* (Toponimo dal greco tòpos, “luogo”, e ònoma, “nome”)
TOPONIMI IN ORDINE ALFABETICO
(da Lerici In di settembre 2016 e successive 11 puntate)
Arpara, Bagnola, Muggiano… sono nomi di luoghi la cui origine si perde nella notte dei tempi. Hanno sempre un loro fascino, anche se la toponomastica è scienza altrettanto oscura che procede a tentoni fra ipotesi spesso fra di loro contrastanti.
Ci siamo mai chiesti perché ci sono tante denominazioni di località che hanno come suffisso –ano/ana (Sarzana, Muggiano, Carbognano, Trigliano) oppure –asco/asca (Valdurasca, Barbarasco…)? Le denominazioni che terminano in –ano/ana quasi sempre derivano dai nominativi dei romani colonizzatori e proprietari di tali terre mentre quelli che finiscono in –asco/asca indicano un’origine che risale ai Liguri preindoeuropei.
Ecco allora i più plausibili significati di alcuni toponimi * del nostro territorio.
Maria Luisa Eguez
Arpara si fa risalire al latino tardo medievale con l’accezione di “luogo dove nidificano i falchi pescatori”; è una via che si trova a Lerici dirimpetto a Falconara, altro toponimo di chiara matrice faunistica; a Portovenere ne troviamo la variante in Cala dell’Arpaia o Grande Arpaia e Piccola Arpaia.
Bagnara: si tratta di un nome di località diffuso in varie parte d’Italia (per esempio, Bagnara di Romagna, Bagnara Calabra o Via Bagnara a Portici, Napoli) con riferimento ad “acque zampillanti” o “terreno paludoso”; si fa derivare dal latino “balnearia”, “luogo bagnato” per la presenza di polle o, nel nostro caso, di un canale, ma forse anche “luogo di balneazione” (con riferimento alla prossimità del mare).
Bagnola (località Bagnèa, in dialetto) si trova sopra San Terenzo e in epoca medievale era un sito fortificato; si tratta di un altro toponimo diffuso in ulteriori varianti in diverse località d’Italia (Bagnoli di Napoli, Bagnolo Piemonte, Bagnolo del Salento …); il termine si riconduce in ogni caso al diminutivo di “bagno”. La presenza copiosa di acque potrebbe anche, secondo antichi documenti, riferirsi ad acque termali, benefiche, dall’effetto medicinale come Li Bagni del Muggiano, di San Bartolomeo o del Molinello.
Barbazzano: in dialetto suona Barbasàn, dal nome latino Barbatus (come nel caso del console Cornelio Scipione Barbato, il cui sarcofago è conservato nei Musei Vaticani) trattandosi di un insediamento romano risalente al secondo secolo a. C. Più difficile far risalire questo toponimo al sostantivo “barbacane”, d’etimo incerto, che serve a designare, in un’edificazione militare, uno sperone addossato alle mura o una struttura avanzata di difesa. Si chiamano Barbazzano (da Barbatianus) anche un popoloso rione della città di Pagani, in provincia di Salerno, ed una via della stessa città.
Bellavista: si tratta di una denominazione molto recente che non risulta sulle antiche carte topografiche, usata per indicare molti scorci panoramici non solo in italiano ma anche in spagnolo: città del Perù, Argentina, Messico, Paraguay si chiamano così.
Campo di Gia’: questo toponimo, di non antica attestazione, deve probabilmente tale denominazione non al mitico dio Giano della religione romana, bensì a tale Giacomo Rossi, proprietario terriero della fine dell’Ottocento.
Canae dar Lin: l’italianizzato “Canale del Lino” c’entra poco con il lino, anche se questa fibra vegetale è sempre stata messa abitualmente a macerare nei canali; in realtà si tratta del “Canae d’Arlìn”, “Canale d’Arli(a)no”. “Arliano” è un toponimo di origine romana il cui territorio viene citato nel Codice Pelavicino entro i confini del castrum di Barbazzano. Un altro Arliano lo troviamo anche fra le circoscrizioni di Lucca.
