La strage di S.Terenzo Monti e il sacrificio di Enia Valtriani
(da Lerici In di dicembre 2024)
Gli abitanti di Bardine, frazione di San Terenzo Monti (Fivizzano), erano esasperati: “Dovete fare qualcosa contro le razzie di bestiame da parte dei tedeschi”, dissero ai partigiani. In quelle terre povere il bestiame era tutto.
Nella zona operava la banda “Ulivi”, comandata da Alessandro Brucellaria “il Memo”, scalpellino comunista di Carrara. Allora – agosto 1944 – faceva parte della Brigata Muccini, al comando di Alfredo Contri. La Muccini era un gigante di circa 700 uomini, costituitasi il 7 agosto a Tenerano. Minata dalle rivalità e dagli autonomismi delle bande componenti, fu del tutto incapace di opporsi alle stragi nazifasciste. Dopo di esse si squagliò, e le varie formazioni ebbero storie diverse.
A Bardine, a sostegno della Ulivi, intervenne anche la banda “Gerini”, comandata dal sarzanese Bruno Caleo “Fiumi”.
L’azione partigiana ci fu il 17 agosto 1944. I tedeschi ebbero 16 morti, i partigiani uno.
Ecco il ricordo di Giuseppe Cargiolli “Sgancia”, partigiano lericino:
“I tedeschi stavano portando via tutto, le donne chiedevano aiuto, il comandante temeva che, se avessimo reagito, i tedeschi avrebbero ucciso tutti… abbiamo dovuto reagire, ci sono stati 16 morti tedeschi… i tedeschi diventarono belve, ho visto i morti uccisi a raffiche di mitra, c’era una donna con un bimbo di pochi mesi sul petto… e i corpi appesi ai pali lungo la strada per Fosdinovo, con un cartello che impediva di dar loro sepoltura, pena la morte” (Nota 1).
La rappresaglia nazista fu feroce. Due anziani coniugi furono uccisi lo stesso 17 agosto.
Nel corso di una riunione a Fosdinovo, il colonnello dell’ufficio informazioni della 16a “Reichsführer SS” Helmut Looss pianificò l’operazione assegnando al maggiore Walter Reder il comando operativo.
Il 19 agosto i tedeschi tornarono sul luogo dello scontro con 53 prigionieri prelevati a Nozzano (Lucca), in massima parte arrestati nel corso del rastrellamento di Valdicastello (Pietrasanta – Lucca) del 12 agosto, ma anche invalidi ed elementi sospetti. Vennero legati ad alberi, pali, tralci di vite e alla camionetta incendiata dai partigiani due giorni prima, e uccisi con armi da fuoco alla testa. Sulla scena vennero affissi cartelli in riferimento all’attacco partigiano.
Il parroco fu subito ucciso. Nel podere di Valla gli uomini di Reder catturarono 106 persone, per lo più vecchi, donne e bambini, obbligandoli a marciare su e giù lungo la strada. Al suono dell’organetto li fecero danzare: “Tanzen, Tanzen!”. Poi li radunarono sotto un pergolato e li uccisero a colpi di mitragliatrice.
Delle 106 persone due riuscirono a fuggire, una sopravvisse nonostante fosse ferita, perché le SS la credettero morta. Le vittime alla fine risultarono 159.
Tra loro una ragazza lericina, Enia Valtriani. Il padre era prigioniero degli Alleati, in Francia. Ritornerà solo nel settembre 1944, senza nulla sapere della tragedia. Il fratello Loris era partigiano nella Brigata Lunense. La mamma era sola con Enia e con il fratello più piccolo, Franco, sei anni. Franco era ammalato di pleurite, doveva nutrirsi, a Lerici non poteva farlo. E allora la famiglia sfollò a San Terenzo Monti, in casa di Iole Faccini Piccioli, una conoscente di Lerici.
Ecco come Agnese Pini, nel libro “Un autunno d’agosto”, ricorda Enia:
“C’era una ragazza che si chiamava Enia Valtriani e che era sfollata da Lerici. Da quando era arrivata a San Terenzo, qualche mese prima, per scappare ai bombardamenti, si era allevata una gallina, una bella gallina grassoccia, con le piume tutte bianche, e la portava sempre con sé. La gallina la seguiva dappertutto, come fosse un cagnolino, Enia le voleva bene, la sua mamma la guardava e scuoteva la testa dicendo: ‘Se vai avanti così, finisce che te la porti anche nel letto’. Quando li fecero mettere tutti sotto il pergolato, Enia era rimasta sola a Valla, non c’era la sua mamma e non c’era il suo fratellino Franco: erano in paese, a San Terenzo. Enia aveva solo la gallina con lei, se la teneva forte tra le braccia” (Nota 2).
E ancora:
“Durante la notte, dopo Mario Oligeri, dopo Renato Terenzoni, arrivò a Valla anche la mamma di Enia Valtriani e trovò sua figlia a pancia in giù, con la faccia riversa nel campo: la riconobbe per via della gonna che portava, la sua bella gonna ampia a quadri bianchi e azzurri. Si avvicinò, la girò, mentre la girava vide volare via la gallina bianca che Enia si era tenuta sotto la pancia per tutto quel tempo. Quando raccontava quella storia la mamma diceva sempre: ‘Vedendo la gallina bianca, ho pensato che quella era l’anima di Enia che volava via’” (Nota 3).
Enia aveva 21 anni. Faceva teatro, le piaceva leggere. Le sue lettere, mostratemi dal fratello Franco, dimostrano attitudine alla lettura e alla scrittura. Una lettera alla nonna scomparsa è molto tenera. La mia meta, dice, sarà il sole che tu sognavi. Che importa se dovrò lottare, soffrire…
A San Terenzo Monti, come a Vinca, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto, stanno le radici della democrazia italiana.
Con l’estate 1944 iniziò un periodo molto difficile per il movimento partigiano. L’incapacità dei patrioti di difendere le vite delle famiglie contadine minò in parte il loro rapporto con il mondo rurale. I nazisti uccidevano anche per questo.
Il passare delle settimane e dei mesi tendeva però ad attenuare i contrasti. Vi furono famiglie che, pur coscienti dei rischi che correvano, continuavano a sposare la causa dei patrioti. La Resistenza riprese forza e radicamento popolare, fino alla vittoria del 25 aprile 1945.
Giorgio Pagano
Nota [1] Testimonianza di Giuseppe Cargioli, in Giorgio Pagano, “Eppur bisogna ardir. La Spezia partigiana 1943-1945”, Edizioni Cinque Terre, La Spezia 2015, pp. 201-202.
Nota [2] Agnese Pini, “Un autunno d’agosto”, Chiarelettere, Milano 2023, pp. 231-232.
Nota [3] Ivi, p. 237.