Noi ne avevamo parlato nel mese di febbraio 2020 con quest’articolo di Alfredo Lupi in cui ricordavamo Sergio Vivoda, un ragazzo di otto anni morto nella strage e sepolto al cimitero di San Terenzo.
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di Sio-Ca’ ( Alfredo Lupi )
Il prossimo 10 febbraio ricorrerà il “Giorno del Ricordo “ istituito con legge 30 marzo 2004 n.92 per conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe , dell’esodo dalle loro terre degli istriani , fiumani e dalmati dopo la fine della seconda guerra mondiale. La data del 10 febbraio è stata prescelta perché è il giorno del 1947 in cui furono firmati i trattati di pace di Parigi che assegnarono alla Jugoslavia l’Istria , il Quarnaro, le città di Zara con la sua provincia e la maggior parte della Venezia Giulia in precedenza facenti parte dell’Italia.
Cosa sono le foibe? Le foibe sono cavità tipiche della regione carsica che vennero usate, dal 1943 al 1945 e anche dopo la fine della guerra, dai partigiani jugoslavi per gettarvi corpi umani di italiani che consideravano come classe dominante e fascista contro cui lottare. Purtroppo però furono gettati nelle foibe moltissimi cittadini innocenti la cui unica colpa era di essere italiani. Al massacro delle foibe seguì l’esodo dei profughi che dovettero rientrare in Italia lasciando le loro case e tutto ciò che possedevano.
Voglio commemorare questo 10 febbraio con la storia di un ragazzo della mia età Sergio Vivoda che doveva rientrare in Italia con i suoi genitori, che avrebbe potuto essere un mio compagno di scuola , un amico di giochi che avrebbe potuto nuotare con me e invece tornò in Italia in una bara.
Il 18 agosto 1946, sulla spiaggia di Vergarolla (Pola), si sarebbero dovute tenere le tradizionali gare natatorie per la Coppa Scarioni, organizzate dalla società dei canottieri . La manifestazione aveva l’intento dichiarato di mantenere una parvenza di connessione col resto dell’Italia. Per la cronaca la Coppa Scarioni veniva disputata in molte località delle coste italiane ed anche noi ragazzi santerenzini e lericini vi partecipavamo .
La spiaggia era gremita di bagnanti, tra i quali molti bambini. Ai bordi dell’arenile erano state accatastate, secondo la versione più accreditata, ventotto mine antisbarco per un totale di circa nove tonnellate di esplosivo ma ritenute inerti in seguito all’asportazione dei detonatori, ma evidentemente qualcuno le aveva riarmate perché alle 14,15 esplosero ed uccisero diverse decine di persone. Secondo le dichiarazioni, basate sui documenti della polizia alleata, della corte militare di inchiesta, dei cimiteri di Pola e dell’anagrafe di Pola, i morti accertati furono 65. Quasi un terzo erano bambini o avevano meno di 18 anni. Sembrano inoltre accreditati cinque anonimi dispersi.
Il boato si udì in tutta la città e da chilometri di distanza si vide un’enorme nuvola di fumo. I soccorsi furono complessi e caotici, anche per il fatto che alcune persone furono letteralmente “polverizzate”. Questa è una delle cause per cui non si riuscì a definire l’esatto numero dei morti, tuttoracontroverso. Una cosa è certa il povero Sergio Vivoda dell’ età di 8 anni era una delle vittime.
I genitori quando riuscirono a partire per l’Italia vollero portare con loro la salma del figlio e lo tumularono nel cimitero di Santerenzo dove ancor oggi i suoi resti riposano insieme a quelli dei suoi genitori (foto sopra).