Canale di Romito: anticamente era chiamato Canale di Remaggio, da Rivus Major, “ruscello o torrente più grande”. Sempre dal termine Rivus Major nasce il nome del paese di Riomaggiore.
Caposanto: L’attuale Via Cavour prima di essere dedicata allo statista risorgimentale era denominata “Caposanto”, “Camposanto”, cioè “strada che conduce al cimitero”. Difatti sino all’epoca napoleonica i lericini venivano sepolti, come in uso dovunque, accanto (o dentro) alla chiesa.
Carpaneta: si tratta di un fitonimo (nome derivato dalla presenza di piante) che indica un insieme di alberi e si trova attestato in varie parti d’Italia: come tale, è il nome di una frazione di Licciana Nardi (MS), ma anche Càrpena (nome di paese e cognome di persone) può essere ricollegabile a questa radice semantica. Il carpino bianco è un albero appartenente alla famiglia delle Betulacee tipico delle fasce miti dell’Europa occidentale e affine al nocciòlo.
Casella: il fosso di Casella si trova fra quello del Lino e quello di Carbognano. In italiano è “Casèlla” con la “e” aperta, mentre nei dialetti liguri del Ponente è “Casélla” con la “e” chiusa; il toponimo deriva probabilmente da “cassella”, nome con cui erano chiamate le case coloniche con la stalla al piano terreno e l’abitazione al primo piano. Esiste anche, in provincia di Genova, un comune chiamato Casella.
Catena: sembra un toponimo molto ovvio, in realtà la sua origine è incerta. A Marghera (Venezia) viene fatto derivare da un’espressione dialettale che designa un canale di scolo, ma non si può escludere un riferimento orografico, dal momento che la Catena (o le Catene) è situata in una località sopraelevata. Il toponimo è diffuso anche in Toscana, nei comuni di San Miniato (Pisa), Quarrata (Pistoia), e in altre parti d’Italia, come il comune di Aci Catena (Catania), una zona di Benevento, una località di Treviso ecc …
Cento Chiavi: deriva dall’espressione “Cento Chiavichelle” indicando quindi la presenza di molteplici piccoli rivi d’acqua.
Cerri: si tratta di un altro fitonimo, nome che deriva da una pianta, in questo caso il quercus cerris, della famiglia delle fagacee.
Carbognano è un toponimo che trae origine quasi certamente dal nome della gens romana dei Carbo/Carbones con l’aggiunta del suffisso -anus indicante appunto un’appartenenza: “terra dei Carboni”.
Debbio: il debbio (o addebbiatura) è un antico sistema usato per fertilizzare un terreno bruciandone la vegetazione; questo toponimo si riferisce dunque a terreni boschivi conquistati all’agricoltura mediante tale pratica.
Er canae da Isaela: Altro canale, che ha origine in territorio spezzino, è quello che scorre al di sotto di Via Garibaldi a San Terenzo da dove sfocia in mare; è denominato “Isaela” o “Issaela” e italianizzato in “Lizzarella”. Il toponimo potrebbe indicare un boschetto di lecci, dal momento che in dialetto “lizza” sta per “leccio”.
Fiascherino: L’etimo di questa località si fa generalmente risalire a una di queste due ipotesi: dal dialetto “fia scaìn”, “fila di scalini”, “scalinata” per il dislivello che scende a picco sulla costa; oppure da “skàlia”, “frammento, scaglia di pietra”, “roccia che si sfalda”, toponimo che si riferisce agli aspetti morfologici del territorio ricco di scisti, tant’è vero che vi esiste la cosiddetta “Ròca morta” (“Roccia morta”), un enorme sperone che si sfalda.
Fodo: si tratta di un toponimo che sta ad indicare un bosco fitto; questo nome ed il luogo che lo porta sono diventati celebri nella storia locale per aver ospitato durante la Resistenza una tipografia clandestina.
Fondo (vicolo di): è un toponimo, con quelli “di mezzo” e “di cima”, che indica i tre vicoli del borgo medievale lericino paralleli alla costa.
