(da LERICI IN di gennaio 2020) Articolo di Aubrey Hill, corrispondente da Londra per Ameglia Informa –
Febbraio 2016 – La promessa di Cameron. Il Primo Ministro David Cameron, leader del partito conservatore, per evitare un voto di sfiducia, viene obbligato da una minoranza antieuropeista all’interno del suo partito a mantenere una promessa elettorale fatta tre anni prima: entro il 2017 si farà un referendum che chiederà al popolo britannico se vuole restare (Bre-main) o uscire (Brexit) dall’Unio-ne Europea. La data del referendum viene fissata per il 23 giugno 2016.
Giugno 2016 – Il voto. L’ipo-tesi che gli inglesi votino per abbandonare la UE non viene presa sul serio dalla maggior parte dei partiti. UKIP, un piccolo ma significativo partito populista guidato da Nigel Farange, la pensa diversamente e dirige la campagna “Vote Leave”, che ingigantisce il costo e lo spreco della partecipazione britannica all’Unione Europea. La strategia funziona e Brexit vince con una piccola maggioranza (52% contro 48%).
Luglio 2016 – Teresa May Primo Ministro. Cameron mantiene la promessa di dimettersi se gli inglesi avessero votato per la Brexit. Il partito conservatore lo rimpiazza con Teresa May, che, nonostante abbia votato Bremain, è accettabile anche per gran parte dei conservatori antieuropeisti.
Giugno 2017 – Il compromesso. Nel giugno 2017 il Regno Unito va alle urne ma nessun partito ottiene una maggioranza. La May rimane al potere grazie a un compromesso: forma un governo con il DUP, un piccolo partito del Nord Irlanda grande abbastanza da assicurarle la maggioranza.
Questa decisione complicherà ulteriormente la spinosa questione detta “Back-stop irlandese” ossia come evitare un confine tra il Nord Irlanda e la Repubblica d’Ir- landa che è un paese membro dell’Unione Europea.
Giugno 2019 – La May si dimette. Nonostante il fatto che la data della Brexit venga rimandata, il governo May non riesce a risolvere la questione della “Backstop irlandese” e non trova un accordo con l’UE. Di conseguenza, Teresa May dà le dimissioni.
Luglio 2019 – Dicembre 2019 – Johnson Primo Ministro. L’ex sindaco di Londra Boris Johnson viene eletto capo dei conservatori e diventa ipso facto primo ministro. Johnson, per assicurarsi che il Regno Unito esca dalla UE entro il 31 ottobre 2019, fa sospendere il parlamento per non dargli il tempo di discutere l’accordo Brexit ed espelle dal partito i membri che si oppongono alla sospensione, che poi la Corte Suprema dichiara illegittima. Il parlamento riprende il suo lavoro e passa una legge detta “Benn Act”, che obbliga il governo a chiedere alla UE un’ulteriore proroga fino al 31 gennaio 2020 per trovare un accordo.
Non avendo più una maggioranza effettiva, Johnson decide di fissare la data delle elezioni politiche per il 12 dicembre 2019.
12 Dicembre 2019 – Johnson confermato. I conservatori ottengono la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento e il primo ministro Boris Johnson si impegna a mantenere la promessa di uscire dall’Europa entro il 31 gennaio.
Tuttavia, se il nuovo governo non riuscirà a trovare un accordo con l’Unione Europea a breve, il Parlamento potrebbe obbligare il governo a chiedere un’ulteriore dilazione facendo nuovamente ricorso alla “Benn Act”. Se questo dovesse succedere, la credibilità di Johnson potrebbe essere irreparabilmente danneggiata e il suo mandato potrebbe finire molto prima del previsto.
E poi?
Il Regno Unito sopravviverà alla Brexit perché ha subito e superato cose ben peggiori. Ma il danno è fatto. La Brexit ha tagliato il paese in due, creando una ferita lunga dalla Scozia alla Cornovaglia che lascerà il segno. Purtroppo la Brexit non è una storia a lieto fine e non è finita.
(Aubrey Hill abita tra Londra e Montemarcello e per lavoro aiuta professionisti e imprese a comunicare in inglese).