Storie di Marina a cura del com.te Sergio Di Gregorio

(da Lerici In di settembre, ottobre e novembre 2020)

1 – Dopo alcune brevi notizie sul sommergibile e su Ultra, l’organizzazione britannica d’intelligence creata per decifrare i messaggi nemici e in primo luogo quelli tedeschi attraverso la macchina Enigma (foto sopra da Wikipedia), saranno ricordati i punti salienti dell’operazione S.L.1, sigla che identificava il forzamento con un mezzo subacqueo del porto palestinese di Haifa: l’impresa fu pianificata e attuata nell’estate 1942 da Supermarina, ma l’operazione non riuscì e il battello impegnato nell’azione, lo Scirè, intercettato dai britannici, si perse inabissandosi in quelle acque dove il relitto giace tuttora. Anni dopo, dall’analisi dei documenti concernenti le comunicazioni intercorse per l’occasione fra alcuni Comandi delle due parti contrapposte, da parte italiana si è concluso che il risultato negativo sia da attribuirsi all’opera di Ultra.

2 – Costruito nel 1938 presso il Cantiere del Muggiano, lo Scirè apparteneva alla quarta serie della Classe 600 (numero che indicava il dislocamento in superficie),  composta da 59 battelli, suddivisi in cinque serie; la quarta era chiamata anche “Africana” perché i 17 sommergibili che la componevano portavano nomi di località abissine, sedi di eventi della nostra storia coloniale; furono tutti impiegati con alterne fortune nella Battaglia del Mediterraneo e solo l’Alagi sopravvisse al confitto. Presto, lo Sciré passò al comando del C.C. Junio Valerio Borghese e, sottoposto a brevi lavori di trasformazione (sbarco del cannone da 100/47 e sistemazione in coperta di tre contenitori in acciaio per il trasporto dei S.L.C. – siluri a lenta corsa), divenne un “battello avvicinatore”, un neologismo creato per descrivere la sua funzione di protagonista della Decima Mas.

T. V. Bruno Zelik comandante dello Sciré

Nel marzo ‘42, il T.V. Bruno Zelik sostituì il C.F. Borghese al comando del sommergibile che rimase inoperoso sino a luglio, quando si cominciò ad organizzare l’operazione S.L.1, dove era previsto il forzamento del porto palestinese di Haifa con l’impiego di dieci uomini Gamma, abilissimi nuotatori d’assalto, muniti di cariche esplosive portatili da agganciare alla carena del bersaglio; secondo i piani, essi sarebbero fuoriusciti dal battello e avrebbero posto il loro carico sul fondo a una quota di circa 50 metri in un punto appropriato, il più possibile vicino all’entrata del porto (a 1,5 miglia), ben protetto da apparecchiature elettromagnetiche e con una assidua vigilanza aerea e navale.

3 Fu alla fine del 1974 che in Gran Bretagna con la pubblicazione di un libro sull’Intelligence, si rivelava l’esistenza nel passato periodo bellico di una complessa organizzazione governativa segreta, impegnata nel settore cifratura, che aveva portato nella Battaglia del Mediterraneo enormi vantaggi alla Royal Navy nei confronti della flotta italiana. L’organizzazione, a volte indicata con la sigla BP dalle iniziali della sua residenza Bletchey Park (località vicino Londra) era specializzata nel-la decrittazione di radiomessaggi nemici; in pratica, nel mettere in chiaro i segnali in codice captati ai nemici, dalle stazioni del Servizio Y, che ne determinavano anche la provenienza con la radiogoniometria. In quella sede, un incomprensibile insieme di lettere veniva analizzato e tradotto in una informazione militare, classificata con il timbro Ultra most secret, e inoltrata ai Comandi operativi. A volte l’informazione era tardiva o generica e quindi inutilizzabile; in altre occasioni era sufficientemente chiara a far comprendere il disegno operativo del nemico (all’autunno del ’41, il servizio da saltuario divenne continuativo, aggravando il pericolo per le nostre navi che, uscendo dai porti, seguivano le rotte indicate nei radiomessaggi. Santoni, nel suo libro “Il vero traditore” ricostruisce alcuni episodi della nostra guerra dei convogli, alla luce dei radiomessaggi intercettati da Ultra, e rintracciati negli archivi inglesi.

