Balcone degli innamorati dietro il Circolo velico Erix

(da Lerici In di dicembre 2020)

Prima che fossero rimossi da tanti che erano, a Tellaro li vedevi prendere il sole distesi al balcone degli innamorati. E come potevi dar loro torto se avevano scelto proprio quel posto per far respirare il loro amore?

Del resto, è storia datata di tradizione antica. Nacque quando un militare appena congedato lo attaccò alla ringhiera di un ponte nei cui gorghi scagliò la chiave per dire che con la naja lui aveva chiuso. Poi lo richiamarono, ma questa è un’altra storia. Tuttavia, il suo gesto divenne moda, ma confinata nel- l’orbita delle stellette.

A farla diventare usanza universale provvide Step che dopo aver inventato che il precedente amore per Babi stava sopra al cielo per ben tre metri, diventato pazzo per Gin, dopo aver serrato un lucchetto che è di questo che stiamo parlando, alla ringhiera di ponte Milvio, gettò la chiave nelle acque una volta bionde del Tevere.

Al gesto seguì la favola metropolitana che solo quan-do, e se, il dio Tiberino avesse restituito la chiave, sporgendola in alto dalle acque, come fece la Dama del Lago con Excalibur, il loro amore avrebbe conosciuto la fine.

Come sia poi finita non si sa, ma io sono convinto che Step che è un gran briccone, ha ripetuto il gesto con chissà quante altre incapace di escogitare qualche cosa di nuovo: l’avesse inventata, lo avremmo di certo saputo.

Fatto sta che da allora di lucchetti attorno alle ringhiere di ponti, balaustre, balconi e di qualunque altra cosa provvista di sbarre, ne abbiamo visti a bizzeffe tanto che, dove mancano i fiumi e non ci si affaccia sul vuoto, ogni cosa munita di appiglio è diventata buona per diventare segno di un amore più duraturo del bronzo.

Vedi tu che cosa è successo nella nostra Lerze. Le coppie s’incamminano, magari per cercare il loro amico prediletto, il buio, verso il Circolo Vela Erix. Se svoltano alla sua sinistra s’imbat-tono in un cartello che recita “Belvedere” e invita a salire qualche gradino. Non è gran fatica ma anche la fosse, ne vale la pena ché la scala immette in una nicchia cesellata nella roccia dal bulino di Madre Natura, artista impareggiabile.

Quel riparo l’ha scavato il sale portato dall’onda quando è furiosa, l’ha svuotato il vento con folate potenti e refoli improvvisi, l’ha ricamato la tempesta quando scaglia la pioggia a battervi sopra quale martello su incudine.

Ma che gran risultato! Un terrazzino sul mare piccolo al punto giusto per ospitare due persone, ma che si tengano bene strette mentre guardano la distesa salmastra che si apre sull’oriz-zonte. Panorama bellissimo ma ecco che un giorno la falesia comincia a incrinarsi, a perdere pezzi che rotolano giù sollevando schizzi al-l’impatto con il flutto. Il piccolo paradiso rischiava di perdersi, unico rimedio era ingabbiarlo dentro una rete di metallo. Ecco l’aggancio per mettere il lucchetto dell’amore (foto sotto), qual-cuno abbottonato all’esile filo della rete, qualche altro a un più solido cavo di ferro: dipende dal materiale con cui era costruita la freccia di Cupido.

E sì! Non pochi di quelli che sono passati dal Belvedere hanno lasciato il segno della loro presenza serrando un lucchetto a una maglia della rete e chissà, forse uno di quei lucchetti l’abbia messo proprio Step!

Alberto Scaramuccia