Rinaldi, Carozzo, Salvadorini, i fratelli Landi, Chiappini, Gazzoli: i partigiani lericini caduti nella seconda metà del 1944

(da Lerici In di marzo 2025)

Il contributo dei lericini alla Resistenza fu pari a quello di pochi altri territori. Numerosi furono i partigiani caduti. In precedenti articoli mi sono soffermato sui primi martiri: Giovanni Pelosini, Nino Gerini, Angelo Trogu, Ubaldo Colotto. Questo articolo è dedicato a chi fu ucciso nella seconda metà del 1944.

Giovanni Rinaldi, nato a Zeri il 30 gennaio 1926, risiedeva a Pugliola. Nel maggio 1944, diciottenne, era salito ai monti nella Brigata Centocroci, operante tra alta val di Vara e val di Taro. La banda fu protagonista della costituzione della zona libera del Taro. Il 15 giugno occupò Bedonia, le altre bande Borgotaro il 26 giugno. La zona libera comprendeva anche territori liguri, tra cui San Pietro Vara e Varese Ligure. Fu un primo tentativo di democrazia dal basso dopo vent’anni di dittatura. Ma i tedeschi non potevano tollerare la perdita del controllo di infrastrutture viarie e ferroviarie strategiche, che collegavano La Spezia con la pianura padana, e si impegnarono accanitamente per la loro riconquista. La valle fu eroicamente difesa per tutta la prima quindicina di luglio, in memorabili battaglie. Giovanni, nome di battaglia “Matteo”, fu protagonista a San Pietro Vara il 3 luglio. Quel giorno la Centocroci attaccò il posto di blocco al ponte di Borsa. Dopo quattro ore di scontri a fuoco, i patrioti riuscirono ad avere la meglio: ma rimase sul campo l’ardimentoso “Matteo”, che morì in seguito alle gravi ferite riportate.

Giulio Carozzo, nato alla Spezia il 2 marzo 1920, abitava a Lerici. Nome di battaglia “Andrea”, entrò a far parte della Brigata Lunense, attiva tra Lunigiana e Garfagnana, nell’aprile 1944. La sera dell’ 8 agosto 1944 si tenne, a Regnano di Casola, un convegno a cui parteciparono molti rappresentanti di formazioni di Liguria, Garfagnana e Lunigiana. Lo scopo era l’unificazione di molte brigate in un’unica Divisione: nacque  qui la Divisione Garibaldi Lunense. Grazie a una delazione, i nazisti erano venuti a sapere del convegno. La sera stessa bussarono alla porta di casa di Innocenza Matazzoni, a Montefiore, madre di Umberto Guidotti, partigiano della formazione “La Spezia”. I nazisti volevano sapere la strada principale per raggiungere la “Casa Grande” di Regnano, dove si stava svolgendo la riunione. La Matazzoni, compreso il pericolo, indicò una strada molto lunga. A piedi scalzi andò a chiamare un’amica, Ermelinda Sisti. Le due s’incamminarono velocemente per Regnano e avvertirono i partigiani. Purtroppo, malgrado l’avviso delle due donne, quella notte una pattuglia tedesca uccise Giulio, che era appostato di guardia. La mattina del 9 agosto la madre Anna salì a Regnano: voleva annunciare a Giulio che era nata Tilde, sua figlia. Una sfollata spezzina la riconobbe, la informò della disgrazia e le disse di non avvicinarsi: i tedeschi avrebbero potuto fare una strage. La madre dovette venire via senza potersi prendere cura del corpo del figlio.

A Sacile, in Friuli, morì impiccato, il 22 agosto 1944, un partigiano che aveva risieduto a Lerici. Era nato a Nizza Monferrato il 22 gennaio 1903. Si chiamava Giacomo Salvadorini (nome esatto, non Giovanni come erroneamente inserito nella foto sopra), nome di battaglia “Brodo”, ed era, da inizio luglio, un partigiano della Divisione Nannetti della Brigata garibaldina Menotti, operante nell’altipiano  del Cansiglio. Il suo coraggio e il suo altruismo sono testimoniati dalla motivazione con la quale fu insignito della Medaglia di bronzo al valor militare: “In condizioni ambientali particolarmente difficili, durante la lotta di Liberazione, Salvadorini si faceva apprezzare per le sue eccezionali doti di decisione e audacia. Nel corso di una missione fu segnalato ai nazisti. Aggredito da una pattuglia di teutonici si difese senza esitazione, a colpi di pistola, uccidendo due tedeschi e consentendo al suo compagno di porsi in salvo. Interrogato e seviziato barbaramente da nazisti e italiani, non rivelò alcunché, affrontando con contegno fiero ed esemplare i boia che lo impiccavano”.

Il 26 ottobre 1944 un gruppo di partigiani scese ad Ameglia per prendere prigioniero il brigatista nero Amore, per farne oggetto di uno scambio. Amore riuscì a evitare la cattura. I partigiani presero prigioniero un altro fascista, Guido. Costui, in località Crociata, si ribellò e fu ucciso. Scattò il rastrellamento, guidato dai fascisti amegliesi. A operare fu il reparto della Brigata Nera Tullio Bertoni della Spezia.

I fascisti rastrellarono molti amegliesi e cittadini delle zone circostanti e li portarono al bivio per il paese, in una casa. Tanti si salvarono perché conoscevano i fascisti, secondo alcuni. Secondo altri perché li pagarono in denaro. In quattro non sfuggirono e furono uccisi: due amegliesi e i fratelli Luigi e Felice Landi di Lerici, nati rispettivamente il 21 agosto 1921 e il 6 giugno 1924, sorpresi a zappare la terra alla Rocchetta.

Erano renitenti alla leva repubblichina, probabilmente collaboravano con i partigiani. Una testimone raccontò che le pallottole avevano lasciato sui loro volti buchi rotondi, uno in mezzo alla fronte, altri alle tempie, e che da mani pietose erano stati puliti dal sangue. Ai piedi portavano i loro zoccoletti da lavoro.

Gli ultimi Caduti lericini del 1944 furono due ventenni, partigiani della Brigata garibaldina Muccini, operante in Val di Magra. Sergio Chiappini, nome di battaglia “Sergio”, era nato a Sarzana il 31 dicembre 1924 e risiedeva a Lerici. Partigiano dal luglio 1944, morì ad Arcola il 2 novembre 1944.

Bruno Gazzoli, nato alla Spezia il 9 dicembre 1924, stava in via del Guercio, vicino a Pugliola. Diventò partigiano nel marzo 1944. Cadde a Prulla di Fosdinovo il 29 novembre 1944, nel corso del terribile rastrellamento contro la Muccini.

La Resistenza superò anche i momenti drammatici che ho ricordato. Nonostante tutto la vittoria tedesca non ci fu mai, in nessuna occasione. I partigiani si ripresero sempre. Ma tanti ancora saranno i Caduti prima della vittoria di aprile: racconterò le loro storie nel prossimo articolo.

(Le fotografie sono tratte da “Lerici nella Resistenza. Calendario ANPI 2015”. La fotografia del partigiano Salvadorini riporta, nel Calendario ANPI 2015, il nome Giovanni; in realtà il nome di Salvadorini era Giacomo, così come scritto nella lapide sita nel Comune di Lerici e in tutti i documenti da noi consultati).

Giorgio Pagano