Tra le due guerre mondiali, le FF.AA. tedesche avevano adottato per la cifratura dei loro radiomessaggi macchine dal nome Enigma, ottenute dal miglioramento di un modello dallo stesso nome, reso veloce, pratico e soprattutto sicuro e inviolabile, almeno nominalmente.

Enigma aveva l’aspetto di una macchina da scrivere, alimentata elettricamente, con due tastiere con 26 lettere (dell’alfabeto tedesco): la prima, inferiore, era la tastiera vera, sulla seconda i tasti erano sostituiti da  lettere luminose che, una alla volta, si accendevano allorché veniva premuta una lettera della prima tastiera; la stessa lettera, premuta una seconda volta accendeva una luce diversa. La sequenza delle luci accese costituiva il radiomessaggio cifrato oppure quello in chiaro se sulla prima tastiera veniva battuto quello cifrato. I collegamenti elettrici dei 26 tasti della vera tastiera con le 26 luci dell’altra avveniva mediante l’interposizione di tre dischi, ruotanti non simultaneamente sullo stesso asse, la cui reciproca posizione iniziale costituiva la chiave, cambiata ogni giorno, della macchina (il funzionamento di Enigma é descritto in vari siti Internet). La presenza dei dischi complicava il sistema rendendo arduo il calcolo delle combinazioni derivanti, nonostante la quasi costante brevità dei messaggi. Per l’effettuazione pratica in breve tempo delle operazioni era stata costruita una calcolatrice, chiamata bomba, alla cui messa a punto avevano partecipato eminenti matematici insieme a esperti polacchi in crittografia, già a conoscenza del modello originario. Nel maggio ’41, durante un attacco a un convoglio a sud dell’Islanda, sull’U-Boat 110, fortemente danneggiato, una squadra d’abbordaggio inglese rinvenne nel locale radio un esemplare di Enigma, completo di manuale e tabella mensile di posizionamento giornaliero dei rotori.  

4 – L’operazione S.L.1 figurava al secondo posto nel programma intitolato Mezzi d’assalto R. Marina, inviato da Supermarina al Comando Supremo il 9 luglio 1942; era preceduta da GG1 (codice dell’Operazione Gruppo Gamma1, nome in codice dell’ardita missione, dato per eludere lo spionaggio inglese e la possibile fuga d’infor-mazioni da parte di Supermarina ndr) un’impresa, poi felicemente realizzata dal t.v. Agostino Straulino (nel dopoguerra olimpionico di vela a Helsinki) con nuotatori Gamma contro navi mercantili all’ancora nell’avamporto di Gibilterra, e seguita dall’attacco al porto di New York con operatori fuoriusciti da un sommergibile tascabile clas-se CA, trasportato in Atlantico dal Da Vinci (la temeraria azione ideata da Junio Valerio Borghese, già in avanzato stato di preparazione fu prima rinviata e poi sospesa a causa della perdita del Da Vinci).

Grazie all’avanzata di Rommel, che aveva portato gli eserciti dell’Asse ad El Alamein i porti di Haifa e Beirut erano diventati terminali dei convogli alleati nonché base della Mediterranean Fleet, attirando così l’attenzione di Supemarina che, pur consapevole dei pericoli che ne derivavano sia per il sommergibile nell’attraversamento delle zone nemiche e nel superamento delle ostruzioni sia per gli assaltatori sin dal momento della loro fuoriuscita, aveva pianificato l’operazione nei minimi dettagli anche con l’aiuto della ricognizione aerea richiesta all’alleato tedesco (X Corpo Aereo).

Dopo aver imbarcato i materiali per gli operatori, il battello partì per Lero (isola del mar Egeo) il 22 luglio: i nuotatori sarebbero arrivati con l’aereo. I dispacci di Supermarina, entrambi firmati dal Capo di Stato Maggiore Arturo Riccardi, datati il 22 luglio, saranno di particolare importanza; il primo, diretto  all’Ispettorato dei Mas, in cui fra tante disposizioni per gli operatori (ad esempio: il com-portamento da tenere du-rante l’eventuale prigionia, l’obbligo di non indossare armi, il tesserino di riconoscimento e la quantità di denaro inglese da portare nella missione) dettava allo Scirè  le rotte da seguire dalla sua partenza da Lero fino al punto di partenza degli assaltatori, l’ora del loro distacco dal battello e di rientro; il secondo diretto all’ammiraglio Inigo Campioni, governatore del Dodecan-neso, che veniva avvertito del prossimo arrivo del sommergibile destinato a compiere l’i-mpresa: il giorno, ancora indefinito, per un’operazione ad Haifa, in una notte del prossimo novilunio di agosto.