Fosso Maccarani: Il bacino del fosso Maccarani si estende da nord verso sud ed è delimitato dal bacino del fosso Portiola a ovest e dal bacino del fosso della Costa ad est. Prende il nome da un’antica famiglia romana (gli Aelii dell’antichità classica) poi toscanizzata (gli Agli d’epoca medievale). Gli Alli Maccarani (o Aelii oppure ancora Ailli e Agli, come si sono chiamati in oltre due millenni di storia i Maccarani), è uno dei pochi casati tuttora esistenti che possa dimostrare la propria continuità dai tempi della repubblica romana ad oggi. Alla dinastia degli “Alli Maccarani” lo studioso Enrico Nistri ha dedicato un libro dal titolo “Gli Alli Maccarani – Una casata attraverso venticinque secoli di storia” (ed. Polistampa, 2010). In un’area che va dalla Toscana a Nizza i loro possedimenti e quindi i toponimi da essi derivati.
Ghetto: il termine indica in tutta Italia la presenza di una comunità ebraica costretta a vivere in un quartiere separato dal resto della popolazione cristiana dopo la bolla antisemita Cum nimis absurdum emanata da papa Paolo IV il 14 luglio 1555, che portò alla creazione del ghetto di Roma e degli altri che di conseguenza nacquero in tutta Europa. Sul significato della parola la tesi più accreditata è quella che la fa nascere dal vocabolo getto, in quanto a Venezia (dove esso è attestato sin dal 1556), corrispondeva alla zona delle fonderie pubbliche (getti). Ed anche a Lerici, proprio ai piedi del castello, si fondevano bombarde. Un’altra tesi, meno plausibile, fa derivare il lemma da una contrazione di borghetto, piccolo borgo o quartiere. Una presenza significativa di ebrei a Lerici, provenienti principalmente da Livorno, data dalla metà del Seicento. Il ghetto lericino è un interessantissimo caso di graduale assimilazione per cui una significativa parte di famiglie locali è di ascendenza israelita.
Guercio (località): questo toponimo non ha niente a che fare con gli ipovedenti ma si riferisce ad un bosco di querce, un querceto. A questo genere di piante appartengono circa 450 specie, che vanno dagli arbusti ad alberi maestosi, tipiche del bacino mediterraneo. La quercia, molto diffusa nel territorio, si legherebbe poi al nome dell’intero comune: Lerici infatti deriva, secondo l’ipotesi più accreditata, da (Quercus) Ilex, il leccio, detto anche “elce”, che però fa parte di un’altra famiglia arborea, quella delle Fagaceae.
Gozzano: Via Brigate Sap si chiamava sino a quest’ultima intitolazione “Via del Gozzano” e la mente così va automaticamente al celebre poeta crepuscolare Guido Gozzano (1883-1916); in realtà, tale toponimo è già attestato in loco almeno dal XVI secolo e deriva dal prediale latino “Gaudianum”, traducibile come “possedimento di Gaudio”. Esiste un omonimo comune in provincia di Novara. Il cognome “Gozzano” del poeta Guido deriverebbe quindi da un nome di luogo e non viceversa.
“In Tragià”: Questa denominazione significa “tra la ghiaia” in riferimento al litorale ciottoloso antistante l’abitato lericino.
Le Sare: La probabile derivazione è dalla parola “sale”, come luogo in cui si concentravano i magazzini del sale, distribuiti un po’ su tutto il litorale italiano. Nel Medioevo il commercio del sale era di importanza fondamentale perché non solo esso è sempre servito in grandi quantità per l’alimentazione sia umana che animale ma anche perché indispensabile per la conservazione degli alimenti e per attività, come il trattamento del cuoio e del pellame, tipiche per esempio della vicina Toscana ma anche da noi esiste una “Via della Concia”. Con la denominazione “Via del Sale”, poi, gli storici indicano le antiche strade che scendevano, attraverso l’Appennino, dalla pianura padana e dalle zone collinari dell’Italia settentrionale fino al litorale ligure.
Legua: termine pronunciato con la “e” chiusa, in lericino significa “lepre” ed è un toponimo faunistico che si trova nei terrazzamenti di Maralunga; così è denominata anche la spiaggia dietro al castello di Lerici.
