(da Lerici In… di aprile 2021)

Golfo della Spezia con le fortificazioni del tempo da un disegno originale del 1809 fatto dallo Stato Maggiore francese, esistente nella biblioteca comunale della Spezia

Da “L’occupazione austro-anglo-russa del Golfo della Spezia” di Ubaldo Mazzini

Nella vita di ogni organismo i momenti positivi si alternano a quelli meno buoni ed è regola che vale per le persone come per le comunità. Tuttavia, nella storia ultramillenaria del Golfo, è difficile ritrovare un periodo più brutto del biennio 1799-1800 cui si possono accostare forse solo gli ultimi venti mesi della seconda guerra mondiale.

Del resto, quei lontani giorni di duecentoventi anni fa e passa furono tragici per l’intero Continente che li visse in modo quanto mai agitato e convulso.

L’Europa era stata sconvolta dalla Rivoluzione francese che dopo momenti drammatici aveva trovato la riscossa con Napoleone che, Generale di un’Armée secondaria presto diventata la principale, aveva fatto diversi sconquassi in Europa. Sulle punte delle sue baionette nella Penisola si erano formate tante Repubbliche configurate sul paradigma giacobino.

Dalle nostre parti il 14 giugno 1797 era nata la Repubblica Democratica Ligure che, fra le altre cose, aveva provveduto al riordino amministrativo del territorio.

La Spezia era diventata sede del Distretto di Venere che comprendeva 33 parrocchie, chiamate anche Comuni: oltre alla Spezia i due Vezzano, Sanvenerio, Valeriano, Sorbolo, Tivegna, Carnea, Bastremoli, Arcola, Pitelli, Riccò, Ponzò, Valdipino, San Benedetto, Carpena, Crovara, Padivarma, Portovenere, Fezzano, Panigaglia, Vernazza, Corniglia, Manarola, Marola, Cadimare, Marinasco, Biassa e Campiglia, Isola e Migliarina, Fabiano, Pegazzano, Follo, Beverino, Polverara e Riomaggiore.

Leader del movimento giacobino alla Spezia era Marco Federici che è dapprima nominato membro Provvisorio del Governo e poi Ministro di Guerra e Marina.

Però, dopo l’avanzata trionfale la situazione era cambiata. Mentre Napoleone era impegnato in Egitto per assestare un colpo all’eterna rivale Inghilterra, gli Imperi continentali (Russia, Gran Bretagna, Turchia, Austria) si erano coalizzati contro la Francia costringendo le sue truppe a ritirarsi dalle posizioni conquistate e a trincerarsi in Liguria a proteggere la porta che a meridione conduceva nel loro Paese.

Se Genova fu l’area in cui si concentrò la difesa, per la posizione geografica il Levante ligure diventò zona di movimento per le truppe della coalizione antifrancese cui si accompagnavano bande di irregolari. Si chiamano insorgenti e provengono dalla Lunigiana: le città erano giacobine ma la campagna, aizzata dalla propaganda di aristocrazia e clero, era invece ostile a quei sentimenti. Neppure va dimenticato l’apporto dato al sentimento reazionario sia dalla crescente imposizione fiscale necessaria per sostenere le spese di guerra, che dalle promesse di saccheggio e razzia. Anche il giacobinismo cominciava ad affievolirsi in quella parte di Italiani che, dapprima favorevoli, perdevano progressivamente la loro fiducia per le ruberie e gli atti di corruzione di cui erano testimoni.

Sta di fatto che a luglio e agosto 1799 troviamo tremila Russi all’Aulla e saranno 1400 i dragoni austriaci a Sarzana. Si sono impossessati facilmente della fortezza di Sarzanello e nel pomeriggio del 31 luglio entrano nella cittadina evacuata dai Francesi nella mattinata e subito chiedono razioni per 100 persone e fieno per i cavalli.

La situazione per i Francesi si fa critica nonostante i loro continui inviti alla popolazione ché collabori. Mentre i giacobini spezzini, Federici compreso, riparano a Genova, alla Spezia il Gen.le Alexandre François de Miollis prende in ostaggio 18 cittadini di Sarzana e Lunigiana per contrastare l’azione degli insorgenti, come se a quelli importasse degli ostaggi che finiscono reclusi in un convento, probabilmente quello che fino al- l’anno precedente aveva ospitato gli Agostiniani.

