I sacerdoti rastrellati e torturati sul finire della guerra
(da Lerici In di febbraio 2025)

Il rastrellamento del 21 novembre 1944 riguardò soprattutto Migliarina e Canaletto, le zone della Spezia dove l’ambiente antifascista era più omogeneo e numeroso: per questo furono maggiormente colpite dalla ferocia fascista e nazista.
Era una popolazione composta in gran parte da operai, ma c’erano anche tanti piccoli operatori economici, in maggioranza antifascisti. Furono arrestate più di 250 persone, incarcerate e torturate prima nella sede del Comando repubblichino, l’ex Caserma 21° Reggimento Fanteria, poi nel carcere di Marassi a Genova, e da lì trasferite nel campo di Bolzano e quindi a Mauthausen. I fascisti volevano punire Migliarina per essere stata sede di attentati a fascisti della zona, ma anche dare un segnale a tutta la popolazione, in primis a quei settori della borghesia che erano stati vicini al fascismo e ora lo stavano abbandonando.
Molti furono i professionisti, i funzionari, i poliziotti arrestati, così i sacerdoti: o impegnati nell’an-tifascismo, o non più proni al fascismo. Tra essi il parroco di San Terenzo, don Mario Devoto (foto sotto).

Don Devoto ha un posto particolare nella storia della Chiesa santerenzina. Fu infatti il primo sacerdote nominato direttamente dal Vescovo dopo quasi cinquecento anni nei quali i parroci venivano scelti dai capifamiglia in virtù del giuspatronato concesso al paese nella seconda metà del 1400. La rinuncia a esercitare il diritto porta la data del 14 marzo 1937 e avvenne dietro pressione del fascismo, che impiegò ben sette anni per imporre la scelta ai santerenzini (Nota 1).
Don Devoto era nato a Levanto nel 1908 ed era stato ordinato sacerdote nel 1933. Dapprima fu curato a Lerici, poi vice cancelliere della Curia vescovile, canonico della Cattedrale di Sarzana e assistente diocesano per la gioventù maschile. Durante la guerra fu cappellano in Grecia. Il 10 luglio del 1944 venne nominato parroco di San Terenzo.
I sacerdoti rastrellati il 21 novembre furono in tutto nove. Dopo quattro mesi di inumane sofferenze furono liberati il 29 marzo 1945, grazie all’impegno del Vescovo Stella di Spezia e del Cardinale Boetto di Genova.
La loro persecuzione aveva la motivazione generale che ho richiamato e una motivazione più particolare: la vendetta di un criminale. Tra i fascisti repubblichini più crudeli c’era infatti il famigerato Aurelio Gallo: era stato autista del Vescovo Costantini ed era stato licenziato perché pedofilo. Gallo, diventato autista del fascio spezzino, volle da un lato dimostrare ai tedeschi quanto valesse, facendo arrestare i presunti capi dell’antifa-scismo, e dall’altro lato vendicarsi della Curia. Fu per lui più facile accusare i due sacerdoti più impegnati nella Resistenza, don Mario Scarpato e don Antonio Mori. Gli altri – tra cui don Devoto – non erano militanti antifascisti ma non erano comunque proni alla dittatura ed erano dunque anch’essi considerati “nemici”. Gallo e i fascisti della sua banda costruirono una documentazione del tutto falsa, costringendo con la tortura a firmare confessioni su responsabilità nelle azioni antifasciste che in realtà non esistevano affatto (Nota 2).
Don Devoto scrisse il diario di quei giorni terribili. Leggiamone qualche brano:
“21 novembre ore 10,30. Sto lavorando attorno a una conigliera nell’orto parrocchiale di San Terenzo, quando si presentano due ufficiali germanici delle SS guidati da un certo Tognoni di Falcinello […] Lo conduco nell’ufficio parrocchiale, dove frugano negli armadi e nel tavolo, rovistando carte e registri. Poi entrano nell’Orato-rio, che ispezionano in tutti gli angoli, cercano armi perfino nel tabernacolo e sotto la statua della Madonna. Vanno quindi nella sacrestia e lì cercano armi e munizioni” (Nota 3).