5 – Il mattino del 6 agosto lo Sciré, arrivato a Lero quattro giorni prima, salpò, con gli operatori a bordo, verso il Mar di Levante, in esito all’incontro del giorno prima tra il comandante Bruno Zelik (foto sopra) e il cap. di corv. Max Candiani, inviato da Roma con l’incarico speciale di coordinatore di tutte le operazioni di contorno, che avevano insieme stabilito come giorno S il 10 agosto, di conseguenza, la data di partenza del battello e il 13 come il giorno in cui, nella fase di rientro, sarebbe stato lanciato il messaggio di missione eseguita. 

Candiani, a Rodi, era incaricato inoltre di curare i collegamenti radio con l’unità che andava avvicinandosi all’obiettivo. Lo Sciré puntualmente rispose alle chiamate di controllo di Rodi nei giorni 6, 7, 8, 9. II 10, invece, ci fu silenzio e altrettanto accadde nei giorni successivi, quando le chiamate venivano lanciate nella speranza che le mancate risposte fossero da attribuirsi a un momentaneo impedimento.

Il 17 agosto Candiani ricevette una foto aerea panoramica scattata sul porto e non rilevò alcun segno di forzamento o di nave danneggiata concludendo che gli operatori nella notte stabilita non erano usciti dal battello. Lo Sciré pertanto andava considerato affondato.

6 – Molti anni dopo, l’esame della documentazione reperita negli archivi di Ultra mostra che l’Ammiragliato inglese aveva sempre tenuto sotto controllo la navigazione del battello italiano, ignorandone all’inizio l’identità, anzi scambiandolo con l’Ametista, intercettando molti radiomessaggi ricevuti dal sommergibile, cifrati con le macchine Enigma di Supemarina e della Luftwaffe¸

Il Comando inglese iniziò a supporre la preparazione di un attacco allorché venne messo al corrente da Ultra di tre messaggi da Supermarina a Rodi che, con il primo del 24 luglio veniva avvisato dell’arrivo di un suo messaggio segreto importantissimo, con il secondo, di due giorni dopo, del prossimo arrivo di un ufficiale superiore e di diecimarinai a Lero. Un messaggio simile, qualcuno del- l’Ammiragliato se lo ricordò, era stato scambiato poco prima dell’attacco, poi abortito, di tre SLC (siluro a lenta corsa conosciuto anche come “maiale”) portati nella notte del precedente 15 maggio dal sommergibile Ambra di Arillo contro il porto di Alessandria. L’impresa non riuscì e gli operatori furono catturati.

Il 30 luglio nel messaggio di Supermarina al Comando dell’Egeo si parlava del prossimo arrivo dello Sciré, e allora gli fu chiaro quale tipo di attacco fosse in corso di preparazione ignorandone però ancora l’obiettivo. Esso fu presto svelato agli analisti britannici allorché fu individuato l’uso della macchina Enigma della Luftwaffe, che rispondeva alla richiesta di ricognizione sul porto di Haifa. Il tre agosto fu diramato l’allarme generale. Lo Sciré fu individuato al mattino del 10 prima da un aereo, a cinque miglia dal porto, poi sottoposto a caccia con bombe di profondità dall’Isley, un traweler munito di asdic (meglio conosciuto come SONAR, ndr). Lo sciré affiorò (forse era intenzione del Comandante salvare qualche vita emergendo “a palla”, aprire i portelli e autoaffondarsi) fu colpito da un cannone costiero e poi di nuovo dalle bombe di profondità lanciate da un caccia subito accorso.

Si persero 60 uomini: l’intero equipaggio e gli operatori Gamma. I corpi di due di loro furono rinvenuti su una spiaggia vicina. Lo scafo è considerato ufficialmente cimitero di guerra.

