In “Lerici in…” del novembre 2017, con il titolo “Ricordi dell’ultima guerra” , il Prof.Enrico Calzolari, mio carissimo amico e compagno di giochi al PRADO di Lerici, espone tra le molte altre storie un ritratto dell’ing. Bibolini . Questa controversa figura è già stata presentata sullo tesso foglio da Paolo Ghigliazza nel numero del Gennaio 2014 ed io, sul numero successivo dell’Aprile 2014 , avevo esposto le mie opinioni in merito .Questo mio interesse nel giudicare un personaggio ,importante per Lerici, ma altrettanto importante per la storia del fascismo, deriva dal fatto,forse casuale o forse no ,che in questi ultimi tempi sta avvenendo in Italia una forma di revanscismo e di violenze a sfondo fascista che impressiona. Io credo che in un giornalino redatto da insegnanti e alunni di una scuola, che arriva gratuitamente in molte case e viene letto da molta gente ,sia bene che l’argomento venga approfondito. I più giovani, che non hanno dovuto sottostare al fascismo , possono non comprendere gli effetti negativi di una ricostruzione parziale di una figura rilevante nella vita lericina. Si rischia di darne una rappresentazione unilaterale ( faziosa?) e fuorviante ai fini didattici . La storia lascia sedimentare i giudizi in modo che le persone direttamente coinvolte vengano allontanate dal tempo e amicizie personali o familiari o interessi politici, ammiccanti all’ideologia fascista, non interferiscano con i fatti ,oppure al contrario, e questo è il mio caso, persone che hanno avuto dal fascismo enormi sofferenze . Nel nostro caso i fatti parlano chiaramente di un altro lato della persona dell’Ing. Bibolini Giobatta: nella prima parte della sua vita fu un fascista impegnato a livelli decisionali .Nel 1929 era già deputato e lo rimase per tre legislature,l’11-03-1939 fu nominato con decreto del duce alla Camera dei fasci e delle corporazioni come membro della Corporazione del mare e dell’aria ,nel 1942 il 5 Gennaio fu nominato senatore e la stessa carica ricoprì nella Repubblica Sociale Italiana alleata dei nazifascisti . Egli porta la responsabilità di tutte le atrocità che da quella scelta derivarono. Voglio ricordare che il 14-luglio- 1938 venne ultimato il cosiddetto Manifesto degli scienziati razzisti e che l’antisemitismo fascista divenne definitivo il 6 ottobre del 1938 con la Dichiarazione della razza umana emanata dal Gran Consiglio del Fascismo. Si vede dalle date e dall’importanza delle cariche ricoperte che onere questa persona porta su di sé: svolse la sua attività politica nel pieno di una cultura politica di violenza e razzismo senza scrupoli. I risultati di quella cultura si vedono nelle lapidi dei cimiteri e nei cimiteri di guerra sparsi in tutto il centro e nord d’Italia .Le elargizioni alle chiese e le opere benefiche non sono pentimenti, ma mezzi per lavarsi la coscienza con sistemi ,oggi si direbbe , mafiosi . Chissà quante persone, quanti ebrei o quanti che furono elencati come sottospecie umana dalle leggi razziali ancora oggi fremono in silenzio leggendo l’esaltazione del senatore Bibolini .