Secondo un’altra ipotesi ben conosciuta di Enrico Calzolari i Monti Branzi si chiamerebbero così dalla radice celtica bram che starebbe ad indicare una pietra di forma fallica. Volendo ricercare differenti congetture per analoghi toponimi, troviamo nel bergamasco il paese di Branzi, il cui appellativo deriverebbe da branz, cioè “dente di forcone”, l’arnese adoperato per raccogliere il fieno. E Branzi è ancor oggi il nome di un formaggio fra i più caratteristici ed antichi dell’ Alta Valle Brembana, nelle Alpi Orobie, inserito nell’elenco dei prodotti agroalimentari tipici della Lombardia. Il riferimento sarebbe quindi ai pascoli, al fieno, all’allevamento ed alla conseguente produzione di formaggio.
Maralunga e Maramozza sono due lingue di terra proiettate nel mare dietro all’altra propaggine su cui poggia il castello di Lerici. I loro nomi corrispondono rispettivamente a “marra lunga” e “marra mozzata”, cioè “corta”. Con il termine marra si indicano almeno tre tipi oggetti di forma triangolare: in agricoltura una specie di zappa usata per lavorare la terra in superficie; in gergo marinaro la parte finale dei bracci di un’ancora; fra gli arnesi dei muratori è sinonimo di cazzuola. Infine questa parola latina può indicare anche un mucchio di sassi. Il Codice Pelavicino riporta il nome di Cala Solitana per l’insenatura della Caletta situata fra i promontori di Maralunga e Maramozza. Qui alcuni decenni fa è stato rinvenuto il relitto di una nave che trasportava tre grandi porzioni di colonne di marmo ed anche questo è un nesso significativo in relazione alla romanizzazione del Monte Caprione.
Marigola: Il toponimo che ha dato l’attuale nome al Centro Congressi della Cassa di Risparmio della Spezia, antica dimora prima dei marchesi Ollandini e poi del banchiere inglese Reginald Jenkin Pearce, deriverebbe dal latino “Maris gula”, in cui il termine “gula” (gola) ha l’accezione di “insenatura, golfo, rientranza della terraferma”.
Marola: potrebbe trattarsi di un patronimico dalla famiglia romana dei Maruli, che sarebbero quindi stati i proprietari della zona, oppure dalle parole “marula” o “mara”, col rispettivo significato di “palude” e “canale”; ma se ipotizziamo la caduta fonetica di una erre, allora abbiamo sull’altro lato del golfo il corrispettivo di “maralonga” e “maramozza”, in un derivato dalla parola “marra”, penisoletta a forma di falce.
Anche Muggiano ha la sua probabile derivazione da un nome gentilizio romano, “Modius”, da cui “Modia-nus”, Modiano e poi Muggiano; esistono altre località omonime (per esempio, una presso Baggio Milanese) ma sono collegabili a questo toponimo anche Borgo a Mozzano (Lucca), Muzzana del Turgnano (Udine) o Mougins (dipartimento delle Alpi Marittime, Francia, città gemellata con Lerici).
O Pertùso: “O Pertuso” significa “il pertugio”, “stretto passaggio”, “fessura” ed era uno degli scorci più suggestivi fra le due spiagge del Lido e della Venere Azzurra, ampiamente utilizzato come sfondo nei ritratti fotografici dei bagnanti (e soprattutto delle bagnanti) dei primi del Novecento sino al secondo dopoguerra.
