(da Lerici in di agosto 2023)

Cultura marinara a cura dell’amm. Sergio Di Gregorio

Seguendo un’antica tradizione le navi sono ancora costruite su piani inclinati con pendenza massima di cinque gradi chiamati scali di costruzione, costituiti da una parte fissa in muratura e una mobile o avanscalo, in legno di pino, sistemata in mare a valle dell’estremità dello scalo nei giorni precedenti il varo. Gli scali sono quasi sempre perpendicolari ad uno specchio di mare, spazioso e al riparo da mareggiate e forti venti.

Allorché la nave in costruzione è ultimata o pressoché pronta (le petroliere si varano quasi finite, quelle piccole si varano al 90%, le grandi navi da carico all’80%, per quelle passeggeri la percentuale è inferiore), previo controllo della sua galleggiabilità e stabilità in acqua, si dovrà trasferirla dallo scalo all’ambiente acqueo in cui è destinata mediante quell’operazione piena di pericoli, che si chiama varo.

Essa consiste nel trasferire il suo peso (dislocamento), dalle taccate in legno di quercia sulle quali è rimasta appoggiata durante la sua costruzione, su una slitta chiamata invasatura, che è un insieme di strutture sulle quali essa poggerà durante il varo e con la quale poi scivolerà solidalmente su appositi piani di scorrimento, adeguatamente ingrassati con speciali miscele lubrificanti a base di stearina o sego per evitare l’arresto della corsa del binomio varante, fino a raggiungere la posizione di nave galleggiante in mare, sua destinazione finale.

Mentre la costruzione delle navi ha subito una continua evoluzione nel tempo, il sistema di vararle è rimasto immutato per secoli salvo notevoli perfezionamenti nei dettagli sugli scali; solo ultimamente alcuni cantieri, i più grandi ed attrezzati, adottano sistemi diversi e più sicuri.

E che l’operazione del varo sia piena di pericoli lo dimostra il fatto che durante il suo svolgimento anche oggi si sente il bisogno d’invocare l’aiuto divino.

Infatti il direttore del cantiere, che nella circostanza riveste anche i panni di direttore ed organizzatore della cerimonia, ad un certo punto grida a gran voce e con un po’ di alterigia, rivolgendosi alla madrina: “In nome di Dio, taglia!” e la bottiglia, generalmente di champagne, va ad infrangersi sulle lamiere prodiere della nave per augurarle una lunga vita tranquilla, senza incontrare molte burrasche. (segue)

Sergio Di Gregorio

(da Lerici In di settembre 2023)

La nave è resa immobile sullo scalo a mezzo di apposite ritenute finché il suo peso non verrà completamente trasferito su una slitta scorrevole, costruita in legno di pino, e solo allora, rimosse le ritenute, (castagne o scontri) per effetto del peso proprio, ed eventualmente aiutato da qualche spinta longitudinale iniziale per vincere l’attrito di primo distacco, il binomio nave/invasatura inizia il suo pericoloso viaggio di trasferimento verso il mare.

Il cammino è distinto in più fasi: scorrimento a secco, rotazione intorno all’estremità prodiera dell’invasatura, chiamata (brione dell’invasatura), scorrimento in acqua, nave galleggiante, durante le quali, possono manifestarsi alcune situazioni di pericolo sia strutturali sia d’instabilità:

– lo strapiombo, dovuto all’avanscalo troppo corto mentre la spinta della sua parte poppiera che sta entrando in mare ancora troppo piccola per sostenerla;

– il saluto, causato dalla “caduta di prora” della nave davanti al ciglio dello scalo;

– il fiaccamento di alcune lamiere dello scafo della nave con conseguenti deformazioni permanenti ed, a volte, anche il cedimento dello scalo;

dipendenti da vari fattori e tutti da evitare poiché i danni provocati alla nave potrebbero essere gravi.

Per cui si dovrà avere cura di scegliere:

· – preventivamente uno scalo ben mantenuto, la cui lunghezza sia di poco inferiore a quella della nave, e quindi, il luogo dove avverrà il suo varo, in funzione delle prevedibili dimensioni, che devono cadere nelle tolleranze previste dalle Tabelle UNI o MIL. citate nel contratto della nave da carico o militare, già progettata dall’Ufficio Studi del Cantiere;

· – di conseguenza, lo specchio d’acqua prospiciente che dovrà permettere alla nave, appena varata, quindi nelle condizioni scarica ed asciutta (senza liquidi a bordo), di galleggiare liberamente;

· – definire le lunghezze dell’invasatura e dell’avanscalo che devono permettere la regolare successione delle varie fasi del varo, evitando così i pericoli menzionati;

· – eseguire i calcoli di stabilità conoscendo il peso e le coordinate baricentriche del binomio varante.

Da questa breve descrizione del sistema adottato finora per il varo, si delineano i pericoli che comporta, per cui in molti cantieri ultimamente sì inizia a seguire altri procedimenti più sicuri.

Oltre a quello descritto, chiamato anche “ varo  scivolato di poppa”, il più comune, usato finora per ogni tipo di nave, ma anche il più pericoloso, sono tuttora adottati altri sistemi:

varo scivolato laterale: per piccole navi costruite nei cantieri posizionati nei laghi o fiumi;

-varo in bacino galleggiante o in muratura, chiamato anche tecnico, il più sicuro, ma meno comune, a causa della scarsità e costo dei bacini;

varo carrellato su pontone: sicuro ed usato sempre più frequentemente per navi piccole e medie dimensioni.

La nave, costruita in cantiere in posizione livellata, non più su uno scalo inclinato, è trasferita con mezzi semoventi su un pontone o bacino galleggiante, ormeggiato al molo del cantiere navale, il pontone viene poi allagato fino a fare galleggiare la nave liberamente. Sussiste però la difficoltà di reperire idonei mezzi semoventi.

È da ricordare il varo nel 2004 della portaerei Cavour della Marina Militare, di 30.000 tonnellate di dislocamento: il troncone di poppa (i 2/3 dell’intera lunghezza, pari a 244 metri), lavorato e varato con il sistema scivolato di poppa presso il Cantiere di Riva Trigoso, fu trasferito con i rimorchiatori nel vicino cantiere del Muggiano, dove fu unito e saldato al troncone di prora, precedentemente lavorato e varato con metodo scivolato di poppa. Alla fine, assemblati e saldati i due tronconi in un bacino galleggiante, la nave al completo, è stata messa a galleggiare. Il sistema descritto, definito tecnico, è complesso ma sicuro.

Sergio Di Gregorio