(da Lerici In di dicembre 2021)
Una sfida riuscita a pochi italiani
Il santerenzino Andrea Zanello ci racconta la sua esperienza:
Una sfida riuscita a pochi italiani
Il santerenzino Andrea Zanello ci racconta la sua esperienza realizzata assieme ai suoi amici lericini Teseo Stefanini, Massimiliano Marianetti, Enrico Mazzi, Federico Di Carlo:
“Con il 2022 sono ormai tre lustri da quando un gruppetto di cinque nuotatori lericini ha portato a termine una piccola, ma significativa impresa sportiva: la traversata a nuoto delle Colonne d’Ercole e cioè dello Stretto di Gibilterra. Tra l’8 e l’11 agosto del 2007, infatti, Federico, Teseo, Enrico, Massimiliano ed io, partiti in auto da Lerici, siamo andati “letteralmente via mare” in meno di 4 ore e mezza dall’Europa all’Africa e cioè dalla Isla de Tarifa (Spagna) a Punta Cires (Marocco), poco più di 8 miglia marine. Prima di noi, solo tre italiani erano iscritti in questo speciale Albo d’Oro.
Come sanno bene i nostri naviganti, il primo ostacolo sono state le condizioni meteo: mare e vento, correnti e nebbia (soprattutto d’estate), contro i quali hanno combattuto per millenni velieri e imbarcazioni di ogni tipo, prima che il “vapore” semplificasse di molto l’entrata e l’uscita dal Canale.
Ma azzeccate le poche ore giuste di bel tempo e di calma piatta, i “nemici” sono stati soprattutto l’acqua fredda del flusso atlantico entrante ed il traffico navale (traghetti e mercantili di ogni genere) come sull’auto-strada nell’ora di punta, gestito con grande perizia ed efficienza (con le autorizzazioni delle capitanerie e con radio e gps) dai barcaioli che ci hanno guidato e assistito.
E i pescecani? Avevano altro da fare e soprattutto altro da cacciare in un sito ricco di prede di ogni genere e, di conseguenza, per pranzo hanno preferito spigole e ricciole, seppie e calamari, acciughe e sardine, molto più buone e saporite di noi.
La compagnia è stata garantita dagli immancabili e affettuosi delfini, da un piccolo branco di balene-pilota e da qualche altro bel pesce comparso qua e là, incuriosito da quegli strani soggetti che si agitavano in superficie, sbracciandosi senza posa.
Eravamo e siamo tutti nuotatori master, abituati alla Byron e alle gare del Trittico, ma credo che il segreto vero sia stato quello di non domandarsi mai “quanto manca?”: godersi il mare; lasciarsi letteralmente cullare dall’onda lunghissima oceanica (senza accorgersene si sale, si sale, si sale e poi si scende, si scende, si scende …); sentire null’altro che il mormorio dell’acqua rotta e aperta dalla bracciata e dal corpo che avanza; i raggi del sole che, rifrangendosi, si chiudono verso il fondo.
Ogni tanto l’assistenza (santi subito! non foss’altro che per la pazienza) che ti passa un po’ di the zuccherato e ti aggiusta la rotta e abbandonarsi a questo tratto magico tra l’infinito del cielo di sopra e l’immenso delle profondità dell’abisso di sotto. Quattro ore e mezza sono così volate via in un attimo e finalmente l’Africa, continente primigenio, ricco di suggestioni ancestrali, l’altra colonna d’Ercole.
Dietro l’angolo, Ulisse che fa l’occhiolino (“Fatti non foste a viver come bruti / ma per seguir virtute e conoscenza” – n.d.r. Dante, Inferno, canto XXVI, 119-120); poco più in là, tra le mille suggestioni possibili, la Palos di Colombo e il Capo Trafalgar dell’Ammiraglio Nelson. Di lato, l’Oceano e, lontano, in fondo in fondo, l’America.
Nel cuore, entusiasmo, gioia e commozione per la buona riuscita della singolare, ma non banale impresa, da raccontare ancora oggi a quindici anni di distanza (come mi ha chiesto Sandro Fascinelli che ringrazio).
Una contaminazione fisica, una confusione di umori, un gesto mitico e un po’ folle, in un luogo che da almeno quarantamila anni, dall’homo sapiens alle epocali migrazioni di oggi, rappresenta un punto caldissimo di contatto e di scambio per tutti quanti noi, abitanti di questo unico e amatissimo pianeta.
Andrea Zanello