole inglesi è che offrono spunti di riflessione. Forse la natura è l’unica verità di cui ci possiamo fidare, forse anche il problema più complesso ha una soluzione semplice e forse è proprio mentre inseguiamo una vita ideale che troviamo qualcosa di ancora più prezioso ossia chi ci accompagni nella nostra avventura.
Aubrey Hill (aubrey.hill@bizenglishsrl.com)