(da Lerici In di marzo 2022)
II mio “Diario di bordo” da oggi cambia rotta…
Lascia il mare, le onde e anche Sventola (bene ancorata al suo attracco), per incamminarsi fra chiesine, pievi, oratori, santuari e quanto altro, sparsi nel nostro meraviglioso paesaggio e troppo spesso dimenticati, trascurati o addirittura abbandonati. Il desiderio di questi percorsi è nato in me quasi per caso, in una vigilia di Natale.
Cantavo nella piccola chiesa di un paesino nel quale avevo abitato, tempo fa, per molti anni. Cerri: piccolissima frazione del Comune di Arcola, tutta arrampicata sul dorso di una collina; da una parte il mare a perdita d’occhio e dall’altra la veduta delle Apuane.
Davanti a me, nei banchi, tante persone che ricordavo, attente alla musica in silenzio. E intorno una bellezza splendente, di oggetti semplici ma preziosi, curati -era evidente- da mani amorose, come le superfici lucide, il pavimento altrettanto luccicante. Dovunque insomma i segni di una cura fatta di partecipazione e d’attenzione.
A serata finita mi sono chiesta come mai quella piccolissima chiesa in un piccolissimo paese fosse ancora così viva nella sua bellezza.
La risposta era pronta: Sant’Anna, a Cerri di Arcola, è una parrocchia “viva” perché “amata”. Amata dai pochi che ancora restano ad amare e curare queste testimonianze preziose della nostra terra. Architettura settecentesca, segni di devozione e due preziosi dipinti di scuola genovese. Ma niente di più. Soltanto la cura e l’amore del paese la facevano ancora così bella.
Da qui la mia decisione: Paolo e io, da bravi cuntastorie, andremo in giro, con le nostre musiche, a suonare e cantare dovunque restino posti come questo da riportare nel cuore della gente.
Ogni volta racconterò la mia avventura su queste pagine… e ad ogni appuntamento, forse, qualche amico in più vorrà seguirci in questo viaggio. Noi lo speriamo.
Franca Gambino
(da Lerici In di aprile 2022)
San Giorgio a Comano (con video)
Andremo in una piccola chiesa di un piccolo paese che nasconde tante bellezze inaspettate: festeggeremo con la musica, nel suo giorno onomastico, (il 23 di aprile) un santo molto popolare, san Giorgio, patrono di Comano. La Chiesa di san Giorgio, a Comano, è uno di quei luoghi che, come si usa dire, ti sembra di conoscere da sempre. O forse a me sembra familiare perché mi ricorda le soste fresche all’ombra di certe navate barocche in una chiesa simile a questa, durante le vacanze d’estate, nel paesino ligure dove si andava con papà e mamma, nonni, zii, zie e cuginetti “a fare la campagna”.
Qui siamo in Toscana, provincia di Massa, ma l’atmosfera e la cornice non sono poi molto dissimili da quelle che mi porto nel ricordo. Collina dolce, grappoli di case, angoli di pace e silenzio nel verde; oasi preziose.
Borgo per qualche verso solenne, ha profumo di “antico”. Annovera con giusto orgoglio un soggiorno nel suo Castello, nel secolo X, addirittura della Contessa Matilde di Canossa. Due secoli dopo eccolo sede prediletta dei nobili Malaspina, fino ad entrare a far parte della Repubblica Fiorentina.
Le memorie di quei lontanissimi tempi rivivono ogni estate negli straordinari spettacoli equestri per cui il Borgo va ormai famoso.
Quanto a san Giorgio… fatemi dire. Questo santo, di cui si hanno poche notizie veramente certe e ben documentate, ha sempre avuto un fascino straordinario presso i devoti cattolici e la sua figura è citata perfino nella agiografia islamica. Viene raffigurato sempre coperto di corazze luccicanti, spesso a cavallo, armato di lancia, e si sa da tutte le leggende che fu famoso cacciatore, e vincitore, contro un pericolosissimo drago.