Il commento di Ubaldo Mazzini alla cui ricerche si devono queste note è caustico: in questo modo gli Spezzini dovettero pure pagargli il mangiare!

Quindi, Miollis convoca una riunione della Municipalità al cui Presidente chiede di essere sempre a disposizione con qualche altro membro prospettando l’e-ventualità di nuove tasse. Le sue parole riscuotono uno scarso successo. Il Presidente Giambattista Falconi non si fa più vedere fino a metà agosto e la proposta di contribuire alla guerra anche con misure finanziarie non riceve l’approvazione dei presenti.

Miollis il 31 luglio decreta che si debba formare una nuova municipalità di cui è presidente l’agente municipale Nicola Nasi; segretario ne è don Bernardo Battolla di Tivegna. Alla Spezia come capo militare resta il Comandante di Battaglione Desportes che ordina di rifornire di cibo e medicinali il forte di Santa Maria che, posto fra le punte del Varignano e della Castagna, era il fulcro della difesa del Golfo di cui controllava l’accesso incrociando il tiro con il dirimpettaio forte dell’Ocapelata a Santa Teresa, sul litorale opposto. Questo forte, che da tempo non esiste più, derivava il curioso nome da due parole umbre che significavano “posto alto in cui si prega”. Siccome, però, non ci sono soldi per i rifornimenti richiesti, Desportes impone una tassa forzosa di ottomila lire che sono a carico delle famiglie Oldoini, Rapallini, Federici, tre delle più abbienti.

La situazione è, comunque, molto critica. Sulle colline si vedono le bande di circa duemila insorgenti pronti a razziare come già fatto a Sarzana; una «vanguardia» austriaca forte di 200 fanti e 50 cavalieri è alle porte della città. Per questo, Miollis ordina a Desportes di trincerarsi dentro Santa Maria e ingiunge alla Municipalità di fornire quanto richiesto, specie il fieno per i cavalli, la risposta è che per lo «stato miserabile» in cui versa la Spezia conviene rivolgersi alla Municipalità di Portovenere. Inoltre, la Municipalità spezzina manda una delegazione di quattro membri presieduta da Giacomo Bertucelli, abate della Chiesa parrocchiale di Santa Maria, che illustri al comandante austriaco lo stato di povertà in cui è la città che si dichiara del tutto neutrale nello scontro in corso.

Dunque, i Francesi se ne vanno e arrivano cinque dragoni alle «dieci astronomiche» di quel venerdì due agosto, giorno che si rivelerà cruciale. Nel primo pomeriggio arriva un drappello della vanguardia; lo comanda il tenente John Molnar che intima alla Municipalità di atterrare l’Albero della Libertà. Nella risposta l’Amministrazione dichiara la propria incompetenza al riguardo per cui Molnar provvede ad abbattere l’Albero che viene dato alle fiamme.  (segue)

Alberto Scaramuccia

(da Lerici In… di maggio 2021)

Bollo di una carta bollata della P.C.R Reggenza della Spezia, creata con deliberazione del 6-11-1799

Intanto arriva la richiesta di tale Capitano Michele Cortesi che pretende 1400 razioni, cibo e alloggi per gli ufficiali, fieno per i cavalli minacciando sfracelli se non soddisfatto. Ma non c’è più roba e, per evitare il peggio, si scrive al Comandante austriaco a Sarzana per far presente che i Francesi hanno già preso tutto quello che c’era. Il Barone Kochmeister risponde di non conoscere il Cortesi (si saprà poi che è un insorgente) ma che le razioni devono essere approntate ugualmente.

Nella serata, verso le 9, entrano in città gli insorgenti guidati dal marchese Andrea Doria di Fivizzano. Lo chiamano Rodomonte ed è persona spietata che impartisce diversi ordini alla Municipalità: dar da mangiare ai suoi uomini, tenere la città illuminata, arrestare i «sospetti di giacobinismo» che lui indicherà. Nel frattempo, concede il diritto di saccheggio alla sua truppa che si accanisce contro le case dei maggiorenti locali: Codeglia, Pensa, Samengo, Federici, Torretti, Isengard, Montebruni.