Sergio Di Gregorio

Bibliografia: “L’ultima missione dello Sciré” di Francesco Mattesini – “Il vero traditore” di Alberto Santoni

Con riferimento all’articolo dell’Amm. Di Gregorio relativo al sommergibile Scirè, vorrei proporre un articolo del Prof. Piero Colotto, apparso anni fa su “Il Golfo dei Poeti”, che racconta di Ivo Borghetti, lericino, Sottocapo RT facente parte dell’equipaggio dello Scirè, affondato nelle acque di Haifa il 10 agosto 1942, a cui è intitolato il Gruppo ANMI di Lerici:

Filippo De Benedetti – Presidente Gruppo ANMI Ivo Borghetti Lerici

…“Fra essi un lericino: Ivo Borghetti. Era nato il 10 dicembre 1922 e gli avevano imposto i nomi di Ivo Giovanni. Il 10 agosto 1942 compiva dunque esattamente diciannove anni e otto mesi, soltanto altri due marinai dello Scirè erano più giovani di Ivo, gli altri tutti di maggiore età.

Si era arruolato volontario, aveva conseguito i brevetti di radiotelegrafista e idrofonista, era stato promosso sottocapo e per la sua specializzazione era stato chiamato nel sommergibile. Era intelligente, vivace e precoce e da ragazzo aveva ottenuto buon successo nei primi anni di studio; poi ne aveva perduto la voglia.

Ricordo quando eravamo in classe assieme al “Da Passano” della Spezia: sua madre gli diceva ogni giorno: mettiti a fare i compiti ed egli rispondeva invariabilmente: non ne ho. Allora la buona signora Irma si prese l’impegno di venire ogni sera a casa mia per ricopiare dal mio diario scolastico le assegnazioni dei compiti e delle lezioni per il giorno dopo.

Ivo era un ragazzo allegro, scherzoso e faceto. Era spassoso e perciò era un piacere stare in sua compagnia. Dal padre Desiderio, navigante, che tutti chiamavano familiarmente “Deio”, aveva ereditato il senso dell’umorismo, dello scherzo, della burla. Si era arruolato con la spensieratezza e il gusto del- l’avventura dei suoi quasi vent’anni. Prima di partire per l’ultimo suo viaggio, aveva rincuorato sua madre: “Stai tranquilla, ritornerò presto…” e l’aveva baciata e salutata “come sapeva fare lui, senza lacrime e senza drammi”, così racconta suo fratello Mauro. Poi per tutta la famiglia non c’era stata che l’attesa, la terribile, silenziosa, angosciosa attesa: prima quella del ritorno, poi quella dei poveri resti. Purtroppo entrambe senza esito.

Infatti un brutto giorno il signor Aldo Mancini, allora impiegato comunale, chiamò Mauro, che era un ragazzo dodicenne, consegnandogli un biglietto e dicendogli: “non darlo a tua madre e non dirle nulla, consegnalo stasera a tuo padre”. Mauro capì e così fece, aspettando il ritorno del padre dal cantiere di Muggiano dove lavorava. Così lesse la disperazione e il dolore negli occhi di suo padre che raccomandò di non fare parola con la mamma, la quale seppe della disgrazia il giorno dopo.

Terminata la guerra, cominciò l’attesa della salma. Nel 1960 una missione della marina Militare cercò di recuperare il relitto, ma rinunciò poco dopo per il rischio di far esplodere un siluro ancora innescato; nel 1963 tentò una impresa privata, ma fallì poco dopo. All’inizio del 1984, in conseguenza della pubblicazione di un servizio in una rivista della Marina Militare Israeliana si fece un gran parlare sui giornali, si intervistarono ufficiali, ammiragli, sommergibilisti, palombari e vi furono interrogazioni parlamentari al Ministro della Difesa.

Alcuni pensavano che la miglior tomba per un marinaio fosse il mare, altri che nello Scirè non ci fosse più nulla da recuperare. La famiglia Borghetti ha aspettato invano i poveri resti di Ivo: il padre se ne è andato nel 1962, la madre nel 1974; “essa ha sempre atteso, fino alla fine, almeno i resti di mio fratello”, dice Mauro con il nodo alla gola.

Il Gruppo lericino della Associazione Nazionale Marinai d’Italia, che porta il nome di Ivo Borghetti e di cui è presidente onorario l’ing. Gustavo Stefanini, ha donato alla famiglia, in un cofanetto con medaglia e targa d’argento, un frammento dello scafo dello Scirè. Certo la madre avrebbe voluto una tomba su cui far cadere le sue lacrime, recitare le sue preghiere, deporre i suoi fiori, accendere un flebile e tremulo lucignolo. Ma queste cose non sono concesse ai Caduti del Mare”

Piero Colotto