La penuria di notizie veramente storiche sul suo conto è dovuta probabilmente all’epoca lontanissima in cui visse, il secolo IV. Ma la diffusione del suo culto è sopravvissuta intatta e con forza nell’immaginario popolare.
Questa chiesa in cui noi ”cuntastorie” suoneremo proprio il giorno della festa a lui dedicata, è davvero un luogo degno di attenzione.
Gli studiosi hanno accertato che risale a quasi due secoli prima del 1.000, anche se l’elegantissimo portale, probabilmente uno degli ultimi rifacimenti apportati, porta scritta la data 1727.
La prima visita, qualche giorno fa, ha rinnovato in me tutta la meraviglia che sempre provo di fronte alle innumerevoli testimonianze, tanto preziose quanto trascurate, di cui è straordinariamente ricca la nostra terra.
Percorrevo la lunga navata gustando in silenzio l’armonia dei colori, gli effetti fantasiosi degli stucchi policromi, i dipinti finemente elaborati, e finii col soffermarmi, non so se più meravigliata o invidiosa, davanti alla scultura policroma di san Giorgio a cavallo, tutto intento a trafiggere il drago con la sua lancia. Meravigliata per l’arte, la fantasia, la devozione ingenua commovente che traspariva da quella figura. E invidiosa perché improvvisamente consapevole di quanto irrimediabilmente lontani ed estranei ormai siamo noi tutti, uomini e donne frettolosi e moderni, da quella fede serena e consolante che a volte ci sorprende come un lampo inaspettato, nel percorrere questi itinerari del passato.
In queste piccole chiese di Lunigiana sovrabbondano le memorie che mescolano un compunto e composto spirito di devozione popolare con una sorta di allegria che riempie colonne, pareti, cornici e altari di inaspettati e gioiosi colori.
Non so se con i nostri concertini riusciremo a coinvolgere qualche amico ad accompagnarci durante l’estate in queste “scampagnate” fra musicali e storiche, su e giù per le colline, i borghi e i tanti castelli che costellano il nostro territorio.
Si vedrà. La disfida ha inizio. E san Giorgio, vittorioso sul drago, anche questa volta, forse, propizio ai musicanti… vincerà.
Franca Gambino
(da Lerici In di maggio 2022)
Abazia di San Caprasio ad Aulla (con video)
Ritrovarci a suonare e cantare fra le mura dell’Aba-zia di San Caprasio, ad Aulla, sarà un’emozione “specia-le”, per Paolo e per me. L’Abbazia è uno di quei luoghi in cui ti viene per istinto di abbassare la voce, a contatto con tanta bellezza solenne e austera, ma anche luminosa e stimolante. Abbiamo in programma per la nostra sosta musicale all’Abazia, un percorso fedele di ciò che i Vangeli narrano sulla speranza cristiana nella Resurrezione. E non potrebbe darsi “recinto” più consono a un tentativo musicale così azzardato, ma insieme così ingenuo, perché osa affiancare ad antichissime Laudi motivi gospel, scorci barocchi od ottocenteschi e il tutto affidato a due anziani insegnanti come noi, ancora felici di affrontare le fatiche dello studio e delle prove come momenti capaci di regalare gioia ed entusiasmo.
Dai muri dell’abazia, dal chiostro verdeggiante, dal museo che raccoglie storie di Paradiso incise sulla pietra e preghiere scavate nel marmo traspare la cura con cui tanti volontari hanno raccolto e conservato nel tempo segni di spiritualità e di devozione capaci di commuovere ancor oggi il visitatore. E sono sempre più numerosi, di anno in anno, i pellegrini che fanno sosta ad Aulla durante il viaggio lungo la ormai famosa “via Francigena”, proprio per ritrovare in questa tappa i segni di quella cultura benedettina che più di dieci secoli fa tracciava, in luoghi come questo, la mappa di una civiltà destinata a diventare il fondamento di tutta la Storia d’Europa.
