21 giugno ‘44, Santa Teresa: capolavoro della Marina Militare e della Resistenza
(da Lerici in di settembre-ottobre 2024)
Nell’articolo sulla Resistenza a Lerici del dicembre 2023, La Marina a Lerici dopo l’8 settembre, ho raccontato come Lerici fosse un luogo importante per l’arma, data la sua vicinanza alla base navale e ai cantieri. Lerici fu teatro di alcune tra le più importanti azioni della Marina, quando essa prese contatti con le forze della Resistenza per svolgere missioni di sabotaggio contro i tedeschi e per favorire lo sbarco di materiali destinati ai partigiani.
Proprio a Santa Teresa, in territorio lericino, il 21 giugno 1944 alcuni operatori di mezzi di assalto, trasportati dal cacciatorpediniere Grecale, forzarono le difese della rada e affondarono l’incrociatore Bolzano, che i tedeschi stavano tentando di riparare con lavori di grande manutenzione, e vi danneggiarono un sommergibile. Fu la prima importante azione di sabotaggio, seguita da numerose altre fino alla Liberazione.
L’organizzazione della Resistenza che si sviluppò alla Spezia tra gli uomini della Marina fu quella delle SAP (Squadre di Azione Patriottica), le cui vicende sono descritte nel documento datato 20 giugno 1945 Relazione sull’organizzazione e attività svolte dal gruppo SAP Giustizia e Libertà della Città della Spezia dal settembre 1943 al aprile 1945 (Nota 1), a firma del capo furiere Umberto Vendramin, nome di battaglia “Farinata degli Uberti”. Il documento ripercorre la storia dell’organizzazione clandestina di cui Vendramin fu fondatore insieme al capitano Renato Mazzolani e al capo furiere Guglielmo de Feo.
Nato autonomamente, il gruppo allacciò un legame politico con la Colonna Giustizia e Libertà e quindi con il CLN provinciale, tramite un altro capo furiere, Giuseppe Masi “Giacinto”, che presentò i sappisti della Marina all’esponente giellista Giuseppe Grandis “Gisdippe”.
Una testimonianza preziosa sull’azione del 21 giugno – che vide l’impegno congiunto della Marina del-l’Italia liberata, degli alleati e della Resistenza locale – è quella del sarzanese Guido Bottiglioni “Baffo”, partigiano socialista della Brigata garibaldina Muccini, conservata a Genova nell’archivio dell’Istituto ligure per la storia della Resistenza e del-l’Età Contemporanea:
“Verso la metà di giugno, accompagnati in zona da un incaricato del CLN di Sarzana, giunsero tre giovanottoni infagottati in abiti assai dimessi e palesemente di taglia inadatta alle loro proporzioni, i quali furono nostri ospiti per alcuni giorni. Si trattava di un sottufficiale e di due ufficiali della marina da guerra italiana, reduci da una rischiosa missione condotta a buon fine nelle acque della vicina Spezia.
Partiti a bordo di un sommergibile da una base del- l’Italia liberata, erano stati, nottetempo, lasciati davanti alla imboccatura di levante del porto, quella di fronte al forte di Santa Teresa; il varco attraverso il quale era possibile penetrare nella base navale, era stretto per sua natura e per di più chiuso da un sistema di reti e di cavi d’acciaio tesi sotto il pelo dell’acqua, tra il forte e l’estrema punta della diga foranea est; le chiusure si aprivano solo di giorno e soltanto per consentire l’entrata e l’uscita del naviglio ‘amico’; l’apertura era vigilatissima, di notte, anche con l’aiuto di potenti riflettori e tenuta costantemente sotto la minaccia dei cannoni piazzati in tutti i forti circostanti e brandeggiati sullo stretto.
