(da Lerici In di gennaio 2024)
Il 98,8% degli abitanti della provincia della Spezia sono stati battezzati con rito cattolico, anche se le stime riguardo alle presenze in chiesa non dovrebbero discostarsi da quelle nazionali che, arrotondate, danno un 20% di fedeli assidui, un 30% di “mai frequentanti” e il restante 50% di frequentatori occasionali, soprattutto in occasione dei cosiddetti riti di passaggio (battesimi, cresime, matrimoni e funerali) e nelle grandi festività di Natale e Pasqua (i famosi “natalini e pasqualini”).
C’è da chiedersi allora quanti dei battezzati nelle 186 parrocchie della provincia spezzina siano a conoscenza del riassetto avvenuto nella loro circoscrizione vescovile sei mesi fa, il 29 giugno 2024, solennità dei santi Pietro e Paolo, quando con un decreto annunciato dall’attuale vescovo, mons. Luigi Ernesto Palletti, è stata stabilita una nuova organizzazione dell’assetto diocesano.
Sono stati in questo modo istituiti tre grandi vicariati foranei, denominati rispettivamente “Golfo della Spezia”, “Val di Magra”, “Val di Vara e Riviera”. Immediato è il richiamo territoriale alle tre diocesi originarie della Spezia, Sarzana e Brugnato.
La più antica delle sedi vescovili storiche è stata senza dubbio quella di Luni (poi trasferita nel 1202 a Sarzana) che si ipotizza risalga addirittura alla Chiesa primitiva apostolica, anche se il primo documento ufficiale che la nomina è collocato solo nel V secolo d. C. In origine essa arrivava fino alla Toscana e all’Emilia. Poi viene quella di Brugnato che risale all’epoca delle correnti missionarie del monachesimo celtico (VII e VIII secolo d. C.) e fu istituita nel 1133. Infine la più recente è quella della Spezia, nata a causa dell’esplosione demografica della città per i lavori di costruzione dell’Arsenale Militare, che fu eretta il 12 gennaio 1929 con bolla di papa Pio XI.
Trent’anni dopo, il 25 luglio 1959, papa Giovanni XXIII con il decreto Ad animarum saluti ha proceduto ad una sistemazione definitiva dei confini della nostra Diocesi in modo tale che la giurisdizione di Luni (ossia La Spezia, Sarzana e Brugnato assieme) andasse a coincidere con i limiti territoriali della provincia della Spezia. Nel 1986 infine è stata decretata la plena unione delle tre storiche realtà diocesane.
Ora però, dopo essere stato il più piccolo, il vicariato foraneo della Spezia è diventato quello più popoloso dei tre; attualmente esso è guidato da don Orazio Lertora e comprende, oltre al comune capoluogo, anche quelli di Lerici e Porto Venere.
Il vicariato foraneo di Sarzana, che include il territorio della sede vescovile e quello della Val di Magra, è guidato invece da don Franco Pagano; mentre Brugnato, che si estende dalla Val di Vara alla Riviera che va da Riomaggiore a Deiva Marina, ha come vicario mons. Giorgio Rebecchi.
Le competenze conferite ai tre vicari foranei (chiamati anche decani o arcipreti e nominati dal Vescovo diocesano) sono ampie, come leggiamo nel Codice di diritto canonico ai punti dal 553 al 555.
L’ufficio di un vicario foraneo, che è nominato a tempo determinato e può essere liberamente rimosso dal Vescovo, non è legato a quello di parroco di una determinata parrocchia.
Un vicario foraneo ha il dovere e il diritto:
1) di promuovere e coordinare l’attività pastorale comune nell’ambito del vicariato;
2) di aver cura che i chierici del proprio distretto conducano una vita consona al loro stato e adempiano diligentemente i loro doveri;
3) di provvedere che le funzioni religiose siano celebrate secondo le disposizioni della sacra liturgia, che si curi il decoro e la pulizia delle chiese e della suppellettile sacra, soprattutto nella celebrazione eucaristica e nella custodia del santissimo Sacramento, che i libri parrocchiali vengano redatti accuratamente e custoditi nel debito modo, che i beni ecclesiastici siano amministrati diligentemente; infine che la casa parrocchiale sia conservata con la debita cura.
Le 186 realtà parrocchiali attualmente presenti in diocesi sono state raggruppate quindi in 36 “comunità pastorali”. Questo non vuol dire che automaticamente ci saranno fra le parrocchie esistenti soppressioni, accorpamenti, unioni o fusioni ma un coordinamento attraverso un delegato del vescovo.
Questo decreto ha pertanto delineato «la fisionomia giuridico-pastorale delle comunità pastorali», «la loro denominazione», «le parrocchie in esse raggruppate» e «la sede residenziale del proprio presbitero coordinatore».
A tale svolta organizzativa, resa necessaria dai tempi odierni, si è arrivati attraverso una lunga riflessione che, soprattutto negli ultimi dieci anni, ha coinvolto a più riprese l’intera comunità diocesana. Si è trattato, in sintesi, di una razionalizzazione che ha tenuto conto non solo delle caratteristiche sia geografiche che storiche del territorio, ma anche della necessità di procedere nel cammino sinodale appena intrapreso. È dunque un processo non strutturato in tutti i suoi particolari, ancora in divenire. Del resto sono due i dati ormai acquisiti: il fatto che la maggior parte dei presbiteri sia titolare di più di una parrocchia ed il fatto che l’età media dei sacerdoti sia molto avanzata. Questo prelude a un sempre maggiore coinvolgimento di laici preparati negli ambiti educativi e pastorali, anche perché gli istituti religiosi soffrono essi pure di analoghi problemi di decremento nelle vocazioni.
Sandro Fascinelli