Un amegliese a pochi metri dal crollo
A trovarsi al momento sbagliato sulla parte sana del ponte Morandi di Genova è stato l’amegliese Marco Biso di 53 anni, artigiano titolare della ditta “Arredobar” di Vicopisano e, proprio per questo, molto conosciuto sia in tutta la provincia per aver arredato molti bar e numerose attività commerciali e figlio di Aldo Biso che vide la partenza delle navi Fede e Fenice dalla Spezia nel lontano 1946 e testimone di questo nell’articolo di Ameglia Informa del mese di maggio 2018.
Sentiamo come Marco Biso si è trovato coinvolto in questa poco invidiabile circostanza.
D.: Raccontaci di quando ti sei trovato sul ponte Morandi.
R.: Percorrevo l’autostrada da Novara, con direzione da nord a sud, per arrivare a Sarzana dove dovevo terminare altri lavori. Era poco prima di mezzogiorno del 14 agosto e pioveva a dirotto.
Appena uscito dalla galleria che immette sul ponte Morandi, ho visto dei rallentamenti perché ci avvicinavamo allo svincolo per Livorno quando, all’improvviso, ho visto davanti a me i piloni del ponte che franavano e la carreggiata sparire mentre molte macchine davanti a me cadevano nel vuoto, tra cui una che mi aveva appena sorpassato. Ho fatto in tempo a fermarmi poco dietro dell’ormai famoso camion del Basco e ho immediatamente cercato di fare marcia indietro mentre la strada ondeggiava da destra a sinistra per diversi secondi. Sono riuscito a percorrere in retromarcia non più di 400 metri poi la carreggiata si è intasata per l’arrivo di altri mezzi, così sono sceso e, dopo aver preso chiavi e documenti, mi sono diretto insieme agli altri verso la galleria.
D.: Che cosa hai provato al momento del disastro?
R.: La paura c’era in quel momento ma il mio pensiero era rivolto di più a quei poveretti che erano stati inghiottiti dalla caduta del ponte. Dopo aver realizzato di essere scampato al pericolo è subentrata immediatamente la preoccupazione per le persone che tribolavano o erano morte nella voragine.
D.: Cosa è successo dopo arrivati alla galleria?
R.: La polizia è intervenuta prontamente per bloccare il traffico per coordinare gli interventi e dare le istruzioni. Ci hanno chiesto di lasciar loro le chiavi delle auto con l’indicazione del numero di targa e tipo di veicolo e ci hanno invitato ad attraversare a piedi la galleria.
Dall’altra parte sono iniziati ad arrivare degli autobus che hanno cominciato a portar via le persone che avevano dovuto abbandonare le auto o i mezzi nella zona a rischio: prima le donne, i bambini e gli anziani. Per ultimi alle 16.30 sono restati i 27 più giovani, tra cui io.
Molta gente si lamentava della situazione ma per me il pensiero era solo per quelli che erano restati sotto le macerie. Io, al contrario di altri, ho rifiutato l’aiuto psicologico, il cibo o un centro di accoglienza, tutte cose inutili per me, volevo solo tornare il più presto possibile a casa, così mi sono fatto accompagnare alla stazione ferroviaria. Dopo il primo intervento, ben organizzato, ci siamo però trovati un po’ disorientati per riavere i mezzi lasciati in autostrada.
Poi dopo vari messaggi ed il tam tam tra gli scampati sono riuscito a capire che per riavere il mezzo occorreva contattare il commissariato di Sampierdarena, che infatti mi ha segnalato che potevo ritirare il mio mezzo al parcheggio di Novi Ligure.
D.: Hai conosciuto l’au tista del camion di Basco?
R. Sì l’ho conosciuto nei momenti di attesa e mi ha detto che aveva lasciato il mezzo col freno a mano ma col motore acceso, forse per salvaguardare i surgelati, penso quindi che l’abbiano trovato ancora in moto perché ha detto che aveva fatto da poco il pieno di gasolio.
D.: Cosa ti ha insegnato quest’esperienza?
R.: Che come minimo siamo gestiti da persone incompetenti e questi episodi ne sono i risultati.
Sandro Fascinelli