Suoneremo, dunque, accolti come sempre dalla squisita ospitalità degli Amici di San Caprasio, in prossimità di pietre, monete, ceramiche, lastre marmoree carolinge. Potremo ammirare una fornace per campane costruita nel X secolo. E nel Museo addirittura gustare le eleganze dei costumi d’epoca accuratamente conservati e restaurati.
Chi poi volesse dedicare una giornata alla visita di Aulla e dintorni non rimarrebbe deluso. Potrebbe ammirare una delle fortificazioni più potenti dell’architettura militare del Rinascimento, fra le mura possenti della Fortezza della Brunella. O ammirare il castello di Pallerone, elegante residenza signorile, ben visibile in mezzo al paese, lungo la Statale del Cerreto che divide in due il borgo pittoresco e ben conservato. E che dire del Borgo di Bibola, torreggiante sulla sua collina, o del largo orizzonte offerto dall’ampio letto del Magra, o dei tanti sentieri e scorci e pendii che offrono soste in un mondo che sembra uscito all’improvviso per il viandante, come sorgendo inaspettato da qualche antica leggenda? Sono luoghi che non si dimenticano. Paolo e io siamo felici di ritrovarli. E vorremmo trascinare tanti amici con noi.
Franca Gambino
(da Lerici in di giugno 2022)
Il santuario di sant’Antonio da Padova alla Spezia, in loc. Gaggiola (con video)
Nuova tappa per la mia avventura musicale con Paolo Zuccotti, un luogo questa volta non lontano, non da cercare con fatica sulle guide turistiche. Molto vicino invece: il Santuario di sant’Antonio da Padova alla Spezia, in località Gaggiola. Un luogo che mi è caro da sempre, per la sua bellezza semplice, per il verde rasserenante da cui è attorniato, per il riposo improvviso che regala a chi appena ha lasciato il traffico della città. Ma soprattutto mi è caro, da molti anni, per il suo essere dono speciale di fratellanza, come di rado accade d’incontrare.
I pochi frati francescani conventuali che lo abitano hanno creato dentro e intorno a queste mura un mondo di accoglienza che raccoglie volontari di una incredibile efficienza. La mensa quotidiana per i poveri e un “guardaroba” che rammenta (con i fatti) ai cristiani il dovere di “nutrire gli affamati e vestire gli ignudi” e poi lo spazio per il servizio dei Sacramenti, e quello per la Musica di lode, e il servizio ai carcerati, agli esclusi, ai più fragili, e ai migranti in cerca d’accoglienza e riparo. In questo difficile momento che il mondo sta attraversando, voglio trascrivere fedelmente alcuni propositi che si leggono sul sito di questa straordinaria “isola di pace”
“Ero nudo e mi avete vestito”. La vita dei frati minori è il Vangelo di Gesù, testimoniato nella povertà e nella fraternità.
“Ero in carcere e mi avete visitato”. Per l’assistenza spirituale (e materiale) dei carcerati, la presenza di un frate risulta sempre accolta e gradita, per la sua semplicità e la sua disponibilità ad aiutare senza giudicare. Un nostro frate, cappellano delle carceri cittadine, ogni giorno passa tra di loro, seminando e raccogliendo simpatia e istillando coraggio.
“Ero forestiero e mi avete ospitato”. I frati accolgono negli ambienti del loro Convento e nel Santuario gli incontri di alcune comunità straniere, permettendo loro di sentirsi ancora “famiglia”, ma favorendo nel contempo il processo di integrazione nella città.
Ecco che il titolo del nostro Concertino, questa volta, eseguito in questo luogo cosi speciale, mi sembra diventi più “azzeccato” che mai.
Resurrezione è la stupefacente prospettiva del popolo cristiano: la Vita che trionfa sulla Morte. La Luce oltre il Mondo delle tenebre.
