Quell’’eroe che combatté nello Spezzino e divenne presidente del Senato degli Stati Uniti d’America

di Ferruccio Repetti – Mar, 06/12/2011 –

La notizia gliel’’hanno comunicata, via lettera scritta a mano, gli alunni delle scuole di Lerici, gli stessi che mandano regolarmente alle stampe il periodico «Lerici In» diretto da Sandro Fascinelli, e fanno inchieste, reportage, servizi spesso molto più scrupolosi e documentati di quelli dei professionisti del giornalismo da scrivania.

E allora lui, Daniel Inouye, 89 anni, attuale presidente del Senato degli Stati Uniti, eroe di guerra decorato al Valor militare in America, da questa lettera è venuto a sapere, alle natìe Haway, che… non è morto in battaglia il 21 aprile del ’45 a Fosdinovo, nello Spezzino, come certificava la «storiografia» ufficiale del posto, con tanto di elogio funebre riportato nel libro del partigiano Almo Baracchini.

A scoprirlo – ne dà notizia il quotidiano Il Secolo XIX nell’edizione spezzina – sono stati proprio i ragazzi di Lerici che, non accontentandosi della versione classica sull’eccidio di Bardine, pur avallata da tante rievocazioni resistenziali, si sono messi in caccia della notizia «vera», come fanno (dovrebbero fare) i cronisti veri. E la verità è venuta fuori: il libro di Baracchini riporta i fatti in maniera molto parziale.
In particolare, il fatto bellico cui si fa riferimento a proposito di Inouye è andato in maniera un po’ diversa da come si racconta nelle pagine dell’autore-storiografo ufficiale (che, sia detto per inciso, se n’è andato nel 2009 alla veneranda età di 91 anni).
I fatti: l’allora giovane sergente americano che combatteva assieme ai partigiani venne ferito allo stomaco da una scarica di mitragliatrice tedesca, ma trovò ancora la forza di scagliarsi contro il nemico e lanciare una bomba. Fatale, a quel punto – ma, come si vede, «fino a un certo punto», non oltre – fu la granata che lo colpì, gli devastò un braccio e gli fece perder i sensi. A quei giorni risalgono le due versioni antitetiche e inconciliabili: per Baracchini, Inouye spirò eroicamente sul posto e fu decorato, postumo, dai partigiani. In realtà, come ricorda Sergio Marchi, amico di Baracchini, il sottufficiale americano venne raccolto e curato, e nonostante la mutilazione dell’arto così gravemente ferito, salvò la vita e, al termine del conflitto, tornò in patria salutato da eroe.
Da allora, per lui, fu tutto un susseguirsi di studio e lavoro intensi, fino a raggiungere i vertici delle istituzioni: abbandonata, per la menomazione, la facoltà di Medicina che già frequentava con profitto, Inouye si laurea in Legge, diventa un brillante avvocato, viene eletto prima alla Camera dei Rappresentanti, poi al Senato, di cui diventa decano, nove mandati consecutivi, e infine presidente. Vivo e vegeto, naturalmente, e in ottima salute.
E se è vero com’è vero che la falsa notizia della dipartita allunga la vita, c’è da credere che Inouye – che nel frattempo, rimasto vedovo, si è risposato con una bella signora californiana – l’abbia presa molto bene, la lettera degli alunni di Lerici: un auspicio e un augurio, in fondo, per chi così tante ne ha passate, e altrettante può raccontarne per chissà quanti anni ancora.