Tutto viene razziato, nulla viene risparmiato. Per evitare peggiori conseguenze l’Amministrazione emana im-mediatamente un editto comandando che le armi prese ai Francesi siano immediatamente consegnate.

Rodomonte è privo di senso di umanità. Nel 1804 di lui scriverà il prete Felice Codeglia dicendo che al momento abitava a Ceparana nella casa del cognato Giacomo Giustiniani dove aveva radunato tutte le armi prese ai Francesi il 19 giugno ’99 nella battaglia della Trebbia. Gli Austriaci, conoscendo la sua ferocia, l’avevano presto fermato e la Repubblica Ligure l’aveva esiliato. Tuttavia il Marchese continuava a meditare progetti di rivalsa reclutando uomini cui diceva che «fra poco gli affari politici si cangieranno».

Intanto, torniamo al 2 agosto, un arcolano precede 4 dragoni a cavallo e 3 a piedi alle porte della città. La gente corre loro incontro urlando «viva l’Imperatore». Gli Austriaci abbattono l’Albero delle Libertà (evidentemente gli uomini di Molnar non avevano completato l’opera) e distruggono ogni emblema giacobino.

Alla sera giungono altri 20 dragoni, alla loro testa è Rodomonte con insorgenti provenienti da Follo, Bastremoli, Albiano e Arcola che saccheggiano dovunque loro capiti senza risparmiare le donne cui si tolgono ori e soldi oltre a subire violenze.

Per scongiurare lo scempio la Municipalità interviene presso il Doria che fa finire il saccheggio. Cortesi pretende e ottiene che sia rimandata a casa la Guardia Nazionale subito mandata a vigilare.

Due persone di Villafranca denunciano di essere stati derubati di un cavallo e di un orologio d’oro, ma si riesce a farglieli restituire. Resta, nonostante tutto, la paura del saccheggio così che la Municipalità ordina che per quella notte la Spezia sia illuminata a giorno ed invita tutti i cittadini ad armarsi compresi anche «gli uomini di campagna meno equivoci». Infine, tutti gli uomini fra i 16 ed i 40 anni sono chiamati a raccogliersi in armi attorno al Palazzo Civico: la città è pronta a difendersi da soprusi ed angherie.

La situazione, tuttavia, resta molto grave con la città stretta fra le imposizioni degli Austriaci e le intimidazioni degli insorgenti. Il quqttro mattina esce un’ordinanza che proibisce di innaffiare gli orti. Serve tutta l’acqua disponibile per i mulini che devono macinare e produrre farina: Doria ha comunicato l’ordine del Comandante austriaco Barone de Klenau di provvedere razioni per tremila uomini. Klenau impartisce anche severi ordini per fermare le prepotenze degli insorgenti: il mantenimento dell’ordine pubblico è essenziale, per il cui è bene accetta la delibera della Municipalità di illuminare la notte e di far girare le ronde di vigilanza.

Dunque, gli Austriaci sono alla Spezia e i Francesi si trovano trincerati a Santa Maria, la fortezza sulla punta della Castagna, e negli altri forti circostanti (Sant’Andrea al Pezzino, San Gerolamo a Cadimare, la torre del Monastero a Panigaglia), mentre circola la voce che i Russi stiano per calare da Aulla: Sant’Andrea cade dopo 20 ore di assedio.

Sembra, insomma, che per i Francesi non ci sia più scampo, ma arriva il colpo di scena. Miollis manda da Genova un corpo di Gallo-Liguri che superano gli Austriaci che controllano il passo del Bracco e da lì scendono alla Spezia. Entrano in città sabato 6 agosto da porta Genova (stava dove ora è il Museo Etnografico e Diocesano). Viene loro aperta dal sarto Pasquale Rossocci che tutti chiamano l’Ebreo. Gli Austriaci sono sorpresi da questa venuta e fuggono dalle porte Sud e Romana (stavano rispettivamente in via Cavallotti angolo Prione, ed in piazzetta del bastione. Scappano verso Sarzana inseguiti dai Gallo-Liguri che li tallonano fino ad Arcola e agli Stagnoni. I Francesi dopo quattro giorni ritornano padroni del campo ma gli Spezzini non ne gioiscono perché sanno più che bene che dovranno mantenere pure i nuovi arrivati.

