(da Lerici in di aprile 2024)

A 66 anni, Marco Secondo, di professione architetto e imprenditore turistico, ha esordito con Ce il suo primo romanzo sottotitolato Quando l’amore non ha confini. Giuseppe Tomasi di Lampedusa aveva invece sessant’anni quando nel 1956 finì di scrivere un capolavoro uscito due anni dopo, Il Gattopardo.

In ambedue i casi si tratta di opere di narrativa a sfondo storico. Entrambe raccontano infatti le trasformazioni avvenute nella società italiana: nella prima circostanza con il passaggio dalla Monarchia e dalla dittatura fascista all’avvento della Repubblica, nella seconda con l’unificazione della Penisola ad opera del Risorgimento.

Ai primi del Novecento, su richiamo degli scrittori romantici che abitarono nelle nostre zone, i nobili inglesi William Percy ed Helen Lavinia Cochrane acquistarono a Pugliola una dimora gentilizia settecentesca (ora Villa Rèzzola, proprietà del FAI), con una favolosa vista sul Golfo dei Poeti. La fecero ristrutturare quindi interamente aggiungendovi una torretta e circondandola con un grande parco così descritto dall’Autore di Ce [N.d.R.: tutte le citazioni tra virgolette e in corsivo sono trascrizioni dal libro]:

«Dal livello dei saloni affacciati sul grande terrazzo, si scende un’ampia scala balaustrata tramite la quale si accede al magnifico giardino […] architettato all’italiana con aiuole, vialetti e fontane. Tutto intorno prosegue invece la vegetazione esotica, che si arricchisce di piante autoctone come querce, cipressi e un immenso uliveto, e si arriva nella parte di giardino all’inglese con radure e percorsi apparentemente casuali ma ordinati».

Su questo acquisto fatto dalla coppia straniera, che trasformerà la fisionomia di Pugliola, s’innesta l’avvio del racconto di Marco Secondo, che scrive:

«Forse fu proprio lei, lady Lavinia, così passionale e romantica, a restare incantata dalla bellezza del posto, dalla Villa e dal sole italiano, a decidere di passare il resto della sua vita nel nostro paesino. Sicuramente fu lei, anche se le cronache maschiliste dell’epoca magnificano sempre e solo Lord Cochrane, a prodigarsi per rendere quell’agglomerato di case in cima alla collina dietro Lerici, un villaggio moderno.

Forse per un’innata gratitudine verso la bellezza del luogo che così magnificamente l’aveva accolta, spese, letteralmente, una fortuna per realizzare opere pubbliche che avrebbero completamente cambiato la sua fisionomia.

In primis fu la strada che collegò l’ingresso principale della Villa, dalla Via Militare […] al piazzale della Chiesa di Santa Lucia. Circa trecento metri di strada carrabile che avrebbero reso più semplice la vita a tutti i paesani. […] Un borgo popoloso di casette e viottolini che dalla crosa principale si diramano sulle due pendici della collina, e che prima non era accessibile neanche a una carrozza. Ma Lady Cochrane viaggiava su una magnifica Rolls Royce decapottabile!» 

Poi fu la volta dell’acquedotto, delle fontane, dei lavatoi, dei trogoli coperti, dell’asilo infantile, delle scuole elementari.

Angelo Botto, abile imprenditore edile di Pugliola che lavora a tempo pieno alle opere commissionate dai Cochrane a cominciare dalla torretta della villa, è il bisnonno dell’Autore.

E la nipote di costui è proprio la Ce (Cesarina) Zanello, madre di Secondo e protagonista di questo libro.

Nel 1919 William Percy ed Helen Lavinia si separarono: lei rimase in Italia mentre lui se ne andò in Francia. Lord Cochrane era così soddisfatto dei lavori realizzati da Angelo Botto che lo chiamò a sé per farsi costruire un’altra residenza. Sorse così a Menton, al numero 10 di Cochrane Avenue e a poca distanza dal lungomare, “Villa La Victoire” che oggi è diventata Conservatorio Musicale cittadino [vedi foto].

Come a Pugliola anche a Menton brillò la munificenza dei Cochrane (foto sopra) che si concretizzò nella realizzazione e donazione alla città dell’Hôpital des Invalides, per i reduci di guerra mutilati.

Fu lady Lavinia ad appassionare Cesarina da piccola alla conoscenza delle lingue, a cominciare da quel-la inglese, e fu così che la Ce diventò la prima donna lericina laureata, concludendo i suoi studi all’università L’Orientale di Napoli, durante la seconda guerra mondiale.

La Villa intanto non apparteneva più ai Cochrane ma era stata venduta a dei nobili romani, i Carnevale. E, dopo l’Otto Settembre, fu requisita assieme a Villa Marigola dagli occupanti tedeschi.

Sarzana, Hotel Laurina, targa commemorativa a Rudolf Jacobs
 

Si inserisce qui la delicata storia del rapporto della Ce con Rudolf Jacobs, capitano della Marina Militare Tedesca, di stanza proprio alla Rèzzola.

«Infatti, Villa Cochrane-Carnevale, per la sua posizione strategica che domina l’imbocco del Golfo dei Poeti dove si trova il maggior porto militare d’Italia, era al riparo da eventuali attacchi aerei dei nemici, ma al contempo sufficientemente vicina al porto stesso per controllarne ogni movimento».

