(da Lerici In… di aprile 2022)

e (da Lerici In di gennaio 2009 e gennaio 2010)

A 200 anni dalla nascita, mentre nel cuore dell’Europa si sta combattendo una assurda guerra, viene alla memoria l’esempio di un illustre lericino che si fece portatore delle ragioni del dialogo e della pace in situazioni difficili.

Mi riferisco a padre Francesco Bibolini missionario in Argentina, che si rese protagonista di un incredibile episodio dimostrando la forza dell’uomo di fede che crede nel dialogo per ottenere la pace.

Di lui si occupò il periodico Il Golfo dei poeti nel 1977 e fu quello il primo contributo per far conoscere questa interessante figura di religioso con l’intento di “divulgare e far conoscere la vita e l’opera di un lericino tanto grande quanto dimenticato, tanto illustre in Argentina quanto sconosciuto nella terra natia”. Anche il nostro Lerici In si è occupato in più occasioni, nel mese di gennaio 2009 e 2010 di padre Francesco Bibolini nato a Lerici il 3 settembre 1822 da Francesco e da Maria Bracco.

Egli sentì presto la vocazione al sacerdozio e, dopo aver frequentato il seminario a Genova, ricevette l’ordinazione presbiterale a Sarzana nella cappella del palazzo vescovile dal vescovo monsignor Francesco Agnini.

Rimasto orfano, chiese al vescovo di poter realizzare il suo desiderio di diventare missionario. Fu così che, dopo aver venduto tutti i beni che gli aveva lasciato la madre che era commerciante, si imbarcò per il Paraguay. Una volta giunto ad Asuncion fu però scambiato per un medico e costretto ad amputare la gamba incancrenita di un operaio. Fuggito dal Paraguay, giunse nel 1854 a Buenos Aires da dove fu destinato dai suoi superiori alla missione nel villaggio di Veinticinco De Mayo ai confini con gli indios delle pampas. Padre Bibolini si diede subito da fare costruendo una piccola cappella che sarà il primo nucleo della futura chiesa parrocchiale e si prodigò nella cura e nell’assistenza ai malati e ai bisognosi della parrocchia.

Erano i tempi della lotta cruenta fra i conquistadores e gli indios che erano guidati dal terribile Calfucurà detto il “Caciche” che incuteva a tutti paura per la sua ferocia spargendo ovunque distruzione e morte.

Il 26 ottobre 1859 costui, alla testa di 2000 uomini, avanzava verso la popolazione di Veinticinco De Mayo fissando l’accampamento a soli 5 km dal paese. Sentendo l’attacco imminente la gran parte della popolazione fuggì presa dal panico (immagini che ricordano quelle di oggi con la fuga dalle città degli ucraini) mentre altri rimasero per difendere i loro beni e altri ancora, immobilizzati per la paura, speravano che la provvidenza li avrebbe salvati dall’inevitabile flagello.

Il capo della guarnigione militare posta a difesa del paese non riuscì a contenere la massa dei fuggitivi. In queste ore tragiche emerse la figura di padre Bibolini, il quale non solo rifiutò di abbandonare il villaggio ma addirittura decise di affrontare il capo degli indios nel suo stesso accampamento per cercare di convincerlo a non attaccare una popolazione inerme. A quanti tentarono di dissuaderlo rispose: «La vita nessuno l’ha comprata, appartiene a Dio ed Egli disporrà. Io voglio andare incontro all’invasore e lo farò correndo ogni rischio».

Fu così che il sacerdote coraggioso si diresse ad incontrare il “Caciche” cavalcando un cavallo grigio e portandone altri due carichi di acquavite, tè, tabacco e altre cose che era riuscito a mettere insieme. Mentre si avvicinava all’accampamento il suo cavallo si spaventò per le urla degli indios facendolo cadere a terra. Forse fu proprio questo incidente che calmò il loro capo o forse fu l’audacia di quel sacerdote che, da solo e disarmato osava affrontare il feroce guerriero. Fatto sta che Cafulcurà non permise a nessuno dei suoi di far del male a quell’uomo, il quale, rimontato a cavallo, si accostò per parlare con lui.

