(da Lerici in di marzo 2020)

di Flavio Testi

(Il comandante di Marina Sergio Di Gregorio, nostro attento lettore, ci ha scritto in merito al “salvataggio dei naufraghi di nave Atlantis” (foto sopra), di cui avevamo parlato nel numero di gennaio 2020 nel racconto dell’U Boot 234, in cui veniva addebitata genericamente l’attuazione dell’impresa di salvataggio del- l’equipaggio (anche se corsari pur sempre persone a loro modo corrette perché, dopo gli assalti, si preoccupavano sempre di salvare gli equipaggi), ignorando l’apporto decisivo fornito per l’occasione dalla Marina Militare italiana, all’epoca Regia Marina. Ne prendiamo atto e provvederemo a pubblicarla nel prossimo numero. Poiché anche dell’Atlantis abbiamo parlato genericamente, riteniamo di dover parlare prima di questa biasimevole nave corsara dell’ultima guerra, ai più sconosciuta). SF

Atlantis con il secondo fumaiolo aggiunto

L’Atlantis era un incrociatore ausiliario lungo 155 metri, 17.600 t con un equipaggio di 349 unità di cui 21 ufficiali e 328 marinai. I due motori Diesel a 2 tempi muovevano una singola elica per una velocità massima di 17,5 nodi ed un’autonomia di circa 60.000 miglia (a 10 nodi).

Era dotato di : 6 cannoni da 150 mm; 1 cannone da 75 mm a prua; 2 cannoncini antiaerei binati da 37 mm; 2 cannoncini antiaerei binati da 20 mm; 4 tubi lanciasiluri da 533 mm sotto la linea di galleggiamento; 92 mine navali in un apposito compartimento.

Due cannoni da 150 mm di poppa erano nascosti da una gru e da un finto cassero, gli altri erano dietro finte murate mobili all’interno delle sovrastrutture e coglievano di sorpresa il naviglio nemico.

Aveva una catapulta e due idrovolanti Arado Ar 196 in una stiva, uno pronto all’uso e l’altro da assemblare.

Nelle sue stive la nave portava anche una grande quantità di materiale per modificare la struttura e mimetizzarsi assumendo l’aspetto di navi di simili dimensioni ma battenti bandiera di paesi neutrali, in particolare: un finto fumaiolo; alberatura e picchi di carico ad altezza variabile; teloni e vernice; bandiere di nazioni non belligeranti; costumi per l’equipaggio.

Con questo materiale l’Atlantis poteva adottare fino a 26 silhouette differenti per ingannare la caccia nemica.

Questa nave corsara germanica, in una crociera di 100.000 miglia durata 445 giorni (1940-1941), combatté sempre lealmente ed affondò o catturò 22 navi avversarie per 145.960 ton , salvandone gli equipaggi e diventando una leggenda.

Il suo comandante Bernhard Rogge, poi Ammiraglio nel dopo guerra, fu anche elogiato dagli avversari per il suo costante rispetto del nemico. Il libro Atlantis del suo aiutante Ulrich Mohr (Longanesi) dottore in chimica e poliglotta ufficiale di bordo, descrive tutti i dettagli delle vicende della nave ed è un classico della letteratura marinara.

Il Comandante dell’ U234 Fehler, era stato a bordo dell’Atlantis come ufficiale specialista degli esplosivi e soprannominato “Dinamite” perchè addetto al minamento ed affondamento delle navi catturate, dopo il salvataggio degli equipaggi.

Il 22 Novembre 1941 l’Atlantis, si trovava nell’ Atlantico Meridionale per rifornire di nafta l’U-126, ma gli inglesi avevano intercettato i messaggi scambiati per l’appuntamento, e preparato l’agguato. Un idrovolante partito dall’incrociatore pesante inglese Devonshire li scoprì. Il sommergibile venne subito staccato dalla nave e si immerse, abbandonando il suo comandante a bordo della nave.

L’incrociatore inglese rimanendo a distanza di oltre 10 miglia, fuori dalla gittata dei cannoni dell’Atlantis, sparò due colpi di avvertimento e chiese all’Atlantis di identificarsi con i segnali luminosi. La risposta fu che era la nave olandese Polyphemus.

Il Devonshire, faceva evoluzioni ad alta velocità a zig zag e richiese dopo mezz’ora la parola in codice, che ovviamente l’Atlantis non conosceva. Iniziò quindi a sparare sulla nave con i suoi cannono da 200 mm da una distanza di circa 9 miglia, rimanendo fuori dalla sua portata di risposta. L’Atlantis cambiò direzione ed emise fumogeno, ed il comandante Rogge ordinò all’equipaggio di abbandonare la nave che via via era colpita da diverse cannonate, mentre Fehler ed i suoi la minavano per farla affondare.

Le scialuppe e gli zatteroni raccolsero l’equipaggio che veniva attaccato dagli squali. Solo 10 persone morirono per le cannonate o per gli squali. Il Devonshare rimase al largo e si allontanò rapidamente per non essere attaccato dall’ Uboot 126, che emerse per soccorrere i naufraghi. I 40 feriti furono accolti a bordo, mentre si decise di rimorchiare le scialuppe, con l’accordo che se arrivava un aereo inglese, il sommergibile si sarebbe immerso velocemente, tagliando la cima. La scelta di raggiungere Freetown ed essere imprigionati fu scartata, e si iniziò a percorrere le 900 miglia verso il Brasile, paese neutrale. Il traino a fila ogni tanto si bloccava per la rottura delle cime. Le scialuppe per 40 persone ne contenevano 70 e si sparpagliavano. Il giorno era molto caldo e la notte molto fredda mettendo a dura prova i superstiti che non riuscivano nemmeno a riposare.