Sembra che il territorio del Golfo sia servo di due padroni: la presenza degli Austriaci è consolidata a Sarzana, i Francesi avanzano pretese alla Spezia, poi ci sono gli insorgenti di Rodomonte. Forse i padroni sono tre. (segue)

Alberto Scaramuccia

(da Lerici In… di giugno 2021)

Sta di fatto che il 7 agosto 1799 il comandante dell’avanguardia francese Montserraz emana un editto in cui invita alla calma minacciando punizioni draconiane per chi trasgredisca e installa una nuova Amministrazione alla cui presidenza è Giuseppe Nobili mentre a fungere da segretario è Bernardo Battolla. Il giorno seguente le comandant impone una tassa di 8mila lire per approvvigionare i suoi soldati e dà vita ad una Commissione che ripari ai danni causati dai nemici.

Gli Austriaci, però, lungi dal ritenersi battuti, passano la Magra la mattina del 13 agosto e obbligano i Francesi che oppongono solo una piccola resistenza, a ritirarsi dentro Santa Maria dove già dal 2 agosto c’è Desportes.

Quindi, sulla Punta della Castagna ci sono i Gallo-Liguri, nel resto del territorio gli uomini di Klenau che prende subito provvedimenti per salvaguardare l’ordine pubblico: evidentemente teme che gli insorgenti con le loro violenze possano compromettere la presenza austriaca che necessita di calma all’interno per combattere i nemici. Ciononostante, Klenau crea diversi comitati i cui compiti consistono essenzialmente nel recuperare provviste per mantenere le forze di occupazioni e le loro cavalcature, sempre tenendo sotto un ferreo controllo lo stato di sicurezza del territorio. Il 16 agosto impone una tassa di 4mila lire che quattro giorni dopo diventano 8mila. Quindi, allontana gli stranieri, proibisce di mettere in mare qualsiasi imbarcazione poiché ogni natante deve restare a disposizione, ingiunge a chiunque possegga armi da fuoco, di tenerle «di pubblica spettanza», parole con cui penso si vogliano intendere i fucili da caccia.

Ovviamente, chi non ottempera alle disposizioni, sarà «trattato militarmente», cioè passato per le armi.

Stabilite queste norme per il territorio, Klenau deve risolvere il problema francese, cioè prendere Santa Maria. I Francesi si sono ritirati dai forti circostanti per difendere la roccaforte che era stata eretta da Genova alla metà del XV secolo per controllare l’accesso al Golfo del cui sistema difensivo costituiva il fulcro.

Unica eccezione fu proprio il castello di Lerici.

I Francesi che lo occupano, sono cacciati il 2 agosto ma, comandati da un certo Exemille, ne riprendono il possesso giovedì 8 riuscendo a contrastare per ben tre giorni i contrattacchi degli Austriaci che mettono sulle alture circostanti otto cannoni per bombardare dall’al-to il castello sparando sul nemico con «granate reali», proiettili a corpo cavo che trasportavano, come il melograno, esplosivo in grani: ecco perché quella bomba porta questo nome.

Alla fine Exemille non reg-ge più e si arrende ma esce da Lerici quasi vincitore con la Municipalità lericina che rilascia un attestato in cui dà atto a tutti i Francesi, dal Comandante alla “uffizia-lità” e alla truppa, di essersi comportati con onore resistendo impavidi agli assalti portati da Austriaci e insorgenti.

Ma i Francesi devono essere per forza stanati da Santa Maria. Così Klenau comanda che «infallibilmen-te» alle 4 di pomeriggio del 16 si trovino 200 sterratori con 24 muli davanti al forte di Sant’Andrea al Pezzino: costruito a cavallo delle Grazie e Panigaglia, era la base ideale per cannoneggiare Santa Maria.

