Vignetta di Irene Gennaro

Ipotetico incontro delle Primedonne della politica, Giorgia ed Elly, a Lerici per il 1° Maggio

(da Lerici in di Maggio 2023)

La disparità lavorativa tra uomo e donna è un tema da affrontare con determinazione e coraggio. Se si pensa a come la stessa attività professionale, per il genere femminile, venga retribuita meno rispetto a quella maschile, il fallimento sociale è un dato di fatto.

Trovare un lavoro per molte donne sta diventando sempre più complicato. Per ogni generazione si presenta un “ostacolo” che rende difficile candidarsi. A 20 anni richiedono esperienza che non si ha ancora, a 30 il rischio di una possibile maternità rende difficile essere  assunte e, per le over 40, spesso l’esperienza lavorativa porta a una retribuzione più alta che le aziende non vogliono “accollarsi”.

Dai dati di Acli (Area Lavoro Coordinamento Donna) e dei Caf il 49,2 % delle dipendenti sotto i 35 anni, nonostante abbia un lavoro, è sulla soglia della povertà.

Negli ultimi decenni con la globalizzazione, “lavorare peggio pur di lavorare” è diventata una via senza ritorno. L’Italia si colloca tra i peggiori paesi europei per il “lavoro dispari”, per la scarsa occupazione femminile, per gli stipendi bassi e per il precariato. La conseguenza è  un impoverimento di un’importante “linfa” che potrebbe rendere più forte un’economia che stenta a decollare.

Se non verrà trovata una soluzione efficace si potrebbe andare incontro in futuro a un’inadempienza dei pagamenti delle pensioni e dei servizi dello Stato. Un’economia malata porta a un taglio dei costi con meno sicurezza lavorativa, a discapito dei più deboli e delle donne.

Il gender pay gap (divario retributivo di genere) è la sintesi di quello che accade più frequentemente nel mondo del lavoro sebbene l’uguaglianza di retribuzione sia tutelata con la legge n. 162 del 5 novembre 2021. Pari opportunità, divario salariale e parità di genere però spesso non sono garantite, infatti l’Eurostat ha calcolato che la differenza salariale che nel pubblico è di circa il 14%, nel privato  sale al 40%.

Nelle libere professioni aumenta sino al 45%. Anche nel settore della sanità, dove le donne hanno una presenza massiccia, nulla cambia: gli stipendi sono sempre più bassi. Un altro dato importante riguarda le donne con un titolo di studio; più del 70% hanno un’occupazione ma una parte di esse non ricopre i ruoli per i quali hanno studiato.

La facoltà che si sceglie influisce molto sulla possibilità di trovare facilmente lavoro. Se le donne sono indirizzate più sugli studi umanistici, gli uomini scelgono di più quelli scientifici dove la retribuzione è ben più alta già di suo.

Fra chi non possiede un titolo di studio, solo il 30% trova un’occupazione. La difficoltà di trovare un lavoro dipende anche dal luogo dove si vive e spesso il doversi adattare è l’unica delle possibilità.

Per quanto riguarda le offerte di lavoro c’è l’imbarazzo della scelta, purtroppo quando si legge attentamente si trovano lacune sulle informazioni. Non vengono citati il tipo di contratto, gli orari e il salario. Per i lavori stagionali, questo è il periodo più caldo per le offerte, ma la maggior parte vengono declinate a causa  del trattamento economico non adeguato e degli orari che rendono l’attività pesante  con pause limitate all’osso e giorni di riposo al minimo.

C’è ancora tanta disinformazione. Alcune donne non sanno che possono, tramite le associazioni sindacali, far valere i propri diritti; altre lo sanno, ma pur di non perdere il lavoro, tacciono.

Qualche cambiamento sta avvenendo: il Parlamento europeo infatti, con una nuova direttiva riguardo la “Pay trasparency”, prevederà nelle offerte e nei colloqui di lavoro l’obbligo di  dichiarare la retribuzione e non si potrà più chiedere quanto si guadagnava nelle mansioni precedenti per non influenzare l’offerta.

La normativa Ue però dovrà essere adottata dai Paesi membri, nel diritto nazionale, entro tre anni. La trasparenza retributiva sarà uno strumento importante per contrastare il divario salariale di genere, rendendo pubblico ciò che è stato sempre eclissato. Peccato che la strada sia ancora lunga da percorrere e le leggi e le norme dovrebbero essere attuate e approvate senza attendere troppo tempo.

Se da una parte ci sono donne che si sono affermate lavorativamente ed economicamente, dall’altra ce ne sono altrettante, anche talentuose e intraprendenti che non riescono a sbocciare.

Siamo in una società dove la meritocrazia spesso non fa da padrona, dove la capacità e l’esperienza non vengono calcolate perché “non si hanno le conoscenze giuste”. Brutto dirlo ma la realtà è questa.

La nostra speranza è che ci sia “un’evoluzione di genere”, solo così potremmo raggiungere dei traguardi che possano ridare al gentil sesso quello che gli è stato negato per troppo tempo.

Luisa Fascinelli