Franco Valtriani

Rispondo volentieri alla lettera inviata dall’amico Franco Valtriani al giornalino . Credo che la Sua lettera serva di chiarimento a un grande problema di comunicazione storica, cioè l’incontro fra la macrostoria (che riguarda gli stati del mondo e lo stato italiano) e la microstoria (che riguarda il nostro territorio). Tutto il mio sforzo di insegnante e di ricercatore è stato volto a cercare di chiudere la voragine che esiste fra i due settori di informazione, e quindi di formazione delle nuove generazioni. Il riapparire di gruppi giovanili che hanno subito l’appello del nazi-fascismo denota un deficit di formazione storica equilibrata della scuola e dei media, peraltro in un momento storico in cui la scuola non è più la prima agenzia educativa, surclassata dapprima dalla televisione e ora dalle varie tipologie di apparecchi elettronici portatili. Prezioso appare sempre più, per fornire alle nuove generazioni radici antropologicamente legate al territorio, l’opera di stampa locale impegnata nello svelare la microstoria. Nel caso specifico dell’armatore Bibolini è indubbio che egli abbia agito personalmente e attivamente a sostegno del regime fascista, mentre la stragrande massa degli Italiani abbiano agito passivamente paghi di una certa pace sociale ottenuta con il manganello e con l’olio di ricino, oltre che con i pestaggi, il carcere e le uccisioni più atroci, attuate anche all’estero. Va osservato però che il compito di spiegare cosa fu il regime fascista, le sue nefandezze, e soprattutto come contribuì a far scoppiare la tragedia della Seconda Guerra Mondiale, non è però compito del giornalino locale , ma di tutto l’apparato scolastico e di produzione culturale dello stato, formatosi con la nuova costituzione democratica. Lì va ricercato il fallimento nell’educazione delle nuove generazioni. Il compito dei ricercatori di storia locale è quello di far capire come ciò che è avvenuto nel territorio sia inserito nella macrostoria. Un esempio classico di contributo all’antifascismo a Lerici è stata la storia del prof. Francesco Poggi, che assieme a soli altri quattordici professori universitari italiani, non ha voluto aderire al Partito Nazionale Fascista e così ha perso la cattedra di matematica all’Università di Genova. Nel libro “Leggendo del luogo detto Lerice” ho narrato degli antifascisti lericini che sono stati condannati dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, cioè Botto Luigi, classe 1900, Carri Leone, “inteso Nello” (classe 1900), Di Carlo Guglielmo Ciro, “detto Rossetto”, classe 1900, Gattoronchiero Santino Severo, “detto Santin”, classe 1900, Lupi Tommaso Gio-Batta Carlo, classe 1901. Anche questa informazione di microstoria si inserisce nella macrostoria del regime, ma tutta la storia del Tribunale Speciale non deve essere trattata da . Nello stesso libro ho narrato dell’episodio di Francesco Tonelli, detto “er barbon”, quando nel marzo 1945, invitato a pranzo al Quirinale con altri partigiani del Nord, dopo aver ricevuto una divisa pulita, si mise al collo il fazzoletto rosso. Fu allora pregato dal Principe Umberto di togliere quel simbolo, ma egli spiegò che quel simbolo richiamava la camicia rossa dei Garibaldini ed era il vessillo delle “Brigate Garibaldi” di cui egli faceva parte. Non è compito di trattare la storia della Resistenza in Italia, né la storia di casa Savoia. Nell’ambito della Seconda Guerra Mondiale gli Alleati stavano perdendo la guerra dei convogli e ciò significava che Hitler avrebbe trionfato, perché per battere uno dei nuovi panzer “Tiger” o “Panther” occorrevano almeno tre carri “M 4 Sherman”. Furono allora costruite in ogni fiume degli Stati Uniti parti galleggianti di navi standard e così nacque la costruzione di navi in serie, per poter costruire più navi di quante ne venissero affondate dai “branchi di lupo” di sommergibili tedeschi. Narrare questo terribile momento della Seconda Guerra Mondiale non è compito di . Io sono stato imbarcato sulla prima di queste navi ed ero stato incaricato dal comandante ad accompagnare i visitatori, anche grandi armatori internazionali, a visitare queste nuove navi, altamente tecnologiche. Il binomio “Cantiere del Muggiano-armatore Bibolini” divenne famoso nell’ambiente dello shipping. Anche questo è un elemento di microstoria che si inserisce della macrostoria dei cantieri navali del mondo. Quando il feretro dell’ingegnere rientrò dall’Ospedale della Spezia, tutto il cantiere si fermò e gli operai si disposero lungo la strada per porgere il loro saluto di riconoscenza a colui che aveva fornito tanto lavoro presso il cantiere di casa. Anche questo è un pezzo di microstoria del “genius loci” lericino che si inserisce nella macrostoria della Ricostruzione Italiana, dopo la Seconda Guerra Mondiale. La storiografia nazionale ha insegnato l’opera promozionale di Mazzini per creare l’Unità d’Italia, ma ha tralasciato il suo sforzo innovatore per creare gli Stati Uniti d’Europa, cosa che facemmo noi “europeisti” tanti anni fa. Di certo questa nascita dell’Europeismo non può essere attribuita al giornalino . Compito invece del giornalino sarebbe quello di informare i Lericini che Mazzini veniva in incognito a Lerici e saliva alla Cava dei Branzi ove c’è la casa appartenuta al patriota e capitano marittimo Doberti, per impostare azioni rivoluzionarie e ricevere fondi che provenivano dalla Massoneria inglese. Così sarebbe compito del giornalino spiegare ai Lericini che quando la Massoneria Italiana passò dall’obbedienza inglese a quella francese, tre emissari di Parigi, in bombetta, vennero in Italia per sentire “il polso” degli adepti. Dove? A Lerici, San Terenzo, Pugliola e ovviamente anche alla Spezia. E che dire di quando Togliatti voleva sentire “il polso” dei “compagni”, e chiedeva di sentire il capo indiscusso dei Comunisti sarzanesi, onorevole Barontini. Perché di ciò? Perché a Sarzana si ebbe la dura sconfitta dei fascisti di Carrara, colpiti dalla inaspettata carica di fucileria dei Reali Carabinieri. Dopo di quell’episodio, che fece sì che Sarzana fosse detta allora “la Rossa”, i Reali Carabinieri non intervennero più, perché altrimenti il fascismo non sarebbe passato. Questo episodio di microstoria deve per forza essere illustrato ai Sarzanesi, nei loro giornali locali, ma credo anche ai Lericini, perché quando questi dovevano andare a Sarzana, potevano leggere a Romito che “Roma doma”. E ciò è difficile a capirsi se non si ricorda quanto avvenuto a Sarzana. Tanti altri episodi potrebbero essere citati, ma una sintesi troppo ampia potrebbe stancare e non cambierebbe affatto l’analisi sulla funzione del giornalino .

Enrico Calzolari