(da Lerici in di giugno e luglio 2022)

Il 25 settembre 1846, poco più di 175 anni fa, si tenne a Genova un Congresso di Scienziati cui prese parte Agostino Falconi che fu il primo grande storico locale. L’argomento del suo intervento fu il nostro Castello di cui tracciò a grandi linee la storia. La narrò come se leggesse degli appunti scritti su un block notes: l’indicazione di un anno e l’avvenimento saliente che si verifica. Soprattutto si dice degli illustri personaggi che nella fortezza furono rinchiusi, ma si dice anche delle altre vicende che determinarono l’avventura della fortezza nel tempo.

Il tutto ha inizio nel 1152 quando Genova acquista dagli uomini di Vezzano e di Arcola il monte di Lerici. Costo dell’operazione 39 lire di moneta lucchese ma già 39 anni prima i Genovesi, gelosi dei Pisani che tenevano Lerici in un dominio che arrivava fino a Piombino, avevano fondato sulla sponda opposta una colonia cui avevano dato il nome di Portovenere riprendendo un antico toponimo. Le due repubbliche si contendevano quel tratto di mare e l’azione della Lanterna era per controbilanciare la presenza della rivale.

Genova aumenta la sua penetrazione in questo lembo di Riviera. Fa pace con i Malaspina e acquista dal Marchese Obizzo e dal figlio Moruello il castello di Pietracoperta e il poggio di Lerici, distruggendo le fortificazioni là esistenti.

Con il periodo di lotte anche dure fra Guelfi e Ghibellini, l’Imperatore Federico II manda da queste parti Oberto Pallavicino che prende Lerici e Trebiano, su cui la prima avrà diritto dal 1224. Le due località diventano altrettanti avamposti schierati contro Pisa.

Nel 1254 Pisa offre la pace ma Genova chiede di essere risarcita dei danni subiti. Come arbitro ci si rivolge a Firenze che ingiunge ai Pisani di restituire Trebiano e Lerici, una condizione che spiace ai Pisani ben consapevoli dell’importanza strategica di quegli antemurali contro il nemico ligure.

Due anni dopo, mentre Lucca guerreggia con Pisa, che ha apposto all’ingresso del borgo la “mordace iscrizione” «Stoppa la bocca al Genovese // Crepacuore al Portovenerese // Strapa borsello al Lucchese», Genova assalta Lerici via terra con fanti e cavalleria e per mare con 80 galere ed altri legni minori. I Pisani vengono cacciati e devono cedere il Castello che avevano eretto. Genova sopra la cappella del Castello appone una lapide. L’iscrizione in latino recita che la fortificazione è stata conquistata da Genova combattendo e che poi l’ha munita da ogni lato con mura sicure per tutelare così la sua giurisdizione.

È il 1273 quando Niccolò Fieschi con l’appoggio del fratello Cardinale Ottobono e di Carlo d’Angio, Re di Sicilia, prende Lerici. La danneggia e si porta via tutto quel che può, compresi vecchi e giovanetti che ingloba nelle sue file.

I Ghibellini, diventati forti nella Riviera di Levante, il 25 maggio 1319 s’impadroniscono nel porto di Genova di una galea carica di mercanzia da portare nelle Fiandre e se la portano nel porto di Lerici essendo “un sicuro nido”. Vent’anni dopo Simon Boccanegra, primo Doge di Genova, recupera tutti i castelli e le terre della Riviera di levante, eccetto il Castello che riprende l’anno successivo grazie ad un accordo con certi nobili della Lanterna che lo detenevano. 

Nel 1384 il Castello è adibito per la prima volta a prigione: un precedente Doge di Genova Nicolò Guarco fugge dalla città temendo il nuovo Doge Antoniotto Adorno. Catturato, però, dal Marchese del Finale, è consegnato da questi al Doge che lo incarcera nel Castello. Identica sorte tocca otto anni dopo a Messer Benedetto del Viale, Dottore in legge, cui l’Adorno proibisce l’usci-ta dalla città. Lui si reca poco lontano da Genova, ragion per cui viene imprigionato nel Castello dove dopo pochi giorni muore per “passion d’animo”. Poco dopo il Viale, viene imprigionato Jacopo Fregoso che aveva preceduto Adorno nella massima carica cittadina.