Qui se ne vive un anticipo, nella dedizione ai fratelli, nello slancio cercato con tutte le forze possibili verso un amore reciproco di cui purtroppo oggi sembra che il mondo sia sempre più vuoto.
Confesserò ai miei lettori che sono più emozionata del solito, dovendo cantare in questo luogo. La musica è un così piccolo servizio, a fronte di altri così urgenti necessari e importanti. Ho quasi paura di non saperlo svolgere bene… ma siamo in due. E Paolo (come sempre del resto…) da buon fratello, con carità cristiana, mi farà coraggio!
Franca Gambino
Chiesa di San Pietro a Quercia di Olivola (Aulla) – (con video)
(da Lerici In di Luglio 2022)
Oggi parleremo un po’ con il parroco di Quercia di Olivola (Comune di Aulla). Vorrebbe festeggiare Maria anche con la musica, forse nel giorno dell’Immacolata.
Questo itinerario fra gli antichi borghi sta diventando per Paolo e per me, ogni volta di più, una meravigliosa avventura. È la sorpresa delle cose semplici, di una vita lenta e serena, fra alberi, colline, prati e vecchie pie-tre, che parlano un linguaggio ormai altrove perduto.
Arriviamo sempre con il nostro bagaglio di spartiti, microfoni e strumenti adagiati nelle loro custodie. Qua-si un rito. Anche qui tutto intorno tanto verde. E ci accoglie il silenzio.
Il paesino è tutto adagiato sulla cima del colle, le case vicine vicine, a ricordo del tempo in cui ci si parlava dalle finestre e le ore si contavano coi rintocchi del campanile. Ogni volta che visito una di queste straordinarie isole del cuore mi domando perché un numero tanto grande di persone ormai scelga vacanze esotiche in luoghi lontani, da raggiungere con aerei, spesso a prezzo di grandi fatiche e forti spese. Forse sono io quella “strana”, che vede bellezze in luoghi insignificanti e soprattutto “non ha curiosità”.
Eppure qui, nella chiesetta di san Pietro, dove certamente nessuno viene a fare il turista, ho l’ennesima dimostrazione del contrario. Le “bellezze” ci sono, e sono tante. E destano tutta la mia curiosità (foto sopra).
L’impianto settecentesco, insieme elegante e devoto, gioca con gli effetti policromi facendone quasi effetti di luce, immergendoci subito in una sorta di deja vu fatto di immagini antiche eppure familiari: donne con la veletta appoggiata ai capelli, bambini con il vestito della festa e uomini compunti, con il cappello in mano o appoggiato sulle ginocchia, mentre un abatino con lunga tunica nera recita devozioni in latino.
Mi incanto a guardare, sul fronte dell’altare attuale, un paliotto in tessuto ricamato e poi a destra dell’altare un quadro che raffigura la cosiddetta Theotokos di Vladimir, nota anche come Madre di Dio della tenerezza. Una delle icone russe più venerate al mondo. Quanta cura e amore per storie di Grazia e di mistero doveva spingere i pochi abitatori di questo borgo a curare aspetti tanto rari di questo loro luogo di preghiera?
So già che Paolo e io suoneremo con entusiasmo, in questo piccolo tempio sperduto all’interno di un territorio ben lontano dai popolati centri turistici affollati di gente festaiola in cerca di una splendida vacanza.
Mi chiedo se il famoso processo di sviluppo che ha portato il mondo alla ormai celebratissima dimensione globale non nasconda un qualche oscuro disegno di forze ignote che vogliono spogliare l’uomo di oggi della sua facoltà di “ascoltare le voci del silenzio”.
Qui, miracolosamente, queste voci sussurrano all’orecchio. Suggeriscono soste, ripetono inviti a guardare, almeno ogni tanto, anche un po’ in su, verso il cielo.
Dico a Paolo “Sai come calzeranno bene qui l’Alleluja di Mozart e l’Amen di Pergolesi?” Lui mi fa cenno di sì con la testa.
Franca Gambino