Dopo 72 ore incontrarono la Python, nave tedesca di appoggio ai sommergibili. Furono tutti ospitati e rifocillati. Rogge suggerì di caricare a bordo le scialuppe invece di distruggerle. La nave ricevette l’ordine di rifornire di carburante due sommergibili, l’U-126 e l’U-A,. Con questi ai due lati, in un mare liscio come l’olio venne avvistata una nave militare a 3 fumaioli, il Dorsetshare. Subito vennero levati i tubi della nafta ed i sommergibili si immersero, mentre il Python di mosse alla massima velocità di 14 nodi.

Il Dorsetshare li inseguiva a 30 nodi e li raggiunse dopo mezz’ora iniziando a cannoneggiarli. L’equipaggio calò le scialuppe, comprese quelle dell’Atlantis, che permisero di salvare tutti, mentre la nave minata esplose e si inabissò. La nave inglese si allontanava immediatamente per scappare dai due sommergibili.

Si era ripetuta la stessa tragedia dell’Atlantis, ma adesso le persone erano 414. Il nuovo traino con due sommergibili durò tre giorni, confortati solo dalla distribuzione di caffè e minestra dalle loro cucine.

Senza più navi tedesche di appoggio nel Sud Atlantico vengono incontrati alri due sommergibili, senza più siluri, con poca nafta e viveri. Da Berlino arriva l’ordine di rientrare con 100 persone in più su ogni sommergibile, dopo aver bruciato le scialuppe. In una cabina per 4 ufficiali, ne devono dormire 8, ed i marinai sul pavimento d’acciaio del locale siluri trasformato in dormitorio. Cibo ed acqua scarsi per tutti, oltre ad avere i 4 sommergibili con tre volte il normale equipaggio e difficilmente manovrabili.

Il Dorsetshire li ha affondati il 1 Dicembre 1941, ma ci vogliono 3 settimane per raggiungere le Isole del Capo Verde, ove incontreranno 4 sommergibili italiani per rinforzare l’operazione di salvataggio, trasportando parte dei naufraghi nella fase più critica del viaggio, il golfo di Biscaglia ben vigilato dalla flotta e dall’aviazione britannica.

Uno dei salvataggi di equipaggio di una nave affondata dall’Atlantis

29 DICEMBRE 1941: IL SALVATAGGIO DEI SUPERSTITI DELL’ATLANTIS E DEL PYTHON

E’ una delle storie più belle e meno note della seconda guerra mondiale quella dei 4 sommergibili oceanici italiani della base Betasom, che partecipano ad una operazione di salvataggio percorrendo 5.000 miglia tra andata e ritorno alla base.

Si tratta dei sommergibili:

  • Luigi Torelli (comandante, il capitano di corvetta Antonio De Giacomo),
  • Enrico Tazzoli (capitano di corvetta Carlo Fecia di Cossato),
  • Giuseppe Finzi (capitano di corvetta Ugo Giudice)
  • Pietro Calvi (capitano di corvetta Emilio Olivieri).

Le unità vengono rapidamente allestite per imbarcare ciascuna 70 naufraghi e prendono il mare con rotta sud, tra il 5 e il 7 dicembre 1941. Gli ordini prevedono la possibilità di attaccare il traffico avversario isolato durante la navigazione di andata, evitando qualunque operazione bellica dopo l’imbarco dei naufraghi.

L’incontro tra i 4 sommergibili italiani e quelli tedeschi avviene al largo delle isole di Capo Verde tra il 14 ed il 18 dicembre, con il trasbordo di parte dei naufraghi – in totale 254 uomini, tutti sistemati sottocoperta – ed assistiti.

Il viaggio di ritorno avviene senza perdite, nonostante il mare forza 4-5 arrivando a Saint Nazaire per sbarcare i naufraghi, tra il 24 ed il 29 dicembre 1941.

Il Comandante Rogge dell’Atlantis invita il suo attendente Ulrich More a salire sul Tazzoli. Non voleva separarsi, ma per l’interesse della storia era giusto che le due persone che conoscevano ogni dettaglio della crociera dell’Atlantis viaggiassero su due sommergibili differenti.

Nel sottomarino italiano non manca nulla ed il comandante possiede una collezione di libri di letteratura francese, cucina con specialità italiane e sistemazione confortevole.

Nel viaggio di rientro, il Tazzoli identifica una nave mercantile, ma non la attacca perchè è neutrale, con bandiera spagnola. Il Natale a bordo è festeggiato con un albero fatto con una scopa, filo e carte colorate. Con l’oscurità, la notte del 25 Dicembre 41 il Tazzoli naviga in superficie, ma un aereo inglese lo localizza e deve immegersi rapidamente. Arrivano le bombe di profondità per diverse ore prima di riuscire a scappare.

L’Ammiraglio Karl Doeniz si complimenta con i valorosi comandanti dei 4 sommergibili italiani che hanno salvato 254 naufraghi tedeschi.