Marco Buticchi ha fatto ancora centro aggiungendo alla sua collaudata serie, nella collana “I maestri dell’avventura” della Longanesi, un altro cold case per la nota coppia investigativa costituita dai coniugi israeliani Oswald Breil e Sara Terracini. Il titolo di questo suo ultimo romanzo, Il mare dei fuochi (Longanesi, Milano), già di per sé abbastanza misterioso, va dritto al centro delle intricate vicende internazionali note come Anni di piombo, che per l’Italia culminarono il 2 agosto 1980 nella carneficina alla stazione ferroviaria di Bologna.

«Com’è possibile che, nell’arco di un mese, una città di medie dimensioni come Bologna venga sconvolta da due tra le peggiori stragi di civili in tempo di pace? È soltanto un caso o l’evento di Ustica e la strage alla stazione sono tra loro collegati?» (p. 211) è, difatti, uno dei tanti interrogativi che i coniugi Breil si trovano costretti a porsi, più di quarant’anni dopo.

Acqua e fuoco, suggeriti dal titolo, ma anche terra e aria sono gli elementi primordiali che qui assumono le coordinate d’un campo di lotta senza quartiere di ognuno contro tutti: terroristi rossi e neri, fondamentalisti islamici, ecomafie, faccendieri, servizi segreti più o meno deviati.

Tante sono le circostanze mai chiarite: quale il rapporto fra il premier libico Gheddafi e la strage di Ustica? E, sempre riguardo alle indagini sulla fine del DC-9 dell’Itavia a quale conclusione giungere: “Strategia della tensione o papocchio all’italiana?” (p. 425); e ancora: chi erano i veri mandanti dell’attentato alla stazione ferroviaria di Bologna? Per quale motivo a Mogadiscio nel 1994 sono stati uccisi la giornalista italiana Ilaria Alpi e il suo collaboratore Miran Hrovatin? Quante “navi a perdere” sono state affondate e dove si trovano tuttora i loro pericolosi relitti? Quanti e quali depistaggi ci sono stati in tutte queste inchieste?

Moltissime, quindi, le domande restate aperte, soprattutto quelle riguardanti un’Italia non solo al centro fisico del mar Mediterraneo ma anche dei troppi misteri ad esso collegati e rimasti irrisolti.

Sulla strage alla stazione di Bologna, Marco Buticchi conclude: «Si sono susseguite indagini, commissioni, interrogazioni. Ancora oggi le vittime e la nazione reclamano giustizia. Ancora oggi fatti così gravi che privarono della vita centosessantasei innocenti appaiono irrisolti. Il pericolo è che, presto, cadranno nell’oblio. Mi auguro che questo mio modesto contributo sia utile per non dimenticare» (p. 435).

In questo senso Il mare dei fuochi si rivela ben più di un “semplice romanzo” perché è prima di tutto un grido di condanna, di drammatica attualità, di un sistema planetario soggiogato dal dio Mammona, che sta letteralmente distruggendo il pianeta e mettendo in pericolo la sopravvivenza dell’intera umanità. Deliri di onnipotenza politica, militare ed economica (le tre cose, dacché mondo è mondo, vanno sempre di pari passo), capitalismo non solo occidentale ma anche russo, cinese e arabo s’incontrano e scontrano alternativamente con i percorsi di una malavita organizzata in maniera sempre più tecnologica, senza esclusioni di colpi. In primo piano fra le associazioni italiane a delinquere la ‘ndrangheta, così definita da Nicola Gratteri e Antonio Nicaso in capo al Prologo: «Cresciuta nel silenzio, oggi la ‘ndrangheta è l’organizzazione che fa più paura, quella più potente, più pervasiva» (p. 27).

Questa nuova fatica letteraria di Buticchi procede in mezzo a tutto questo, in costante galoppo, fra continui colpi di scena, spesso crudamente vividi, sempre a ricordarci che quello che a noi può sembrare puro frutto di fantasia è ciò che, al contrario, s’avvicina in maggior misura alla più sconvolgente delle realtà.

Dimensione globale e particolare s’intrecciano, anche qui con un monito: attenzione, il male calpesta le stesse strade che percorriamo anche noi nel nostro quotidiano. Perché neanche il Golfo dei Poeti è stato risparmiato da questi loschi traffici ed intrighi internazionali. Il Golfo della Spezia, dove è attraccato il Williamsburg dei Breil (vedi Lerici In… di giugno 2016), è infatti proprio il punto di partenza dell’intera vicenda.

Ma non solo, perché l’Au-tore fa capolino con il proprio vissuto nella “Nota finale”: «Il mio periodo di leva si concluse a fine luglio del 1980. La caserma Mameli, quella dove ho prestato il servizio come ufficiale di complemento, si trova sui viali di Bologna, poco distante dalla stazione ferroviaria cittadina» (p. 420). Non ci vuole molto, da parte nostra, per dedurre che pochi giorni, poche centinaia di metri di distanza e anche il giovane Buticchi sarebbe potuto essere annoverato tra quegli ottantacinque morti sul colpo o tra quei duecento feriti gravi che avrebbero fatto poi salire a centosessantasei il conto finale delle vittime. Infine l’Autore nei suoi Ringraziamenti ci tiene a sottolineare la genesi di questo libro scritto «per vincere l’angoscia dovuta agli effetti del Covid-19 che avevamo -mia moglie e io- contratto» (p. 437).

Il volume è illustrato da sette tavole, la cui prima rappresenta l’orologio fermo all’ora delle deflagrazioni delle bombe nella stazione di Bologna e che sono tutte opera proprio di Maria Consuelo, moglie di Buticchi, come a ricordare ai lettori il detto: «Dietro a ogni grande uomo c’è sempre una grande donna».

M. Luisa Eguez