Rinchiusi nelle celle del- l’ex 21° Reggimento, i sacerdoti vengono spinti con “forti pugni sui fianchi” (Nota 4) a scendere in un battello:
“23 novembre […] Non dimenticherò mai la notte passata all’interno di quella motozattera. […] All’altezza di Levanto ispeziono il battello, deciso a salvarmi gettandomi in mare: niente da fare! Tutto è bloccato!” (Nota 5).
Poi l’arrivo nel carcere genovese:
“24 novembre […] siamo gettati quattro per cubicolo in modo che non è possibile muoverci. Non ci danno pagliericcio, né paglia, e siamo costretti a dormire nel nudo e freddo pavimento” (Nota 6).
La minestra è immangiabile, fa molto freddo.
Un sacerdote che ha tradito, don Rinaldo Stretti, formula accuse inventate:
“26 novembre […] D. S. mi accusa di avere condotto i giovani di San Terenzo alle adunate del Comitato di Liberazione di Migliarina e di avere armato di rivoltella certo Schiavon che neppure conosco” (Nota 7).
Nell’interrogatorio del 16 dicembre don Stretti dice altre menzogne. Don Devoto reagisce sdegnato. I fascisti lo accusano di gestire a San Terenzo una tipografia comunista, di dirigere un Sottocomitato a San Terenzo e di co-dirigere con don Faggioni – che vogliono incastrare – un Sottocomitato a Lerici, e di avere svolto azioni armate. Altri prigionieri che nemmeno lo conoscono, costretti dalle torture, accusano il parroco di San Terenzo. Arriva il turno dei sacerdoti:
“Mi cacciano un fazzoletto in bocca e lo spingono brutalmente in gola con la canna della rivoltella e mi spogliano per la fustigazione” (Nota 8).
Ma nessuno di loro cede. La banda Gallo è furibonda.
Alla fine i preti sono costretti al male minore: ammettono solo le proprie colpe inesistenti, non accusano altri:
“Siamo sereni e tranquilli perché non abbiamo com–promesso nessuno” (Nota 9).
Nonostante la tormenta:
“[…] fummo ripetutamente percossi a sangue, spogliati, gettati a terra e calpestati; ci fu versata nel naso dell’acqua per soffocarci, non potendo altrimenti respirare; e mentre il Morelli e lo Schiffini percuotevano usando il nervo e lo staffile, Guerra e Capitani […] tiravano calci tormentosi sul bassoventre e l’ineffabile Battisti distribuiva spasimanti colpi di rivoltella nelle regioni intercostali” (Nota 10).
Seguirono altri tre mesi infernali, fino alla Liberazione. I sacerdoti rimasero ancora a Genova, perché Gallo voleva fucilarli. Il primo prete che andò a trovarli fu don Emilio Gandolfo (Nota 11), che dalla parrocchia di Lerici era passato a quella della Chiappa.
Il diario di questo giovane sacerdote che soffre per dare la possibilità alle nuove generazioni di essere uomini liberi, “sottratti per sempre alle perfidie e agli interessi dei dominanti” – come è scritto nella “Preghiera del Ribelle” di Teresio Olivelli – è un documento davvero straordinario. Un grande monito perché il triste tempo delle dittature non torni più.
Giorgio Pagano
NOTE: [1] Ringrazio per queste informazioni Riccardo Bonvicini, profondo conoscitore della storia santerenzina.
[2] Su Aurelio Gallo rimando al mio articolo I ribelli della Lunigiana e Aurelio Gallo, il torturatore, “Città della Spezia”, 22 aprile 2029; e alla mia Prefazione al libro Umili e ribelli di Luigi Leonardi, leggibile su www.
associazioneculturalemediterraneo.com
[3] Diario di don Mario Devoto, in Sacerdoti cattolici nella Resistenza, Associazione Partigiani Cristiani FIVL, Zappa, Sarzana (SP), 1979, p. 61.
[4] Ivi, p. 66.
[5] Ivi, p. 69.
[6] Ivi, p. 70.
[7] Ivi, p. 74.
[8] Ivi, p. 88.
[9] Ivi, p. 95.
[10] Ivi, p. 96.
[11] Si veda: Giorgio Pagano, Don Gandolfo e l’antifascismo degli scout, Lerici In, luglio-agosto 2024.