(da Lerici In di settembre 2022)

NdrDopo l’articolo dello scorso mese su “Lelio Basso, lericino d’adozione: dimenticato”, Alberto Scaramuccia ci ha inviato un articolo con alcune interessanti notizie su di lui e sul soggiorno spezzino di Rosa Luxembourg, di cui Lelio Basso è stato grande biografo. 

Oltre ad essere stato un importante uomo politico del Novecento italiano, Lelio Basso fu anche grande biografo di Rosa Luxembourg, l’intellettuale comunista morta nel 1919 a Berlino durante un tentativo rivoluzionario. Ad accomunare Rosa e Lelio era la concezione libertaria del comunismo, il che non significava libertà di pensiero ma possibilità di concepire possibili diverse strategie politiche: la possibilità, come si diceva al tempo, di fare fazione, giusto l’esatto contrario dell’unanimismo delle posizioni che propugnava Lenin.

Ho visto Lelio Basso una volta, nella primavera del 1968 durante la campagna elettorale per le politiche di quell’anno. In una giornata di pioggia tenne un comizio affollato di vecchi compagni socialisti sotto la tettoia di piazza del mercato alla Spezia, lato formaggi e salumi. Era allora un alto esponente del Psiup, il partito nato riproponendo un antico nome dopo la fusione di Psi e Psdi.

Proprio contro questi ultimi tuonò Basso durante l’incontro non dimenticando, anzi spesso citandola la scissione di palazzo Barberini del ’47 quando la componente saragattiana abbandonò il Partito dando luogo alla nuova formazione socialdemocratica.

Rosa Luxembourg è a Levanto nel giugno del 1909. All’epoca soggiorna a Genova e dalla Lanterna si sposta a Levanto, nella sesta delle Cinque Terre.

Della sua peraltro breve permanenza sappiamo per una lettera che Rosa invia a Luisa Kautski, la sua più grande amica almeno fino a quando lo scontro ideologico, lei rivoluzionaria e l’altra riformista, non le dividerà per sempre.

Com’era Levanto agli inizi del ‘900

Ma all’epoca sono amiche e Rosa le confeziona un bel quadretto della cittadina com’era agli inizi del Novecento. Innanzitutto, per la donna Levanto ha un grosso pregio. Lontana dalle vie di comunicazione, manca quasi del tutto lo strombazzare delle macchine che tanto la disturba mentre lavora con la mente e con la penna. Poi, non ha porto per cui non ci sono navi né pescherecci, una mancanza che non si avverte in quella località che, nota la donna, “giace in una posizione incantevole in una piccola insenatura”: i battelli, ci fossero stati, avrebbero “sporca-to” il panorama.

La vita della cittadina scorre in una tranquillità ovattata che smorza i rumori eccetto i ragli dei muli e le grida dei loro conducenti. A fare corona alla “Piazza Municipale quadrangolare intorno a cui si snoda l’edificio principale” c’è la cornice della bellezza ambientale che è la stessa di cui godiamo noi.

La collina è dolce, coperta dalle tante sfumature verdi di olivi e pini a dare vita alla parure cromatica che è vanto per la nostra costa. Nella Piazza in cui si affacciano gli uffici, “posta, guarnigione (sei soldati e due ufficiali), Podestà, imposte”, il grande protagonista è il sole che inonda tutto annegando persone e cose nel suo fulgore abbacinante. Nello slargo resta solo la statua di Cavour la cui dedica (“Al più grande Statista”) Rosa converte in battuta irridente: “la più grande comparsa”.

Le sole persone che si vedono sono alcune lavandaie che fregano i panni “in un fiumiciattolo con tre grandi cedri” e dei “cittadini” che all’ombra di qualche angolo sporgente riempiono per ore la piazza con un “chiacchiericcio” che disturba Rosa distogliendola dal lavoro in cui è intenta ed assorta, tanto che confessa all’amica che per l’incessante cicaleccio è tentata di “buttar via il lavoro e di accovacciarmi io stessa al sole”: un comportamento così apertamente borghese chi se l’aspetterebbe dalla rivoluzionaria professionale che non optò per un’esistenza tranquilla?

Ricostruzione dell’autore di Rosa Luxembourg che gusta un gelato
passeggiando per Levanto

 

Non appena la calura comincia a smorzarsi, la città si rianima. Mentre “i fanciulli giocano per le strade”, ecco “il gelataio col suo carrettino che fa ottimi affari. Anch’io gli compro 10 centesimi di gelato in un piccolo cono di cialda se mi riesce di farmi largo fra i ragazzi che lo circondano”. La rivoluzione è sconfitta dalla crema!

Intanto, “l’impiegato della posta fuori dal servizio, con le sue scarpe bianche e il cappello alla garibaldina, è il capo e l’idolo della locale jeunesse dorée e fa, temo, un po’ di libertinaggio e cinismo”. Nel frattempo, “il farmacista e il signor Abbate se ne stanno seduti con il cappello in testa a parlare di politica”.

La domenica c’è la processione cui tutti partecipano anche se per il gran caldo capita che il canto che l’accompagna si interrompa e fra la gente si sentano risate. Il sole è tanto intenso che pare a Rosa che “accechi il Signor Gesù”. Non è una spiritosaggine blasfema; è solo la conseguenza che la presenza del grande astro esercita su chi non è gli avvezzo e che per descriverlo ricorre a iperboli non sempre appropriate.

Nessuno, nemmeno Lelio, sa quale lavoro impegnasse così tanto Rosa ma leggendone la biografia si può tentare un’ipotesi che, tuttavia, mai purtroppo si potrà verificare.

Il precedente maggio Lenin pubblica “Materialismo e Empiriocriticismo”, testo fondamentale nella bibliografia del rivoluzionario bolscevico in cui critica duramente la filosofia positivista per colpire in realtà le idee della socialdemocrazia. Contemporaneamente ne manda una copia alla Luxembourg che lo recensirà l’8 ottobre successivo su “Die Neue Zeit”, prestigiosa testata del socialista dell’epoca.

Rosa apprezza le idee di Lenin sul ruolo del partito, ma non condivide quanto dice sul centralismo democratico, l’adeguarsi di ogni militante alla linea senza manifestare alcuna forma di opposizione. Quasi presaga, intuisce che non può che portare al potere assoluto della burocrazia di partito e della sua nomenklatura. La donna, però, non capisce che, ammettendo il partito unico, era logica conseguenza che non fosse possibile alcuna forma di corrente.

Se Rosa a Levanto lavorò su quel libro maturando idee che divennero poi convinzioni nella sua riflessione teorica, io posso solo supporlo.

Però è bello pensare che uno dei cardini del pensiero di questa donna si sia formato mentre si gustava un bel cono al sole della nostra Riviera.

Alberto Scaramuccia