Abbandonati dal sottomarino, i tre ardimentosi nuotarono trascinandosi dietro i potenti esplosivi destinati a brillare sotto bordo alla nave prescelta per la distruzione; mentre si avvicinavano allo sbarramento, raddoppiavano le precauzioni nuotando quasi sempre immersi e affiorando solo per tirare il fiato, perché i posti di guardia erano vicinissimi; più volte, investiti dalla luce intensa dei fari, quasi sotto il naso delle sentinelle, dovettero rimanere immobili fino a che il fascio di luce non li ebbe abbandonati.
Alcune centinaia di metri dopo essere penetrati nelle acque del porto, i sommozzatori si fermarono per allentare un poco la tensione nervosa e si consultarono; si diressero quindi in direzione della fonderia di Pertusola, dove, peraltro, non fu loro troppo agevole, a causa della oscurità che li circondava, riconoscere il bersaglio prestabilito; più volte infatti si trovarono sottobordo a vecchie carrette che non valevano la pena nemmeno di una fucilata; infine scovarono il loro obiettivo e cioè la carcassa di un incrociatore la quale, secondo le precise segnalazioni pervenute dai comandi alleati, con la sua presenza in loco avrebbe ostacolato l’entrata delle navi alleate in occasione di eventuali azioni sul porto di La Spezia.
Con la stessa calma con la quale si sarebbero apprestati a radersi la barba, gli ardimentosi marinai applicarono i loro ordigni sulle fiancate metalliche del natante e, avendo predisposto ogni cosa a perfetta regola d’arte, guadagnarono a lunghe e silenziose bracciate il porticciolo dello stabilimento di fonderia.
Due grosse deflagrazioni, avvenute quasi simultaneamente, li avvertirono che tutto era andato secondo le previsioni, e la confusione prodottasi nelle banchine dopo gli scoppi favorì il loro allontanamento dalla zona senza che venissero notati; ambedue recavano un fagottello dal quale, al riparo di un angolo più oscuro, trassero alcuni indumenti mezzo fradici, dopo di che uscirono tranquillamente fra la concitata confusione creatasi nel frattempo.
Condotta a buon fine la missione, il resto fu cosa da nulla: raggiunsero i primi oliveti, attraverso i quali, quasi senza mettere mai piede sulle vie pubbliche del resto deserte per il coprifuoco, raggiunsero San Terenzo e Lerici da cui si calarono quindi su Sarzana; quivi accolti dal compagno Wladimiro (Goliardo Luciani di Sarzana), furono affidati successivamente ad amici sicuri per mezzo dei quali pervennero nella nostra zona […].
Passarono alcuni giorni prima che il quotidiano livornese ‘Il Telegrafo’ fosse autorizzato a pubblicare, senza alcun rilievo tipografico, che erano stati compiuti ‘atti di sabotaggio con lievi danni’ contro una nave ancorata nel porto di Spezia.
Ma il pieno successo della operazione fu chiaro perché durò a lungo l’esecuzione dei lavori di mole ed impegnativi intesi a ripristinare in qualche modo la precedente situazione di fatto così gravemente turbata dalla azione dei nostri ospiti”. (Nota 2)
Questi uomini, al comando del tenente di vascello Piero Carminati, avrebbero meritato, ottant’anni dopo, il ricordo delle istituzioni locali. Che invece hanno omaggiato un fedelissimo di Junio Valerio Borghese, capo della piccola minoranza della Marina schierata con i fascisti e i nazisti. È stato un grave errore: il passare del tempo non cancella le colpe e le responsabilità degli uomini negli eventi della storia, specialmente se tragici e nefasti. (Nota 3)
Giorgio Pagano
Nota 1) – Fabiani, La Spezia 1945.
Nota 2) – Gudo Bottiglioni “Baffo”, Scampoli di ricordi partigiani, AILSREC, FG2, B8, F1. Sull’episodio si veda anche: Antonio Bianchi, Storia del movimento operaio di La Spezia e Lunigiana, Editori Riuniti, Roma 1975, pp. 306-307.
Nota 3) – Rimando su questo punto al mio intervento a Tellaro alla commemorazione di Giovanni Pelosini il 9 dicembre 2023, leggibile su www.associazioneculturalemediterraneo.com