Con quegli operai Klenau vuole probabilmente costruire una serie di trincee che avvicinino i suoi uomini al forte. Ma, siccome al momento gli Austriaci agiscono allo scoperto e sono facile obiettivo per i mortai francesi, i soldati di Klenau sono costretti a retrocedere in fretta e a ripararsi nella piana di San Vito a Marola.

Klenau per indebolire ulteriormente il nemico, diffonde le notizie della vittoria della coalizione a Novi avvenuta il 15 agosto, della morte in quella battaglia del Comandante francese Jaubert e della cattura di 25 cannoni della Repubblica.

Agendo sul fronte interno, il Comandante austriaco dichiara decaduta la Municipalità sostituendola con una «Imperial Regia Reggenza» che deve fare due cose: badare all’ordine pubblico e provvedere all’approvvigiona-mento degli Austriaci.

Infatti, uno dei primi provvedimenti della nuova Municipalità è quello di stanziare 4mila lire per rispondere alle richieste tanto pressanti quanto ineludibili  di Klenau.

Domenica 25 agosto si sparge in città la voce che è imminente la caduta di Santa Maria, evento al quale sarebbe seguito il saccheggio della Spezia. Tuttavia, il Comandante della piazza Barone D’Oreskovich, pubblica un avviso che smentisce quelle paure.

In ogni caso, lunedì 26 su Santa Maria si alza la bandiera bianca. Desportes e Montserraz sono catturati con i loro uomini. Da ambo le parti sono tanti i feriti. Li ricoverano all’Ospedale di Sant’Andrea che da oltre tre secoli stava in via Biassa davanti alla porta omonima (oggi la ricorda una targa sul muro della Banca d’Italia all’angolo con via Colombo). Ma il numero dei ricoverandi è tale che il Sant’Andrea non basta. Li portano allora nel convento dei Paolotti (oggi ospita il Museo Lia) che era stato appena convertito al civile da qualche mese e che sarebbe diventato la nuova sede del nosocomio cinque anni più tardi. Ma neppure questo basta e ben 60 feriti devono essere trasportati via mare a Livorno, porto del Granducato di Toscana ma sotto lo stretto controllo dell’alleato inglese.

Santa Maria era una fortezza importante e la sua caduta preoccupa molto Parigi dove il Ministro della Guerra Jean-Baptiste Bernadotte (lascerà Napoleone nel 1810 per il trono di Stoccolma) afferma a chiare lettere che il forte dev’essere ripreso.                         (segue)

Alberto Scaramuccia

(da Lerici in di luglio 2021)

Il forte di Santa Maria e il Varignano visti dalla Punta del Pezzino

Alla Spezia non ci si preoccupa di queste cose ma solo di fronteggiare le richieste incessanti di Klenau che minaccia di scatenare i Russi se non soddisfatto. Il 2 settembre 1799 pretende che il successivo 10 gli Spezzini gli facciano avere a Sestri Levante un quintale di frumento, cinquanta chili di biada e altrettanti di fieno. Non si può dire di no. Dovendo fare buon viso a cattiva sorte, si contrae un ulteriore debito di 14.000 lire che viene accollato alle famiglie più abbienti. Con questa somma la Reggenza compra sul mercato di Livorno (alla Spezia non c’è più nulla) tutta quella merce e la porta a Sestri in tempo utile.

Ma la tassazione non si ferma, anzi si inasprisce. Il 26 settembre tutti gli uomini sopra i 17 anni sono sottoposti ad una tassa di 4 lire, essendo esclusi solo «i veri mendicanti». Come se questo non bastasse, il 13 ottobre la Giurisdizione s’impegna in un debito di 50mila lire da pagarsi da parte dei capifamiglia in proporzione alle proprie sostanze con la consueta minaccia per chi si rifiuti di ritrovarsi la forza in casa. Klenau applica una seconda riforma amministrativa al territorio istituendo tre «Provvisorie Cesaree Regie Reggenze» alla Spezia, Sarzana e Levanto. Le presiedono rispettivamente Baldassarre Castagnola, Giobatta de Benedetti, Lazzaro Faraggiana; tre persone non sospette di giacobinismo. Il loro compito è soprattutto, se non esclusivamente, quello di riscuotere le tasse stabilite da Klenau.