Padre Francesco consegnò al “Caciche” quanto aveva portato e iniziò con lui un dialogo usando un miscuglio di lingue. Il colloquio, durato qualche ora, diede i suoi frutti, dimostrando che la via del dialogo resta la migliore per risolvere i conflitti. Infatti, padre Bibolini riuscì a persuadere il suo avversario a recedere dal proposito di assalire il paese. Non solo, il buon sacerdote invitò Cafulcurà a pernottare a casa sua. Fu così che i pochi abitanti rimasti rimasero di stucco nel vedere il loro parroco avanzare in paese a fianco del temibile capo indios e la sua scorta. Arrivati alla piazza principale il guerriero e i suoi uomini scesero da cavallo e, mentre gli indios familiarizzavano con gli abitanti del villaggio, il loro capo e il parroco si avviarono all’abitazione di quest’ultimo per trascorrervi la notte. Fu così che il paese fu scampato dal pericolo e padre Bibolini acclamato come un eroe.

La parrocchia di Nuestra Señora del Rosario – Davanti ad essa il monumento a Francesco Bibolini

A Veinticinco De Mayo, padre Bibolini rimase come parroco fino al 1862. Successivamente si prodigò nell’assistenza ai malati durante l’epidemia di colera del 1869. Morì il 24 maggio 1907 a 85 anni. A ricordo di quell’avvenimento il 13 novembre 1930 nella piazza principale, proprio davanti alla chiesa di cui era stato parroco, fu eretto in suo onore un monumento con la scritta: “Salvatore del popolo dalle invasioni degli indios nel 1859”. Oggi i suoi resti riposano ai piedi del monumento. In questo modo i suoi parrocchiani vollero dimostrare la loro gratitudine per l’eroico gesto del loro primo parroco che, solo con le “armi” della parola, riuscì ad avere la meglio sulla invasione annunciata.

Padre Bibolini resta un esempio anche per noi oggi e, come auspicava l’autore dell’articolo del “Golfo dei poeti”, sarebbe bello che Lerici si ricordasse di questo suo figlio dedicandogli almeno una via.

Paolo Cabano

Un nuovo gemellaggio nel nome di padre Francesco Bibolini

(da Lerici in di gennaio 2009)

Oltre alla città francese di Mougins, Lerici si sta preparando per un altro gemellaggio, quello con Venticinco de Mayo in Argentina, città di adozione del nostro conterraneo Padre Francesco Bibolini. A promuovere questo gemellaggio l’emigrante tellarese Pierino Cabano che dall’Argentina attende con impazienza che sia ufficializzato.

Pierino Cabano partito a 21 anni da Tellaro, ora sessantunenne, vive a La Plata. Laggiù ha scoperto la storia di questo sacerdote, di prestigiosa famiglia lericina, che si era spogliato di tutto, per mettersi al servizio dei diseredati e dei malati. Un monumento in suo onore con sotto i suoi resti mortali si trova nella piazza di fronte alla chiesa principale di 25 de Mayo.

Così mentre la giustificazione del gemellaggio con Mougins è stata quella di contribuire al rafforzamento della coscienza europea dei propri cittadini, alla promozione delle proprie tradizioni culturali ed economiche e allo sviluppo di scambi di arricchimento civico, quella con Veinticinco de Mayo dovrebbe essere la condivisione del personaggio di padre Francesco Bibolini nato a Lerici il 3 settembre1822 e morto in povertà francescana a Veinticinco de Mayo il 24 maggio 1907: il luogo di nascita e di formazione e quello di attività e morte. Tanto illustre in Argentina quanto sconosciuto nella terra nativa.

Sentì la vocazione e, dopo i suoi studi in seminario, fu ordinato sacerdote a 25 anni nella Cappella del Palazzo Vescovile di Sarzana. Sei anni dopo, essendo già orfano di padre, perse anche la madre.

Capì allora che era arrivato il momento di realizzare il suo desiderio di farsi missionario.

Vendette tutti i suoi beni e si imbarcò per Asuncion. Dopo una precipitosa fuga dal Paraguay, nel 1854 lo troviamo prima a Buenos Aires e poi a Veinticinco de Mayo dove viene destinato dalle autorità ecclesiastiche e dove fondò la prima parrocchia. Si dedicò qui ad aiutare malati e bisognosi, visitando anche le capanne e gli accampamenti degli indios.

