(da Lcerici In di giugno e luglio 2019)

Perché voglio parlarne? Perché è stata la prima capitale liberata dai nostri nuovi alleati, di valore simbolico inestimabile, e il primo ricordo della mia vita.

Per molti il primo ricordo della vita è quello del sorriso della mamma o del papà, per altri è una brutta caduta dopo aver fatto i primi passi da soli. Per mia moglie Luciana Sabbatini, che è ora la segretaria volontaria della redazione, è stato invece il suono delle sirene e le corse al rifugio antiaereo.

Per fortuna io non mi ricordo nulla né di nazisti, né di fascisti, né di fame, né di bombardamenti. Il mio primo ricordo è una pioggia di caramelle e cioccolata che mi arrivava addosso lanciata dai soldati Americani.

All’epoca abitavamo in via Tagliamento 76, un condominio nel quartiere Salario, poco distante dalla direttrice di penetrazione degli americani a Roma, che provenivano dalla via Tiburtina. Ho precisato anche il numero civico perché nel 1953 diventerà molto famoso per il più grande scandalo politico del dopoguerra: il caso della morte della povera Wilma Montesi, ma di questo e altro ne riparlerò in altre puntate.

Già dal tre maggio la città era stata abbandonata dai tedeschi che si erano ritirati senza combattere, per la mediazione di papa Pio XII, evitando una catastrofe umanitaria. Un silenzio irreale aleggiava sulla città all’alba del 4 giugno fino a che un rombo di ferraglie si udì in lontananza. Si sparse subito la voce che gli americani erano arrivati in periferia e avevano imboccato il viale Regina Margherita che, in piazza Buenos Aires, incrociava via Tagliamento. Per i romani era la fine della guerra e per me come svegliarmi dal sonno: è stato come arrivare nel paese dei balocchi con i carri d’acciaio dei bravi soldatini che sfilavano lanciando tubetti di caramelle col buco, cioccolatini e sigarette.

La pacchia non finì lì perché nei giorni seguenti, e per un bel po’, la mamma mi portò dove gli americani avevano fissato il loro quartiere generale, intorno al monte Antenne (in effetti uno dei tanti colli di Roma) non lontano da noi, e lì riuscivamo ad attirare sempre la simpatia dei soldati che ci riempivano di leccornie e la mamma otteneva a poco prezzo caffè, zucchero e razioni K di cui erano pieni.

PIO XII ail 5 giugno 44 a piazza san Pietro impartisce la benedizione Urbi et Orbi

Il giorno seguente (5 giugno) papa Pio XII impartì la prima benedizione Urbi et Orbi dell’Italia liberata… a metà.

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La liberazione di Roma ebbe un importante significato simbolico e politico ma non raggiunse risultati decisivi dal punto di vista militare perché le armate tedesche ripiegarono verso Nord senza troppe perdite. Gli alleati, piuttosto che inseguirle, preferirono trasferire delle truppe sul fronte francese, dove il 6 giugno 1944 avevano programmato lo sbarco in Normandia, ritenuto strategicamente più importante perché colpiva al cuore Hitler. Numerosi aerei, tre divisioni americane e quattro francesi vennero spostate in Inghilterra così l’Italia sarà libera solo il 25 aprile 1945.

Come scoprii che dopo le caramelle c’erano le spine

Che la vita non fosse il paese dei balocchi me ne accorsi quasi subito. Roma nei giorni successivi all’arrivo degli americani era tutta in festa, un tripudio di bandiere italiane e americane e nelle strade si sentiva solo musica boogie woogie trasmessa da Radio Roma Libera, sotto controllo americano. Si aprivano come funghi gli American Bar e i banchetti di vendita di sigarette di contrabbando americane. I festeggiamenti, dopo pochi giorni, subirono però un brusco arresto: Radio Roma annunciava il ritrovamento di 14 cadaveri in località La Storta, sulla via Cassia a Nord di Roma. Si trattava dei prigionieri provenienti dalla famigerata caserma delle SS di via Tasso, tristemente famosa come luogo di reclusione e tortura (ora Museo della Liberazione), che i tedeschi si erano portati dietro e poi assassinati perché non più utili per estorcere notizie divenute fuori contesto. Questa, più o meno, la spiegazione della mia mamma alle mie domande, così conobbi che c’era una guerra in corso e che io ero nato poco prima dell’entrata in guerra dell’Italia. “Che cos’è la guerra? “Domandavo. “Una cosa bruttissima che non si può descrivere e che ha causato tante sofferenze” rispondeva mia madre. Che cosa fosse davvero la guerra non
potevo rendermene conto ma gli strascichi li scoprii qualche settimana dopo, anche se i fatti risalivano al 23 e 24 marzo 1944 ma si seppero, in tutta la sua atrocità, solo dopo l’arrivo degli Alleati. Ricordo che dopo la Liberazione incontrammo alcuni nostri amici ebrei che, con l’aiuto nostro e della popolazione, avevano superato indenni il rastrellamento del 16 ottobre 1943 avvenuto dopo il tranello della vile richiesta di più di 50 kg d’oro in cambio della salvezza. Ci confidarono il brutto presentimento per alcuni loro correligionari che non risultavano più detenuti nel carcere romano di Regina Coeli. Erano stati giustiziati per la rappresaglia o deportati verso il Nord dai tedeschi? Facciamo un passo indietro prima di arrivare all’orrenda scoperta della verità. Pio XII nel mese di maggio
1944 invitò i romani a pregare la Madonna del Divino Amore per l’integrità della Chiesa Cattolica e di Roma, così tanti romani ed anche noi facemmo il voto di andare a piedi, io in carrozzino (poi a piedi ci andai da adulto), al santuario del Divino Amore di Maria, che si trova a circa 12 Km dal centro di Roma sulla via Ardeatina. Un’usanza molto antica che dura ancora oggi, anche perché il percorso tocca luoghi importanti per la Cristianità come la chiesa del Domine Quo Vadis, le catacombe di Domitilla, di san Callisto e san Sebastiano, la via Appia e dopo il 1944 anche le Fosse Ardeatine. Proprio qui passammo e ripassammo indietro quando ancora i cadaveri dovevano essere esumati e riconosciuti e la cava di tufo appariva semichiusa dai crolli provocati dai tedeschi dopo l’eccidio. L’odore ripugnante della morte, che usciva dall’apertura in alto (foto a sinistra), entrava nei polmoni provocando conati di vomito. Ecco quelli erano i miasmi della morte e della cattiveria umana generati dall’odio della guerra, come mi disse la mamma.
L’eccidio delle Fosse Ardeatine, compiuto il 24 marzo 1944 ai danni di 335 civili (tra cui più di 70 ebrei) è stato un atto di rappresaglia a seguito dell’attentato avvenuto il giorno prima in via Rasella, ad opera dei partigiani che piazzarono una bomba nel carretto della nettezza urbana causando la morte di 33 tedeschi appartenenti ai corpi di polizia del reparto SS “Bozen”. Una rappresaglia immediata che non ha lasciato alcuna possibilità di ripensamenti o di mediazione neanche al Vaticano. Le Fosse Ardeatine rimasero un segreto fino al mese di giugno del 1944 in quanto i frati salesiani delle vicine catacombe di san Callisto, sgomenti testimoni della strage, informarono solo la Santa Sede ma non divulgarono subito il fatto per il pericolo di ritorsioni.

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Sandro Fascinelli