La Ce (foto sopra © dell’autore) si ritrova a fare da segretaria traduttrice a Jacobs e da informatrice per i partigiani. A settembre del 1944, dopo aver caricato un autocarro di fusti di benzina e di armi, Jacobs e il suo attendente abbandonano Pugliola e si uniscono ai partigiani della Brigata “Ugo Muccini”.

Com’è noto, il 3 novembre ’44 Jacobs, alla guida di una pattuglia internazionale di partigiani, attacca la caserma delle Brigate Nere all’hotel “Laurina” di Sarzana, ma la sua arma s’inceppa nel- l’assalto e lui muore in combattimento.

Un’altra storia d’amore intanto s’inserisce per la Ce fra le pieghe dei drammatici eventi dell’ultimo anno di guerra e il pregio di questo romanzo sta proprio nel non perdere mai la dimensione umana dei protagonisti: persone, sotto le divise, al di qua e al di là degli schieramenti, che come Jacobs scandiscono la differenza fra la barbarie e un desiderio collettivo di pace, di rinascita.

Neanche l’immediato dopoguerra è esente dai suoi errori ed orrori e la normalizzazione, la ripresa sono imprese comunque in salita, ma la grinta della Ce ha la meglio.

Ed ecco che il figlio, un’ottantina d’anni da quei drammatici eventi, può ricucirne a posteriori la storia della propria madre e darsi delle risposte sulle domande poste in Prefazione:

«Perché mia madre non era stata perseguitata? Era una domanda ovvia che avrebbe dovuto venirci in mente quando era ancora in vita, ma perché in tutti questi anni nessuno di noi figli gliela aveva mai posta?

Perché lei non aveva mai raccontato nulla?

Perché nel paese dei nonni, Pugliola, non voleva mai avere a che fare con la bellissima Villa Cochrane e impediva a noi bambini persino di spiare dal cancello?

Eppure, ci raccontavano che quella Villa era stata costruita dal nostro bisnonno: allora perché dovevamo “evi-tarla” come la peste?

Perché nessuno di noi figli sapeva che avesse avuto dei rapporti con i Partigiani?

Perché, a parte Giovanna, nessuno dei numerosissimi parenti coi quali eravamo stati in strettissimi rapporti, aveva mai accennato ai trascorsi bellici di famiglia e di nostra madre? […]

Chi erano quegli “amici” tedeschi che ci facevano visita nel dopoguerra?

Che rapporti aveva avuto il bisnonno e, di conseguenza, mia madre, con la famiglia Cochrane?

Cosa faceva mia madre al “revier”, l’infermeria tedesca allestita nella Villa nei pressi della spiaggia della Venere Azzurra?

Che rapporti aveva avuto col Capitano Rudolf Jacobs che comandava la Villa durante l’occupazione nazista, visto che il “revier” era all’interno della Villa?

Perché si vantava di essere andata qualche volta in bicicletta fino ad Aulla alla fortezza della Brunella in tempo di guerra?

Cosa ci andava a fare se anche la Brunella era occupata dai tedeschi?

E perché si vantava di essere stata qualche volta trainata dalle camionette dei tedeschi da Carrara a Sarzana?

Come era possibile? E cosa ci andava a fare a Carrara in bicicletta? […]

Perché ogni volta che passavamo nei pressi di Stazzema le veniva un magone […]?».

A queste e altre domande Marco Secondo ha trovato delle risposte che rendono appassionante il suo libro.

Per chi volesse conoscerle l’opera è in vendita su Amazon e presso la libreria Mondadori di Sarzana.

Maria Luisa Eguez

La CE ispiratrice della storia

Documento della Marina Tedesca di CE (archivio di marco Secondo ©)

Nel luglio del ’43 Caterina, alias Cesarina (vulgo: Ce), si è appena laureata in tedesco e inglese presso l’Università Orientale di Napoli. Nell’Italia lacerata dalle convulsioni belliche seguite all’8 settembre, grazie all’occupazione nazista, Cesarina mette a frutto i suoi studi lavorando a Lerici come interprete per la Todt a Villa Rèzzola ed infermiera per la Kriegsmarine al Revier della Venere Azzurra.

Uno zio partigiano la spinge ad approfittare dei suoi ottimi rapporti con i comandi tedeschi per trafugare i piani del Vallo Ligure e delle propaggini spezzine della Linea Gotica. La sua missione segreta, che svolge con lo stesso zelo militare dei suoi impegni ufficiali, la coinvolgerà sentimentalmente col capitano Rudolf Jacobs, locale comandante della Todt, fino ad indurlo al tradimento per arruolarsi nelle fila dei Partigiani. Ma la prematura morte di lui in un’azione di guerriglia metterà Ce in pericolo di vita fino alla fine delle ostilità, quando la giovane vivrà un’appassionante e fugace relazione con un altro ufficiale che perderà di vista durante la ritirata dell’esercito nazista nell’aprile del ‘45.

Dopo avere rischiato di essere giustiziata come collaborazionista in seguito a una falsa accusa mossale da un tribunale popolare rinasce a nuova vita allontanandosi da Lerici verso Genova e continuando a sognare un giorno di poter sposare il suo ultimo amore di guerra che rincontrerà alcuni anni dopo in Svizzera.            

Sandro Fascinelli

VISITA A VILLA COCHRANE sotto