(da Lerici in di settembre-ottobre 2024)

D.: Remigio, a te che dall’alto vedi meglio le cose possiamo porre qualche domanda?
Il santo vescovo di Reims, patrono di Fosdinovo e sino a poco tempo fa protettore dei bambini che iniziano la scuola primaria, fa un solenne cenno di assenso col capo.
D.: Se in un anno solare ci sono 365 giorni (o 366 come quest’anno) com’è possibile che l’Italia detenga in Europa entrambi i primati di più giorni a scuola e più giorni a casa?
R.: Il numero di giorni di scuola negli Stati europei è compreso, come sai, tra il minimo di 156 in Albania e il massimo di 200 in Danimarca e Italia. La media degli altri Stati varia fra i 170 e i 190. Ma quando si dice vacanze si pensa alla chiusura estiva che più si va a sud più è lunga e viceversa. Però non al fatto che a nord ci sono più interruzioni invernali. In Italia ci sono praticamente solo quelle di Natale e di Pasqua, più brevi ponti, mentre negli altri Stati europei ci sono ben quattro periodi di sospensione dell’attività didattica: autunnale, invernale, primaverile ed estivo. In certi casi poi in inverno possono essere addirittura due (corrispondenti a Natale/Capodanno e Carnevale). Senza contare gli aggiustamenti interni fra le varie regioni degli Stati come fra nord, centro e sud dell’Italia, ma qui è solo questione di pochi giorni. Ad esempio, nella mia patria, la Francia, le vacanze estive ora durano otto settimane, ma tra ottobre e novembre e a carnevale le scuole restano chiuse globalmente per un altro mese. La maggior parte dei Paesi europei chiude le scuole a giugno. Fanno eccezione Paesi come la Germania, l’Islanda, la Norvegia e la Scozia, dove la scuola inizia ad agosto per ovvi motivi climatici.
D.: Dunque, è principalmente una questione di clima, non didattica. Ti piacerebbe che le scuole in Italia tornassero ad aprire il 1° ottobre, quando nel vecchio calendario liturgico era la tua festa e i bambini di prima elementare (oggi si dice: della primaria) venivano chiamati “remigini”?
Il vegliardo non riesce a trattenere un sospiro di commozione.

R.: I miei piccini! Generazioni di bimbi. Quelli delle ultime annate sono i genitori dei bambini d’oggi. Certo che vorrei far loro ancora da padrino al battesimo scolastico e non per mia egocentrica gioia, ma perché la stagione calda si fa di anno in anno più inclemente. Sono convinto che sarebbe meglio per loro e anche per gli insegnanti che portano un fardello di lavoro sempre più pesante.
D.: Ma le famiglie sono in difficoltà: genitori che lavorano entrambi, spese non indifferenti per lasciare i propri figli nei centri estivi, nonni troppo anziani per dare una mano concreta in casa o, se ancora abbastanza giovani, anch’essi lavoratori…
R.: Certo, non si possono dare risposte facili a problemi complessi e a situazioni molto differenziate fra di loro, ma di una cosa son certo: sono d’accordo con chi sostiene che la scuola non può essere vista come un parcheggio. La scuola dev’essere una grande famiglia di famiglie. Come lo chiamate voi ora? Ah, patto educativo. Non lasciatelo sulla carta, imprimetevelo nel cuore. Inventatevi tutto quello che potete inventarvi e fatelo davvero. Come dicevano i vostri nonni? Ah, “Aiutati che il Ciel ti aiuta”.
D.: Ai papà e alle mamme piacerebbe avere più tempo da stare con i loro figli, ma la vita è così cara che bisogna lavorare in due per far studiare i figli, proprio non hanno tempo…
R.: Per crescere di cosa hanno bisogno le piante? Di tempo. E l’essere umano? Lo stesso. Bisogna non avere fretta di proiettarlo subito nel vostro mondo accelerato, metterlo sulla giostra dei vostri ritmi frenetici. Non è sano. La scuola sa essere un riparo dall’alienazione delle tecnologie che deformano il contatto con la realtà. Famiglie e scuola assieme devono coltivare queste piantine che sono il futuro dell’uma-nità, devono dar loro il tempo di svilupparsi in armonia. Senza assilli. Senza corse disumane anche al divertimento. Senza ritmi imposti solo dalle esigenze degli adulti.

D.: Non è troppo duro parlare di scuola-parcheggio?
R.: La scuola non è il supermercato di quei genitori che pretendono di veder soddisfatte tutte le loro aspettative e ambizioni. Se ci sono genitori che hanno un occhio malevolo, un atteggiamento ipercritico verso i docenti alzeranno involontariamente una barriera fra l’efficacia dell’insegnamento e l’apprendimento dei propri figli. Demolire con inutili polemiche l’autorevolezza degli insegnanti non la conferirà in modo automatico alla famiglia. Al contrario: crescerà nei bambini l’insofferenza verso le istituzioni, proiettandoli in uno stato di perenne ribellione e anarchia. Li farà crescere come rovi invece che come alberi da frutto, ognuno con la sua naturale specificità.
D.: Cosa manca di più nel mondo d’oggi?
R.: La serenità. Un genitore sereno cresce figli sereni. Così come un insegnante sereno sa far vivere al meglio il tempo dell’infanzia. Perché il bambino che è in lui accompagnerà l’allievo a scoprirsi e a esplorare le dimensioni della fantasia, della bellezza, dell’arte, della manualità, della natura… Se un docente deve “educare”, “tirare/portare fuori” le potenzialità del bambino/a dandogli il meglio di se stesso/a, può tirar fuori il meglio della propria esperienza umana solo se è in condizioni di non essere assillato da troppe sovrastrutture burocratiche, di non perdere inutilmente energie in sterili polemiche, di essere costretto a difendere in continuazione il proprio operato. Se in una famiglia non si stima abbastanza il corpo-docente come potranno farlo i bambini?
D.: Un consiglio alle famiglie?
R.: I bambini sono imitatori. Sappiate “fare sacrifici”: fatevi vedere da loro senza cellulare e con un libro in mano. Capiranno…
D.: E uno agli insegnanti?
R.: Coraggio e avanti! E buon anno scolastico a tutti!
Buon anno scolastico anche dalla redazione di Lerici In. Tornerà la scuola sotto la protezione di San Remigio? Speriamo…
Maria Luisa Eguez