Nel 1396 la repubblica genovese “si dà in protezione” al Re di Francia Carlo VI. Per gli accordi intercorsi il 25 ottobre, il Castello continua ad essere presidiato da milizie genovesi mentre in quello di Portovenere s’installano truppe francesi che sono, però, pagate dalla Lanterna.

Nel 1411, siccome le loro truppe sono isolate, i Francesi decidono di cedere Portovenere, Lerici, Sarzanello e Falcinello. I Fiorentini “per ruggine verso Genova e per l’opportunità de’ luoghi” li comprano entrandone in possesso l’11 novembre.

I Genovesi però non ci stanno. Dopo un inutile tentativo di prendere Portovenere, a mezzogiorno di domenica 25 ottobre 1412, attaccano Lerici. Il borgo è preso dopo sole tre ore di combattimento nel quale gli assalitori perdono solo tre uomini. La notizia della “recuperazione” arriva a Genova il 2 novembre e desta tale allegria che si accendono i fuochi sulle torri del Castelletto.

Nel 1426 Filippo Visconti, Duca di Milano, cede di nascosto i castelli di Lerici e Portovenere al suo nuovo socio Alfonso Re di Napoli, al posto delle piazze di Calvi e di Bonifacio in Corsica promessegli per l’alleanza. (segue)

Alberto Scaramuccia

Un decennio più tardi (il 1422) i Genovesi si scuotono di dosso il giogo dei Visconti, pure gli abitanti di Portovenere e Lerici cacciano “il mal gradito quantunque non vessante presidio straniero” e si riconsegnano a Genova.

È il 1484 e il Castello “ospita” tre prigionieri illustri: Antonio Montaldo, Casano da Mare e Agostino Ravaschieri “degli antichi Conti di Lavagna”. Il motivo del- l’incarcerazione è un presunto tradimento che ha fatto perdere Pietrasanta. Gli Adorno, quando tornano al potere, li liberano salvo poi far decapitare il Ravaschieri “perché forse più reo degli altri”.

Nel 1487 è la volta di Tommasino Fregoso. Lo arrestano in Corsica dove cerca di organizzare una rivolta. Imprigionato nel Castello, evade con la complicità del sottocastellano. Della fuga viene incolpato il castellano Obietto Del Ponte che riesce comunque a dimostrare la propria innocenza sottraendosi al castigo.

Nel 1490 ospite del Castello è Giovanni Giuliano di Nizza, “corsaro di grido” e terrore dei bastimenti genovesi. Catturato da Giuliano de’ Magnesi, è anche posto sotto tortura perché sospettato di essere stato aiutato negli armamenti da Firenze. 

1501: Gian Paolo da Lecca, sbarcato in Corsica dalla Sardegna, cerca di organizzare una rivolta. Gli vengono mandati contro con spedizioni successive Emmanuelle Fieschi, Silvestro Giustiniani, Alfonso del Carretto ed infine Ambrogio di Negro che “sbaraglia il partito del Lecca”, incarcera nel Castello il figlio del rivoltoso e riporta la pace in Corsica.

Quando, corre l’anno 1507, a Genova si inasprisce la lotta fra la parte dei Nobili e quella dei Popolari. Questi ultimi, avendo la supremazia, rinchiudono nel Castello Jacopo da Mare, signore di Capocorso, di cui diffidano.

Nel 1525, siamo nel periodo dello scontro immane fra la Francia e Carlo V, Imperatore e Re di Spagna, ad essere custodito nel Castello è il Re francese Francesco I. Sconfitto a Pavia il 25 febbraio e condotto a Genova, viene imbarcato per Napoli.

Ma la destinazione è un’apparenza ché lo portano prima a Portofino e poi a Lerici; da qui parte, sempre accuratamente sorvegliato da certo Lanoya, alla volta della Spagna per restare “tredici mesi cattivo a Madrid”.

