(Lerici In di agosto 2019)
Dopo che una nostra “inviata” nel 2017 ha sperimentato “sulla sua pelle” la scuola cinese, ora andiamo a verificare come funziona la scuola indiana con l’aiuto di BEATRICE ACCAME.
Cominciamo dall’orario: ore 7.00 – 7.45 tutti insieme nel cortile della scuola: preghiera, discorso del giorno e inno nazionale (foto sopra); ore 7.45 – 13 didattica con pausa di 5 minuti tra una lezione e l’altra; ore 13 – 14 pausa pranzo;
ore 14 – 17 didattica a al termine svolgimento compiti; preghiere cena e un ora di studio nel convitto. Si comprende quindi come già da scolari gli indiani siano predisposti a lavorare per nove-dieci ore. Beatrice Accame è studentessa di liceo scientifico e ha scelto di frequentare il quarto anno in India tramite Intercultura. Ora si appresta a completare il suo ciclo di studi a Montepulciano. Beatrice è nipote del deputato/ammiraglio Falco Accame e figlia di Carlo Accame e Lorella Dapporto, gestori del bagno Arcobaleno e osservatori dell’ONU. Di seguito la coinvolgente intervista a Beatrice Accame:
D. Perché hai scelto di frequentare un anno di liceo all’estero?
R. Ho scelto di iscrivermi ad Intercultura perché sono curiosa di conoscere ciò che ci circonda. Grazie a questa associazione ho avuto l’occasione di superare i miei limiti, incontrare persone da tutto il mondo, venire a contatto con culture diverse da quella in cui sono cresciuta, entrare a far parte di una famiglia che mi ha accolto come se fossi figlia loro da sempre. Un anno all’estero non è solo un’esperienza ma una vita intera. D. Come si è svolto questo percorso scolastico? Eri insieme ad altri studenti stranieri?
D. Quali erano i rapporti con i compagni indiani? Quale era la lingua veicolare?
R. Ho condiviso l’esperienza con altri due ragazzi di Intercultura: Tommaso, di Roma, e Thanaroj, di Bangkok (foto sopra). Durante tutto l’anno ci siamo supportati a vicenda cercando di superare insieme tutte le difficoltà che si presentavano e festeggiando insieme periodi
di estrema felicità; potrei definire l’anno all’estero come un “roller coaster” di emozioni! Per quanto riguarda la vita scolastica ho trascorso gran parte della mio tempo con due ragazze indiane Pooja e Rajvee (foto a destra), con le quali condividevo una stanza nel dormitorio del campus. Grazie a loro ho superato molti momenti di nostalgia e difficoltà, sono state due pilastri fondamentali del mio anno all’estero. Vivendo in un dormitorio passavamo molto tempo insieme e in poco si è creato un rapporto strettissimo. Andavamo infatti anche a scuola assieme, una scuola a modello inglese e dove era obbligatorio indossare la divisa, che comprendeva: camicia, cravatta, gonna, cintura, leggins, calze e scarpe. La lingua parlata era l’inglese, che però si mescolava con l’Hindi (lingua ufficiale indiana) e il Gujarati (lingua dello stato in cui vivevo, il Gujarat).
D. Come si articola l’attività scolastica indiana?
R. La scuola per gli indiani è fondamentale, infatti la vita dei ragazzi è concentrata sullo studio. La mattina dalle sette a mezzogiorno e mezzo a scuola si seguivano le lezioni che variavano in base ai corsi che decidevi di seguire ad inizio anno. Al suono dell’ultima campanella tornavamo in dormitorio, mangiavamo alla mensa e dopo un pisolino tornavamo a scuola per i corsi extra. Nel tardo pomeriggio tornavamo in dormitorio per finire i compiti. Prima di andare a cena, io e tutte le ragazze del dormitorio venivamo chiamate per pregare e per fare l’appello di tutte le stanze, che erano più di cento. Finita la preghiera cenavamo insieme e ognuno ritornava nelle proprie stanze. La sera era prevista un’ora di studio (foto a destra), che trascorrevamo tutte insieme ma controllate della coordinatrice del dormitorio. La routine scolastica era molto rigida e impegnativa perché oltre allo studio, dovevamo pulire le stanze e lavare i vestiti e divise a mano. Nonostante il carico di studio, quasi ogni mese avevamo delle vacanze che duravano quattro o cinque giorni ed erano previste per via delle molteplici festività religiose. È necessario ricordare che in India convivono diverse culture e religioni; il multiculturalismo diventa una delle caratteristiche inevitabili della democrazia più grande del mondo. È davvero affascinante come, anche nell’ambiente scolastico, l’accettazione della diversità diventi parte fondamentale!
D. Ne hai approfittato per fare qualche gita?
R. Grazie a Intercultura abbiamo fatto un tour del
sud dell’India, riuscendo a visitare Bangalore, Chennai, Ponticherry e Kodagu. Abbiamo viaggiato in pullman la maggior parte del tempo, passando da una città all’altra e fermandoci per mangiare qualcosa. Gli indiani sono molto accoglienti e quando vedono turisti in difficoltà sono sempre disposti ad aiutare, dando indicazioni, offrendo acqua o un posto in cui riposarsi.
D. Cosa ne pensi della scuola indiana?
R. Come ho già detto in precedenza la vita dei ragazzi è incentrata sullo studio, questo ovviamente se le condizioni della famiglia lo permettono. Infatti in India tutt’oggi moltissimi bambini e ragazzi non riescono ad accedere all’educazione per motivi economici. Durante l’anno ho iniziato un percorso di volontariato e siamo andati in scuole pubbliche, dove abbiamo interagito con bambini, che vivono in condizioni di povertà assoluta. È stato in quelle situazioni che ho apprezzato veramente ciò che ho ma allo stesso tempo mi è cresciuta una rabbia interiore perché non è possibile che ancora oggi, nel ventunesimo secolo, ci siano milioni di bambini che non riescono ad avere l’opportunità di ricevere un’educazione anche se si tratta di un diritto fondamentale.
D. Cosa ne pensi dell’India?
R. È difficile per me trovare parole adatte per descrivere ciò che provo quando penso all’India. È un paese magnifico; è incredibilmente colorata, ricca, speziata, affettuosa, accogliente ed unica, ma è anche incredibilmente povera, tradizionalista, conservatrice ed inquinata. Amo l’India e un pezzo di me le appartiene, perché mi ha regalato emozioni che non avevo mai provato prima, mi ha permesso di conoscere amici che rimarranno parte della mia vita, mi ha fatto entrare a far parte di una famiglia che considero tale e che mi manca ogni giorno di più, mi ha fatto conoscere una cultura piena di storia, riti e tradizioni di cui mi sono follemente innamorata, mi ha fatto sentire a casa dal primo giorno che sono arrivata. L’India è diventata casa mia tanto quanto lo è l’Italia.
Sandro Fascinelli