Tommaso Lupi e Argì Bertella dalla villa del Fodo alla montagna
(da Lerici In di gennaio 2025)
Riprendiamo la storia della tipografia clandestina nella villa del Fodo alla Rocchetta, che abbiamo cominciato a raccontare nei numeri di ottobre e novembre 2023.
La tipografia funzionò fino all’aprile 1944, quando venne arrestato Alfredo Ghidoni, uno dei partigiani in essa impegnati. Torturato, seppe mantenere il silenzio sulla tipografia. Ma subito si decise di trasferirla altrove: fu nascosta in una altura non molto lontana, calata in una fossa con sopra rami di quercia e sterpaglia. Un dirigente del PCI venuto da Genova, Giuseppe Poggi, si occupò della questione. Si pensava a installare una tipografia a Pian di Follo. Ma Poggi fu ucciso per caso dai fascisti nella notte tra il 28 e 29 giugno 1944: non sapevano chi fosse la vittima.
A Lerici ormai non si poteva più operare. I tedeschi stavano per installare una batteria antiaerea sul monte Branzi. L’ultimo numero de “l’Unità” stampato alla Rocchetta fu quello dell’agosto 1944.
I tedeschi arrivarono nella villa il 10 settembre. Volevano requisirla per realizzarvi l’alloggio e la mensa del comando della batteria antiaerea. Tommaso Lupi era in casa, mantenne il suo sangue freddo.
Ecco la sua testimonianza rilasciata nel 1964 nel dattiloscritto intitolato “La stampa clandestina antifascista e antinazista alla Spezia. Dal novembre 1943 al settembre 1944 (Storia di una tipografia)”:
“Risposi [a un ufficiale tedesco] che non ero il padrone della villa, ma semplicemente uno sfollato con la moglie (che si trovava momentaneamente a Lerici per la spesa); che prendevo atto della sua richiesta e che avrei provveduto al più presto a sloggiare. A sua richiesta lo feci entrare nella casa, mostrandogli le stanze, la cucina e le cantine. Ancora oggi penso a quello che sarebbe successo se la macchina l’avessimo lasciata nella cantina.
Si mostrò soddisfatto di tutto e se ne andò subito, assieme agli altri, dichiarando che sarebbero tornati al più presto per prendere possesso della villa. Non mi chiese né documenti, né le mie generalità. Fu veramente una fortuna per me e per Bertella se i tedeschi non vennero accompagnati dai fascisti locali, perché ci avrebbero riconosciuti subito ed arrestati” Nota [1].
Lupi e Bertella attesero la notte per abbandonare la villa, dopo aver cercato di cancellare ogni traccia. L’attenzione maggiore fu posta nel chiudere la galleria che portava alla macchina tipografica e nell’occultare bene l’entrata nel bosco.
I tedeschi se ne resero subito conto. Ma ormai i nostri “tipografi” erano ben lontani.
Dopo qualche giorno passato ben nascosti in zona, Lupi e Bertella furono trasferiti dal partito in zona partigiana, nello Zerasco, dove arrivarono il 16 settembre.
Possiamo solo immaginare come cambiò la vita per loro: dall’isolamento più totale alla convivialità dell’esperienza partigiana. Prima tutto scorreva lento, ora occorrevano rapidità e dinamismo. Ma Lupi e Bertella, come già prima Alfredo Ghidoni e poi Armando Isoppo, non trovarono difficoltà ad assolvere i nuovi compiti.
Ad “Argì” Bertella fu assegnato il compito di sovraintendere alle operazioni sul campo di lancio del monte Picchiara. Lo svolse assai bene. L’unico neo, per il colonnello Fontana, comandante della IV Zona operativa, era che non si toglieva mai dal collo il fazzoletto rosso. Lupi divenne vice commissario politico, poi commissario politico della IV Zona al posto del discusso Antonio Cabrelli “Salvatore”.
La testimonianza di Lupi si chiude con il racconto del ritorno a Lerici dopo il 25 aprile 1945. Il CLN lo aveva designato Sindaco:
“Appresi subito due notizie.
1) I tedeschi prima di abbandonare la villa avevano asportato i quadri e la porcellana e avevano fatta saltare la cisterna e la macchina tipografica; e così non potemmo realizzare il progetto di Bertella che prevedeva, a liberazione avvenuta, di andare in Villa, prendere la macchina tipografica, collocarla in un carro tirato da quattro buoi, pavesarla con bandiere rosse e tricolori e arrivare a Lerici in trionfo, indi alla Spezia. Il compagno Bertella avrebbe voluto fare anche questo: arrivati in paese, stampare con la macchina dei manifestini e lanciarli alla popolazione.
2) L’archivio del materiale stampato era andato tutto perduto. Il compagno al quale avevo affidato il plico mi comunicò che l’aveva nascosto in un buco di muro a secco in un giardino vicino alla sua casa, ma che l’acqua piovana lo aveva reso una poltiglia. Non ho voluto infierire nei suoi confronti; si può immaginare il mio stato d’animo. […]
Di tutto il materiale stampato mi rimane una copia dell’ultimo numero dell’Uni-tà, prodotto il giorno in cui vennero i tedeschi per requisire la Villa. Ebbi questa copia da un compagno di La Spezia che lavorava al Cantiere Navale del Muggiano e che l’aveva conservata” Nota [2].
L’operaio citato da Lupi è Soresio Montarese, sarzanese. Mentre lavoravo alla pubblicazione del libro di Dino Grassi “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” ho scoperto, grazie agli eredi, il prezioso archivio di Soresio. Quella che vedete all’inizio dell’articolo è una pagina de “l’Unità” dell’ago-sto 1944, stampata al Fodo. Quella originale è molto deteriorata; qui è pubblicato un “fac-simile” riprodotto dalla “Federazione del Partito Comunista della Spezia in occasione della fondazione del Partito”, nel 1971, anch’esso contenuto nell’archivio di Soresio Montarese.
Giorgio Pagano
Note:
[1] Tommaso Lupi, La stampa clandestina antifascista e antinazista alla Spezia. Dal novembre 1943 al settembre 1944 (Storia di una tipografia), AILSREC, FG1, B1, F3.
[2] Ivi.