Una di queste è la nuova carta bollata, da 4 soldi, che sostituisce la precedente della Repubblica Democratica. Di fatto a cambiare è solo il bollo. Questo nuovo è un’aquila a volo nascente, simbolo dell’Austria, che sovrasta il tradizionale stemma della Spezia: l’aquila a volo nascente sopra un castello. I due volatili somigliano più che ad aquile, a due draghetti del “Trono di Spade”.

Le tre Reggenze sono operative a partire da domenica 10 novembre. Il loro compito essendo quello di imporre tasse, ecco che lunedì 9 dicembre arriva un nuovo prestito forzoso di 25mila lire.

Si va avanti così per otto lunghissimi mesi con la Reggenza che organizza la vita del territorio. Ad esempio, giovedì 5 giugno 1880 finisce il lungo assedio di Genova. Massena non ce la fa più ed alza bandiera bianca. Per gli Austro-Russi è una grande vittoria e si festeggia dovunque. Pure alla Spezia la Reggenza con un decreto impone la celebrazione dell’evento.

Ma è una gioia breve. Napoleone è tornato. Lasciato l’Egitto, sistema le cose in casa sua e poi si volge contro la coalizione nemica che sconfigge a Marengo sabato 14 giugno 1800. Il giorno seguente impone la Convenzione di Alessandria che al- l’articolo VII stabilisce che entro il 24 i Francesi tornino in Liguria. Nell’accordo viene anche stabilito che le artiglierie ancora funzionanti debbano tornare in mano dei primitivi proprietari.

L’accordo è firmato da Austria e Russia ma non dalla Gran Bretagna che resta unica nemica della Francia.

Così dal porto “inglese” di Livorno salpa una squadra per il Golfo della Spezia. Ha il compito di neutralizzare i forti attivi sula costa occidentale.

Agostino Falconi, che fu il primo storico moderno spezzino, scrive nella sua Guida del Golfo di La Spezia del 1877 che gli Inglesi minano la torre pentagonale di San Giovanni Battista alla Scola il 23 giugno e il giorno seguente Santa Maria. Vogliono farla saltare per aria ma, forse per la fretta, collocano male l’esplosivo sì che le cariche intaccano solo i rampari, i terrapieni difensivi posti a difesa delle mura. Lo studioso aggiunge che i Britannici si portano via anche le dodici colubrine, artistiche produzioni di Pompeo Rocca. Erano soprannominate “I Dodici Apostoli” e gli Inglesi, secondo Falconi, se le portano alla Torre di Londra dove asserisce essere alla data in cui scrive.

Il Professor Franco Marmori sull’episodio è più preciso. Disponendo di documenti dell’Ammiragliato, scri-ve che due legni battenti bandiera britannica, l’Alexan-der e il Santa Dorothea, arrivano nel Golfo sabato 21 ed immediatamente si mettono a depredare i forti di San Giovanni e di Santa Maria. Del primo fanno saltare i muri perimetrali, l’altra cercano di farla saltare con i risultati già detti. La domenica 22 iniziano a trasbordare i Dodici Apostoli per fare poi vela per Livorno il 26. Sono, perciò, fuori del tempo massimo stabilito dalla Convenzione e forse alla fretta di andarsene per non incappare nei Francesi si deve la scarsa precisione nel minare Santa Maria.

Marmori aggiunge anche una nota interessante.

Il Granducato di Toscana, che evidentemente ne era il reale proprietario, chiede al-l’Ammiraglio George Keith la restituzione delle dodici colubrine, ma il Lord risponde essere quella questione che riguardava l’Ammiragliato.

Quale fu la fine delle colubrine resta un mistero. Una ventina d’anni fa il professor Marmori in una conversazione che ebbe con me si disse sicuro che mai i Dodici Apostoli arrivarono a London Tower.              (fine)

Alberto Scaramuccia

PS: Il testo è stato scritto seguendo fedelmente il libro L’occupazione austro-anglo-russa del Golfo della Spezia agosto 1799-giugno 1800 che Ubaldo Mazzini pubblicò nel 1913.