Piana e Canale del Marcio, poi detti “del Marzo”: con il termine “Marcio” non s’intende un qualcosa di avariato, decomposto, una zona acquitrinosa o un ristagno d’acqua, così come “Marzo” non ha niente a che fare con l’omonimo mese. E allora? Allora si tratta di un eponimico, cioè ci si riferisce al nome di un console, in questo caso Quinto Marcio Filippo. Era uso dei romani, si sa, denominare un anno o una costruzione (vie Appia, Aurelia, Cassia, Emilia, Flaminia, ecc…) dall’uomo politico che era all’epoca al comando e che aveva fatto realizzare quella determinata opera pubblica. Quinto Marcio Filippo nel 186 a. C. fu, dunque, il protagonista dell’epico scontro tra i Liguri Apuani e le legioni di Roma da lui condotte. Sul terreno impervio del nostro territorio l’imponente macchina da guerra delle legioni romane, invincibile in pianura per la tattica e la preponderanza di uomini e mezzi, ebbe la peggio: andarono perse tre insegne delle legioni e undici degli alleati. I Liguri-Apuani vinsero usando la strategia delle imboscate, con gli attacchi “mordi e fuggi”. Gli invasori romani, secondo le stime dello storico Tito Livio, lasciarono così sul campo oltre 4.000 uomini, compreso lo stesso console. A questa guerra si fa ricondurre il ritrovamento di un elmo romano , avvenuto in tale area nel 1777.
Pianazze: è una denominazione questa che ricorre in altre località (per esempio, nel comune di Rezzoaglio, Val d’Aveto, provincia di Genova) e designa, con ogni probabilità, una località costituita su più livelli spianati (“piane”), caratteristica specifica del territorio ligure.
Pitelli: questo toponimo si potrebbe meglio ipotizzare a partire dal fatto che, andando dal paese verso Spezia, al Canaletto, dopo l’Autorità Portuale, ci imbattiamo in via Campitelli, che sbocca in viale San Bartolomeo. Campitelli è una denominazione che troviamo piuttosto diffusa in altre parte della Penisola: Tivoli (Roma), Portici (Napoli), Ceccano (Frosinone), ecc…; e in tal modo si chiama anche il decimo rione di Roma. Se il suo significato, come altrove ipotizzato, è quello di “piccoli campi” o “campi sterrati” ben si attanaglia anche da noi al fatto che, scendendo da Pagliari, ci si ritrovi in quella che in tempo era una vasta zona di campi coltivabili o coltivati. Visto che siamo in ambito romano e che a Muggiano, per esempio, sono state trovate tracce di ville romane, non è improbabile l’ipotesi di un insediamento proprio sopra che avesse preso il nome da una gens. E fra i nomi (per noi cognomi) latini ci sono quelli della gens Poetilia e della gens Petillia; in questo caso Pitelli si ricollegherebbe perfettamente ad altri toponimi come San Marcello Piteglio (Pistoia) e Pitigliano (Grosseto).
Portesone e Partesela: sono due sinonimi correlati nell’ipotesi di “Partesone” col significato di “grande manso” e “Partesella” nel senso di “piccolo manso”; il manso nell’economia medievale è un appezzamento di terreno abbastanza grande da nutrire un’intera famiglia che aveva l’obbligo di pagare un affitto in denaro, devolvere una parte del raccolto e prestare dei servizi gratuiti al signore proprietario di quelle terre. Le varianti del toponimo Portesone contenute nel Codice Pelavicino (Portasono, Portexono, Portexoni, Portesione, Portisione, Portessone ecc…) però in genere si avvicinano molto di più al significato di “porta, accesso”.
Pozzuolo: il toponimo deriva dal latino puteolum, “piccolo pozzo”. Anche in altre località italiane abbiamo siti con tale nome, al singolare o al plurale a seconda dei casi. Il più celebre è Pozzuoli, comune della città metropolitana di Napoli, situato nei Campi Flegrei (cioè “ardenti”, perché in area vulcanica) e noto per il fenomeno del bradisismo. Ma abbiamo anche un Pozzuolo in Friuli, in cui è ancora oggi visibile il pozzo costruito dai romani. Altri Pozzuolo: nella Valle del Metauro (Pesaro e Urbino), nel comune di Castiglione del Lago (Perugia) e Pozzuolo Martesana (nell’area metropolitana di Milano).
Revellino: il termine “revellino” o “rivellino” indica un tipo di fortificazione posta a ridosso di una maggiore, in genere davanti alle porte, per rafforzarne la difesa. Nel caso di Lerici il revellino è a protezione della porta originaria del suo castello e difatti “Via del Revellino” ne è proprio situata ai piedi.
