(da Lerici in di 2febbraio024)
Il Sorriso francescano, miracolo di carità sbocciata sui Colli della Spezia, compie quest’anno settant’anni. A fondarlo una presenza per oltre quarant’anni inconfondibile per le vie della città, quella di padre Dionisio, al secolo Giovanni Mazzucco, di cui il 5 dicembre 2018 si è aperta la sua causa di beatificazione.
Nato a Silvano d’Orba (in provincia di Alessandria) in una famiglia contadina l’8 marzo del 1907, Giovanni entra a soli dodici anni nel seminario dei frati cappuccini a Genova Cornigliano. Al 14 agosto 1922 risale la sua vestizione e al 30 maggio del ’31 l’ordinazione presbiterale. Colui che è ormai diventato padre Dionisio trascorre i suoi primi anni del sacerdozio in vari conventi liguri, ma soprattutto nel santuario di Nostra Signora delle Grazie a Voltri.
All’inizio della seconda guerra mondiale, quando l’esercito italiano occupa Mentone, padre Dionisio viene incaricato di custodirvi il convento abbandonato dai suoi confratelli francesi. Come cappellano militare si prodiga per assistere spiritualmente e curare i feriti, ma opera anche in favore di civili indigenti e carcerati, spostandosi sul fronte italo-francese con una vecchia moto.
Dopo l’8 settembre ’43 viene catturato dalle SS ma riesce a fuggire e, dopo sei giorni di marcia estenuante, a far ritorno al suo paese natale. Resta poi per cinque anni a Ovada sempre aiutando i più poveri.
Scriverà poco prima di morire in Memorie di un frate (nota 1): «Dopo la caduta del fascismo, le carceri erano piene di ospiti. I partigiani mi concessero di portar loro almeno un piatto caldo a mezzogiorno: ogni giorno un carrettino a due ruote con le pentole colme del solito minestrone raggiungeva le scuole diventate carcere. Il felicissimo asinello che trascinava il carretto ero io».
Poi viene mandato come cappellano O.N.A.R.M.O. all’Arsenale Militare della Spezia, dove incontra un ambiente ideologicamente ostile ai religiosi. Ricorderà sempre nelle sue Memorie: «Per circa un anno restai come un pesce fuori acqua senza alcuna idea chiara […]. Un giorno, offrendosi l’occasione, entrai per la prima volta in una officina. Nonostante tutta la buona volontà, capii subito che ero capitato male». Ma non si dà per vinto.
«Era possibile continuare così?» scrive fra Dionisio. Ma ecco che avviene la svolta: «Forse mi illuminò la vista di un bimbo di circa cinque anni che camminava a piedi nudi, in pieno inverno, in via del Prione, proprio all’uscita dell’Arsenale. Gli procurai subito un paio di scarpe donatemi da un commerciante. […] Compiuto quel gesto, mi feci accompagnare presso la sua famiglia che trovai in uno squallore incredibile: in una camera, su alcuni materassi, dormivano una decina di persone».
È allora che scatta la molla del progetto divino su di lui. Da questo episodio scaturisce infatti il sogno di una “Casa del fanciullo” alla Spezia sul modello di quella già esistente a Genova ad opera di fra Umile (1946).
Come fare per realizzarla? «In tasca non avevo neppure una lira. […] Mi misi a lavorare nelle forme più varie e più strane: sistemare cassette per offerte in bar e negozi, raccolta di cartaccia, stracci, bottiglie ecc… Ogni domenica mi recavo al campo “Picco”, lanciavo caramelle sugli spettatori che rispondevano lanciando monetine».
In città spuntano ovunque le sue tipiche casette di legno per le offerte, si organizzano lotterie. Nel 1953 padre Dionisio riesce ad acquistare un terreno demaniale a Porta Isolabella. Nel gennaio dell’anno successivo si costituisce il Sorriso francescano spezzino. Il 15 maggio 1957 riesce a comprare Villa Podestà (foto sopra), ancora oggi sede della fondazione. Gli aiuti iniziali li trova principalmente nella Marina Militare, ma poi sempre un maggior numero di spezzini sostiene la sua opera.
Quando i suoi bambini (orfani, trovatelli, figli di situazioni irregolari) avevano bisogno di scarpe, lui li portava in qualche negozio del centro e i commercianti sapevano già che sarebbero stati sì ringraziati, ma non pagati.
I primi anni di attività padre Dionisio li compie sul “caval di san Francesco”, cioè a piedi, e successivamente dal Comune ottiene una bicicletta di quelle rubate e mai reclamate; poi i fratelli Parmiggiani gli regalano una Fiat 1100 familiare e fra gli aneddoti più famosi c’è questo: «Con essa un giorno trasporti 22 bambini. Un vigile urbano mi ammonì: “Padre Dionisio, non le sembrano un po’ troppi?”. Ed io: “È vero, ma con essi ci sono altrettanti angeli custodi».
Un’altra originale iniziativa del nostro vulcanico cappuccino è quella dell’istituzione della Giornata dell’automobilista, manifestazione che diventerà per ventisei anni un appuntamento fisso in piazza Europa: «Prima della funzione liturgica rivolgevo ai presenti parole di circostanza. Poi con la frase “Fiato alle trombe” tutte le macchine univano i loro clacson in un fragoroso evviva».
Don Gianni Botto, fondatore del Gruppo Samuel e pioniere di TeleLiguriaSud, racconta che padre Dionisio era un ottimo predicatore e aveva un aspetto davvero telegenico con i capelli e la lunga barba bianchi e con due occhi azzurri dallo sguardo penetrante. Un gran bel vecchio, insomma. Così don Gianni lo invitò a fare un’omelia per la rubrica che lui conduceva sul Vangelo della domenica. Padre Dionisio si presentò in studio, fece un paio di tentativi ma non gli riuscì di parlare e così se ne tornò via.
Negli ultimi anni di vita, padre Dionisio, ancora molto attivo, ha realizzato anche una colonia estiva montana a Suvero, ha ricevuto il Premio della Bontà e l’attestato di “Arsenalotto honoris causa”. Si è spento alla Spezia il 9 gennaio del 1990, lasciando a suor Candida (al secolo Domenica Nanni), madre superiora, le redini del Sorriso francescano.
Maria Luisa Eguez
Nota 1 -Padre Dionisio Giovanni Mazzucco, Memorie di un frate, illustrazioni di Marcello Scolari, Sorriso Francescano, La Spezia 20020