Erano tempi di lotte difficili e cruente tra conquistatori ed indios. Il 26 ottobre di 1859 il capo tribù indiano Calfucurá, coi suoi duemila uomini, avanzò su Veinticinco de Mayo, accampandosi a 5 Km dal paese. In queste ore tragiche emerse la figura di Padre Bibolini che si rifiutò di abbandonare il paese, decidendo di affrontare il capo tribù indiano nel suo stesso accampamento (nella foto in evidenza) per dissuaderlo ad attaccare il paese indifeso. Si prodigò in seguito con passione al servizio dei malati durante il colera del 1869.

I ragazzi del laboratorio di giornalismo

Un Tellarese ci ricorda un missionario lericino

(da Lerici in di Gennaio 2010)

Pierino Cabano, al centro, assieme a un gruppo di alpini in visita alla chiesta di Nostra Signora del Rosario – a destra il monumento a padre Bibolini

Il 29 ottobre 2009 si è commemorato in Argentina il 150° anniversario della pacificazione della Pampa per opera del sacerdote missionario lericino Francesco Bibolini, quando fermò, senza colpo ferire, il capo indios Calfucura pronto ad assalire la città di 25 de Mayo.

Un uomo dotato di un forte carattere, fedele ai suoi compiti sacerdotali ma con atteggiamenti polemici verso le persone che lo disistimavano, tanto poi da essere costretto a scappare in Paraguay per contrasti con le autorità ecclesiastiche.

Ciò nonostante la verità non é mai mancata nelle sue espressioni, né mai è mancato in lui  lo spirito di solidarietà. L’amore per il prossimo era intenso e riconosciuto da tutti,

In Paraguay insegnò nelle scuole per alcuni anni, poi ritornò in Argentina nel 1853. 

Due anni dopo l’arcivescovo Escalada di Buenos Aires lo destinò a 25 de Mayo, una piccola comunità al centro della “Pampa”, dove istituì dal nulla la prima parrocchia.

Una settimana dopo il suo arrivo, il giudice Antonio Isola lo autorizzò ad avviare una colletta per costruire la prima cappella del paese; così in pochi mesi, il 26 agosto del 1855 Bibolini benedisse la cappella, sotto il nome di “Nuestar Señora del Rosario”

Il 29 ottobre 1859 il capotribù indiano (“el Cacique”) Calfucura circondò con i suoi 2000 guerrieri 25 de Mayo, intimando al comandante del distaccamento, il colonnello Carballido, la sua resa.

Il panico si diffuse fra gli abitanti, le autorità distribuirono armi fra la popolazione, ma la situazione era incontrollabile e molti scapparono. In quel momento in mezzo alla confusione, nella piazza apparve a cavallo Bibolini, che chiamò la popolazione alla riflessione e comunicò la sua volontà di andare a parlamentare con Calfucura per chiedergli la pacificazione e la grazia per la vita della gente.

Bibolini, accompagnato da due persone, si recò come ambasciatore dal “Cacique”. Il suo atteggiamento fiero ma fraterno suscitò rispetto e ammirazione. Come risultato della conversazione, Calfucura con i suoi guerriglieri e le sue donne entrò assieme a Bibolini, a 25 di Mayo in pace ed amicizia, tra la perplessità degli abitanti. Quella notte il “Cacique” dormì nel letto di Bibolini e partì il mattino successivo rinunciando a qualsiasi successivo atto ostile verso le popolazioni della Pampa.

Arrivata la sua vecchiaia Bibolini si rinchiuse nella sua casetta al n° 700 della via 10, che alla fine del secolo la ornò con iscrizioni allusive: “Mitre, il grande Patrizio”, “Roca, il conquistatore del deserto” e “Sarmiento, il grande educatore”. Sulla porta si vedeva anche una foto di Leandro Alem (politico argentino, fondatore e leader del partito “Union Civica Radical”).

Il 24 di Maggio del 1907, a 85 anni, muore in povertà.

Oggi i suoi resti riposano ai piedi del monumento nell’atrio della chiesa parrocchiale di 25 de Mayo.

Salutiamo il grande eroe ligure.

El gaucho tellarese Pierino Cabano.