Rimembranza (Parco e via): è un vocabolo romantico che indica il ricordo inteso come rievocazione, memoriale di persone e fatti, senso della consapevolezza d’appartenere a un luogo e alla sua storia.
Rio Maggio: è un affluente di sponda destra del fiume Magra; anche qui, come altrove, “maggio” non designa un mese dell’anno, si tratta invece dell’aggettivo “maggiore”.
Rio Molini: Il bacino di questo rio è situato a sud del bacino del fosso della Costa e la denominazione (come anche via de’ Molini in pieno centro di Spezia) accenna alla presenza di mulini nella zona.
Sarzana: il nome della città deriva dal femminile di un prediale (cioè da un toponimo, d’origine quasi sempre romana, che indica un possedimento terriero): Sergiana, da Sergius, Sergio, appartenente alla gens Sergia. Come nome proprio di persona, oltre a Sergiana, abbiamo anche attestato il maschile Sergiano, entrambi ovviamente con il significato di figlia/o o nipote di Sergio.
Senato: Questo toponimo avrebbe solo indirettamente a che fare con l’omonima organizzazione di tipo parlamentare, perché il senato d’epoca romana deriva dal termine senex, “anziano”, plurale senes, quindi sta per “assemblea degli anziani”. Secondo una tesi sostenuta dal prof. Enrico Calzolari, l’origine del termine sarebbe sacrale (come del resto anche il primo compito dei senatori romani, che era di tipo religioso dovendo essi sorvegliare i culti, controllare i collegi sacerdotali e fondare templi), ma deriverebbe dalla parola çernatus, attestata nelle Tavole di Gubbio, che significherebbe “cena”, in riferimento alla cena che gli anziani delle tribù paleo-umbre di Lunigiana facevano la sera precedente alle loro festività, per scegliere gli immolatori e gli animali da sacrificare alle divinità.
Sotto i Monti Branzi, in località Senzano (in dialetto Sensàn, dal gentilizio romano Sentius, Senzio) si trovano i ruderi di una cisterna romana a tre arcate, presso la quale sono stati rinvenuti molti cocci, fra cui una base d’anfora con incisa la scritta Rufus, che si fa risalire ad una officina attiva a Luni ed Arezzo nel primo secolo d. C., quindi ci troviamo anche qui, ancora una volta di fronte all’onomastica latina con il noto suffisso -ano, che indica appartenenza.
Solaro: Questo toponimo derivare dal latino solarium, che significa “luogo esposto al sole, soleggiato” ed il perché è evidente dalla esposizione del paese. È un termine assai diffuso anche, per esempio, nella toponomastica lombarda: Solaro è un comune situato al confine con la provincia di Varese, una ventina di chilometri a nordovest di Milano. Ne esiste anche la variante “Solariolum” (chiesa di S. Maria in Solariolo, che sorgeva prima dell’XI secolo sull’area dell’attuale chiesa di S. Fedele a Milano, vicino alla piazza della Scala).
Spiagia d’i morti: La bella “Baia Blu” viene così chiamata dal secolo scorso ma il suo nome popolare è stato, e per qualcuno continua ad essere, un altro, molto meno allegro: “Spiagia d’i morti”. La motivazione si trova nel gioco delle correnti marine per cui i corpi degli annegati (o delle vittime in mare durante la guerra) venivano restituiti dai flutti alla terraferma proprio su questa spiaggia.
Stagnoni: in prossimità dei Boschetti (“piccoli boschi”) c’era sino a tutto il medioevo e oltre una vasta zona paludosa (appunto i “grandi stagni”, cioè laghetti chiamati localmente “profondare”), che era ambita sia da Spezia che da Vezzano, perché ricca di cacciagione migratoria e soprattutto in quanto adattissima alla coltivazione ed alla macerazione di lino e canapa. Per questo nel 1465 scoppiò una grossa lite fra spezzini e vezzanesi che interruppe per lungo tempo i commerci fra le due comunità. Nella zona ci sono altri due toponimi in riferimento: Canaletto, “piccolo canale”, e Fossamastra, “fossa maestra/maggiore).