Non solo prigionieri il Castello di Lerici accoglie ma anche personaggi che dentro a quelle possenti mura si rifugiamo per trovare sicurezza. Andrea Doria, al servizio dei Francesi, medita (1528) di cambiare casacca e per non essere preso dagli antichi alleati ripara nel Castello per poi passare al servizio di Carlo V nonostante che Francesco I faccia di tutto per trattenerlo al suo servizio.

Passa qualche tempo prima che il Castello torni in primo piano. Siamo nel 1555, Genova è impegnata in un duro scontro con la Corsica che vuole rendersi autonoma e la Repubblica decide di ingrandire e rafforzare il Castello. I lavori sono condotti dal Magnifico Giovanni Fieschi Marruffo e le spese sono a carico “dell’uffizio di San Giorgio”.

È turbolenta la vita nella Repubblica. Nuovi poteri vogliono succedere ai vecchi, si forma una nuova classe nobiliare che si contrappone fieramente alla precedente. Uno dei Vecchi Nobili, Gianandrea Doria, dopo essersi impadronito di Portovenere e della Spezia, cerca con ogni mezzo di prendere il controllo di Lerici e della fortezza di Santa Maria per rendere più potente “il suo partito”. È il 1575. Santa Maria è la fortezza appena fatta costruire dalla repubblica sulla punta della Castagna, sulla costa occidentale. Questo nuovo forte rappresenta il fulcro del sistema difensivo del Golfo di cui controlla l’ingresso incrociando il tiro con l’op-posto forte dell’Ocapelata a Santa Teresa.

Nel 1684 i Francesi bombardano Genova che rinforza la guarnigione del Castello temendo che “gli adontati Francesi tornassero ad infierire contro i domini della Repubblica”.

Molti anni dopo, è il 1746 quando Balilla scatena la rivolta a Genova contro l’occupante austriaco, parte di quelle soldatesche che stanno presidiando il Castello lo abbandonano per ritirarsi a nord direzione Parma. Un paio d’anni dopo Richelieu fa occupare da sue truppe il castello di Avenza e la fortezza di Massa che occupano anche il Castello e le altre fortificazioni sulla costa eccetto Santa Maria che è presidiata da 500 genovesi e 400 spagnoli.

La presenza dei militari nel Golfo si fa sempre più importante. Quando se ne effettua il censimento nel 1776, i soldati che qui stazionano assommano a 2.448. Di essi 111 presidiano il forte di Santa Maria e 18 sono dislocati fra il Castello e la fortezza di Sarzanello.

Alla fine del secolo (siamo nel 1799) le fortezze del Golfo e dunque anche il Castello, sono in mano delle coalizioni antinapoleoniche che sono, tuttavia, costrette a ritirarsi dopo la vittoria di Marengo (1800). Se ne andarono però portandosi via artiglieria e polveri. Fu allora che gli Inglesi minarono i forti della Scola e di Santa Maria. Per le condizioni imposte dopo la loro vittoria a Marengo i Francesi occupano il Castello dove restano fino alla fine del marzo 1814. Quando se ne vanno, anche loro si portano via tutto il possibile. Le artiglierie sono imbarcate a Marola sullo sciabecco “La Chitarra” e la goletta “La Marmoriera”. Quando i legni lasciano il Golfo, la flotta inglese è in rada a Viareggio. Arriverà nel Golfo il 25 marzo del ’14.

Con la conseguente pace di Vienna (1814-15) che riassetta il Continente dopo la tempesta napoleonica, termina l’excursus storico di Falconi sul Castello di Lerici e termina questo suo sommario che si chiude proprio con le ultime parole dello storico:

“Essendo nel congresso di Vienna stata unita la repubblica di Genova agli Stati del Re di Sardegna, il Golfo di Spezia seguendo i destini della Metropoli che per sette secoli aveaselo gelosamente custodito, divelle l’orientale frontiera marittima del Regno: e sul Castello di Lerici, dopo che vi si inalberarono le insegne dei Malaspina e de’ Pisani, e che vi sventolarono, oltre lo stendardo di Genova, quei di Francia, di Firenze e d’Aragona e per ultimo quello dell’impero Francese, spiegasi adesso l’onora-tissimo vessillo dell’augusta dinastia Sabauda”.                     (fine)

Alberto Scaramuccia