Strada Neva: Via Oronte Petriccioli, prima di essere dedicata al giovanissimo partigiano trucidato il 22 gennaio del ’45, era chiamata “Strada Nuova”, nata dalla copertura del canale che vi scorre sotto.
Tellaro: Il toponimo Tellaro secondo alcuni potrebbe derivare dal latino “Tellus Ara”, cioè “Altare della (dea) Terra” con riferimento alla presenza nel territorio dei cavanèi ma, nella sua forma più antica (e quindi più appropriata) attestata in numerosi documenti sin dal 1276 ed ancora presente nella “Via Telaro” di Muggiano, è sempre scritto “Telàro” con una sola elle. Altri fanno derivare questo nome dal paleo-ligure “tulàr” col significato di “confine del villaggio” o “villaggio al confine” per la sua posizione estrema rispetto al territorio adiacente
Treggiano: questo nome deriva con ogni probabilità dal latino “Trivianus”, che significa “tre vie”.
Un altro prediale romano è Verazzano: Villa di Verazzano è un poggio sottostante la Serra. Con il solito suffisso in -ano, indica l’appartenenza a una gens, in questo caso quella dei Veratii. Il toponimo richiama immediatamente alla memoria uno dei più famosi navigatori a cavallo fra il XV e il XVI secolo, Giovanni da Verrazzano, nativo del Castello di Verrazzano (Greve in Chianti, Firenze).
Tra a Bastìa: La zona dietro al castello di San Terenzo è denominata “Tra a Bastìa” con riferimento ai rinforzi lato mare della sovrastante fortificazione. Per Bastìa, toponimo diffuso che è diventato anche nome proprio di città (in Corsica), s’intende una costruzione militare costituita da un muro massiccio attorno alle torri d’una fortezza.
Trebbiano: è un toponimo attestato anche nel Ponente ligure, nei domini di un ramo dei Malaspina. Sappiamo tutti che questo è il nome di un celebre vitigno. C’è chi lo fa risalire alla parola tribulo che designa una specie di erbaccia mentre, in questo caso, non sembra riconducibile a un prediale romano, ma piuttosto a trebulanum, trivio, incrocio di tre vie, come Treggiano. In provincia di Chieti esiste poi un sito archeologico sannita denominato Trebula.
Verbicaro: San Terenzo deve il suo attuale nome a Terenzio, monaco medievale (VIII secolo) di origini scozzesi, che fu il sesto vescovo della diocesi di Luni e venne poi ucciso da pagani o predoni nei pressi di Avenza. Secondo la leggenda, i giovenchi che trainavano il carro contenente il suo corpo furono lasciati liberi di dirigersi dove avessero voluto e, laddove si fossero fermati, lì sarebbe nato il culto delle sacre reliquie. Fu così che il santo martire venne venerato in due distinte località: San Terenzio al mare e San Terenzio ai monti (nel comune di Fivizzano, provincia di Massa-Carrara). Ma il borgo affacciato sul mare aveva già un suo nome latino: Portiolo, col significato più probabile di “Piccolo porto” ma interpretato anche come “Porto dell’olio” per il commercio già attivo almeno dall’epoca tardo-romana del prezioso alimento. Meno noto e decisamente interessante è però un terzo toponimo per indicare il paese: “Verbicaro”, volgarizzazione dell’espressione evangelica “Verbum caro [factum est]”, “Il Verbo si fece carne” (Gv 1, 14).
Via Militare: fu denominata e si chiama ancora così la via di connessione fra Pugliola e Pozzuolo perché costruita allo scopo di rendere agevoli i collegamenti con le tre fortificazioni militari dei Pianelloni, Santa Teresa e Falconara (quest’ultima non più esistente per il devastante scoppio del ’22). Le “Tre Strade”, cioè il trivio che raccorda Pugliola, Pitelli (e poi Arcola) e Pozzuolo (quindi Pertusola e Muggiano), sono popolarmente ancora dette “Le Baracche” proprio perché sito di insediamento degli operai impegnati nella costruzione dei forti.
Maria Luisa Eguez